«L’ex Mestica può diventare residenziale,
ma per ora non sono arrivati progetti
La crisi del centro? Colpa anche dell’A14»

MACERATA - L'assessore Silvano Iommi sulla desertificazione dentro le mura: «Siamo passati da 6mila persone negli anni '50 a poco più di duemila. In tanti hanno cercato di salvare la situazione, ma sono riusciti solo a ritardarla. Vanno sostenute iniziative private e pubbliche per riportare persone a vivere in centro»
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L’ex Mestica

di Luca Patrassi

Salvare il centro storico, tutti lo dicono da una cinquantina di anni, ma nessuno sembra voler (o poter) incidere una realtà i cui numeri negativi sono eloquenti, dal numero dei residenti a quelli delle attività commerciali. A parlarne è Silvano Iommi, assessore comunale all’Urbanistica, architetto di lungo corso con studio nello storico palazzo Azzoni di via Crescimbeni. 

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L’assessore Silvano Iommi

Salvare il centro storico, sì ma come?

«Come è noto, la nostra è una città storica, policentrica e collinare, capoluogo di un territorio che, a sua volta, è altrettanto policentrico e collinare con base fortemente storicizzata – dice Iommi -. Il tema della salvaguardia e valorizzazione del Centro storico, dunque, è stato sempre centrale nei programmi politico-amministrativi di chiunque abbia governato o si sia candidato a governare Macerata, in particolare nell’ultimo mezzo secolo. Penso ai Piani di Recupero del Centro Storico 1979/82, all’erogazione di contributi comunali per il recupero abitativo pubblico e privato nel Centro Storico 1983/85, all’isola pedonale, alla Ztl, al sistema dei parcheggi a corona».

Tanti i progetti, ma alla fine…

«I numerosi tentativi di rianimazione funzionale (residenziale, commerciale, artigianale e terziaria) hanno certamente avuto un effetto ritardante sulla crisi sistemica della città ma non hanno e non potevano arrestare il processo di fuga dal Centro Storico, che poi è anche diventata fuga dalla città».

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Particolare dell’affresco di Wladimiro Tulli sulla parete della ex mensa scolastica (1971)

Il primo dato eclatante è il crollo del numero dei residenti…

«Ribadito che il centro storico cittadino è un ecosistema complesso, si può evidenziare un dato: dai circa 6mila residenti all’interno delle mura degli anni ’50 siamo passati agli attuali 2.119, da ciò è possibile far discendere conseguenze e analisi che influiscono direttamente sulla fruizione, conservazione, valorizzazione e destino dell’intero patrimonio storico-edilizio della città». 

Ragioni locali, globali, o cosa altro? 

«Le ragioni sono molteplici e attribuibili solo in parte a scelte o inerzie delle amministrazioni locali del passato, fondamentali infatti furono anche le scelte nazionali e regionali degli anni ‘60/’70 che, ad esempio, con l’imposizione dell’attuale tracciato autostradale dell’A14, quasi sull’arenile della costa Adriatica, favorirono quelle che oggi sono diventate delle insostenibili conurbazioni costiere a nastro continuo, squilibrando radicalmente le aree interne collinari e pedemontane».

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Pala d’altare seicentesca della chiesa di San Barnaba

Da allora però di amministrazioni se ne sono avute molte, di coloriture varie…

«Oggi, con questa nuova filiera politica di governo (Comune, Provincia, Regione e Stato), si sta cercando di recuperare il tempo perduto invertendo la tendenza del passato che considerava definitivamente perduti i territori e i centri urbani interni, avviando sia l’intervalliva maceratese che l’asse della Valpotenza, opere strategiche di cui anche la nostra città, potrà beneficiarne riscoprendo l’antico ruolo di cerniera del sistema infrastrutturale e di polo territoriale».

Sempre e solo strade per lo sviluppo, o quantomeno per invertire la rotta?

«Dentro questa nuova prospettiva è possibile intravvedere almeno due fenomeni di carattere generale che, a determinate condizioni, possono interessare anche gli investitori locali proprio in rapporto al nostro centro storico: la crescita di ruolo della città di media dimensione e, per dirla con Giulio Bollati, l’antica propensione a vivere bene in luoghi di significato. Va ricordato quindi che anche Macerata, città “frutto di storia e invenzione”, è di fatto candidata a sviluppare questi suoi attributi ereditati da un glorioso passato, una città in cui non ci sarà vigore di crescita ma avrà una determinata tensione alla vivibilità collettiva con un decisivo primato dei residenti».

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Particolari della ringhiera in ferro, progetto attribuito all’architetto Marone Marcelletti (anni ’50)

Si torna alle cose da fare…

«Uno degli obbiettivi di questa amministrazione è quello di favorire e accompagnare questa difficile fase di transizione, oggi resa particolarmente complicata da una lunga ricostruzione post-sismica (ci sono circa 25 cantieri aperti contemporaneamente nel solo centro storico su un totale di 90, destinati ad aumentare considerevolmente nei prossimi mesi). Tutto ciò avendo a cuore la valorizzazione delle risorse, la condivisione di spazi e fruibilità dei luoghi della città, con la consapevolezza che i residenti tendono ad imporre un loro primato, a difesa della loro qualità della vita».

Un segnale può essere quello del recupero della residenzialità, la vendita all’asta della ex Mestica potrebbe essere un elemento di rilancio?

«Ci sono buone ragioni per sostenere gli investimenti sia pubblici che privati sulla residenzialità in centro storico, come quelli recentemente attivati (ex albergo Claudiani ed ex convento del Corpus Domini, ex scuola Mestica dei Sibillini). Nel merito di quest’ultimo compendio immobiliare, è opportuno precisare in primo luogo che ad oggi non è stato aperto nessun cantiere e non è stato presentato ancora alcun progetto; secondariamente che l’intervento dovrà essere di restauro stante l’interesse storico architettonico del complesso conventuale, con possibilità di una destinazione residenziale».

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L’affresco di Wladimiro Tulli

Nell’area ex Mestica c’è anche un immobile di proprietà comunale…

«E’ anche importante ricordare che l’annessa chiesuola seicentesca di San Barnaba, incastonata nel complesso edilizio storico resterà di proprietà comunale unitamente ai suoi arredi, pale d’altare, e dovrà essere completamente restaurata a carico del soggetto imprenditoriale attuatore dell’intervento con destinazione ad Auditorium pubblico. A seguito del recente sopralluogo è stato inoltre rilevato il discreto stato di conservazione di un affresco del pittore Wladimiro Tulli su una parete dell’ex teatrino scolastico, che pure dovrà essere salvaguardato con appropriate tecniche e magari trasferito in un museo. Allo stesso modo dovrà essere protetto e restaurato il prezioso stemma lapideo del Governatore Cardinale Fabio Mirto-Frangipane del 1581, incastonato nella facciata interna del cortile come recentemente segnalatomi dall’artista Gianfranco Pasquali».

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Stemma lapideo del cardinale legato Fabio Mirto-Frangipane

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Chiesa di San Barnaba, Crocifissione lignea sull’altare laterale

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Interno della chiesa di San Barnaba (Foto Balelli)

 

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