di Gianluca Ginella
Pozzo dell’orrore, si complicano le indagini per l’omicidio di Cameyi Mosammet. La procura aveva in mano un indirizzo non corretto della casa dove, in Bangladesh, vive l’ex fidanzatino della 15enne, Monir Kazi, che gli inquirenti vorrebbero sentire. La rogatoria ha avuto esito negativo e in più le autorità bengalesi non intendono collaborare alle indagini al fine dell’individuazione dell’indirizzo giusto. Cameyi, che viveva con la sua famiglia ad Ancona, era scomparsa nel nulla il 29 maggio del 2010.
L’ultima traccia alla stazione di Porto Recanati da dove poi si era spostata all’Hotel House per incontrare il fidanzatino. Da quel giorno erano iniziate le ricerche ma per circa otto anni non era emerso nulla che potesse essere utile al ritrovamento della ragazza. Fino allo scorso anno quando, il 28 marzo, vicino all’Hotel House, in via Santa Maria in Potenza, sono stati trovati dei resti umani in un pozzo e in un terreno vicino a questo. Dalle analisi che sono state svolte è emerso che i resti erano quelli della 15enne scomparsa. Da lì è partita una indagine per omicidio. Sospettato di aver ucciso la 15enne è proprio il suo fidanzato di allora che la procura vorrebbe sentire. La rogatoria internazionale non ha però portato ai risultati sperati: l’indirizzo del giovane non sarebbe corretto. Inoltre le autorità bengalesi non collaborano con le indagini per aiutare a individuare l’indirizzo del ragazzo. Gli inquirenti, coordinati dal procuratore Giovanni Giorgio, non intendono però arrendersi e ora sono in corso altre indagini per individuare l’indirizzo dell’ex fidanzatino di Cameyi. Tutto questo mentre rischia di andare in prescrizione il reato di soppressione di cadavere.
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La civiltà comincia dalla reciprocità.
Che l’indirizzo della rogatoria internazionale possa non essere corretto non è un problema se le autorità bengalesi collaborassero alla ricerca del giovane indagato per omicidio, ma il fatto che si rifiutino è gravissimo e sembra la ripetizione dell’ancor più grave caso GIULIO REGENI assassinato in EGITTO probabilmente da uomini legati ai servizi segreti, questi fatti insieme a tanti altri dimostrano che certe popolazioni con usi, costumi e religioni intolleranti non sono integrabili in Europa, ed Occidente in generale, per mancanza di reciprocità come afferma Franco Marini al commento n.1, nonostante tutti gli sforzi dei “buonisti sinistrati” !!!
Non c’è un accordo bilaterale con il Bangladesh, che pertanto non è obbligato a collaborare. Però ad esempio si potrebbero fissare regole più stringenti a chi, bengalese, ha un negozio di alimentari in Italia. Neanche noi abbiamo l’anello al naso.