Maccioni, sindacalisti nel mirino
«Rinuncino al distacco
e diano una mano in corsia»

CORONAVIRUS - Il direttore dell'Area Vasta 3: «Facile fare esposti in procura sui controlli, chi dice che il problema è qui non si rende conto che c'è una emergenza mondiale e tamponi e presidi non si trovano. Sono in arrivo mille test rapidi. Basta polemiche e collaboriamo»

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Alessandro Maccioni

 

di Luca Patrassi

Se non fosse per il dramma in corso, per le decine di famiglie che hanno visto spezzati gli affetti più intimi, per le migliaia di persone che temono di perdere il posto di lavoro, ecco, allora si potrebbe dire di essere di fronte alla classica situazione in cui qualcuno cerca di attaccare chi lo disturba. Solo che il presunto “untore”, quello contro cui si sono scagliati alcuni sindacalisti non ci sta a fare la parte del capro espiatorio. Alessandro Maccioni non ha gradito affatto l’attacco di alcuni sindacati per – secondo la loro tesi –  non aver dato mascherine e protezioni, non aver fatto fare i tamponi agli operatori «mandandoli allo sbaraglio».

Così, mentre in ospedale, in silenzio, diverse centinaia di oss, infermieri, medici e volontari fanno turni infiniti, alcuni sono rientrati anche dalla pensione per dare una mano, ecco scatenarsi il più classico «è stata tua la colpa». Un esercizio che ha una storia antica nel nostro Paese e che è messo in pratica anche in questi giorni, per iniziativa di alcuni sindacalisti e di alcuni avvocati pronti a firmare esposti. Il direttore dell’Area Vasta 3 dell’Asur Alessandro Maccioni spiega la situazione: «Ho dato delle direttive sulle procedure da seguire per tutelare la salute degli operatori, cosa che sempre avviene e in particolare di questi tempi sulla base delle prescrizioni date dal Ministero e dalla Regione. Ho disposto di usare parte dei tamponi ricevuti per i pazienti e di fare i test al nostro personale sulla base delle priorità iniziando evidentemente dalle aree più critiche. Sono in arrivo mille test rapidi ed allora saranno fatti i tamponi al personale interessato dell’Av3. Ho già attivato un gruppo di lavoro per questo compito ma si tratta di quantità enormi e non basta sparare accuse per essere concreti. Bisogna trovare e comprare i tamponi, poi ci vuole il personale in grado di farli, poi ci vogliono i reagenti, poi ci vuole l’analisi di verifica e l’unico laboratorio attivo è a Torrette, poi bisogna attendere la risposta. Possiamo anche attivare un altro laboratorio, ma resta sempre il fatto che si tratta di grandi numeri. Se un laboratorio fa 100 test al giorno, è pensabile realizzarne 500?».

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Maccioni risponde, cita situazioni e numeri ma va anche all’attacco: «Parlare non costa nulla, non si fa nemmeno fatica. Ci vuole anche poco a fare gli esposti alla Procura. Chi dice che il problema si è manifestato nell’Area Vasta 3, forse non ha saputo che si tratta di una pandemia, di una emergenza su scala mondiale, che le mascherine, i tamponi e i dispositivi mancano in tutto il mondo. Sanno che tutti i paesi si sono arroccati e, spesso e volentieri, hanno bloccato le esportazioni del materiale? Però qui si ricorre allo sport diffuso di cercare il capro espiatorio e dargli la colpa di tutto». Il direttore di Area Vasta Alessandro Maccioni, pur evidentemente contrariato per l’attacco di alcuni sindacati, non perde il gusto di lanciare un appello ai suoi interlocutori: «Vedete, io vengo a lavorare al mattino e vado via la sera tardi. Incontro persone, porto mascherine nelle varie strutture, prendo le decisioni che mi competono in qualità di datore di lavoro, mi espongo anche a rischi di contagio che, nel mio caso, potrebbero provocare conseguenze gravi. Lo faccio perché ho scelto di farlo e non mi tiro indietro. Dico però che se io fossi un sindacalista, ora, nel vedere i miei colleghi in difficoltà per coprire i turni e dare assistenza ai malati, ecco magari io rinuncerei al distacco sindacale e darei una mano in corsia. Questo farei, ma bisognerebbe capire che al coronavirus bisogna rispondere con il lavoro e la collaborazione di tutti. Qui invece siamo agli esposti per difendere il proprio orticello. Mi auguro che le polemiche finiscano e si torni tutti insieme a percorrere la strada della collaborazione».

 

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