di Luca Patrassi
La Fase 2 è al debutto o quanto meno tenta di affacciarsi uno spirito nuovo, uscite un po’ più libere sempre nel rispetto dei principi di cautela e di sicurezza, dal distanziamento alle protezioni. Nuova fase anche per le attività economiche che da domani possono fare qualcosa in più rispetto al lockdown precedente, in particolare i pubblici esercizi. Giorgio Ripari, giovane maceratese, monteluponese di origine, è titolare – con Laura Splendiani – del bar Ca’BARet in via Gramsci, nel centro storico di Macerata. Quali siano le emergenze per un commerciante è subito detto: «Il nodo delle spese fisse è cruciale. Bisogna andare incontro alle esigenze di famiglie e commercianti riducendo gli affitti, bloccando le bollette. Non ha senso far pagare canoni in bolletta quanto le attività sono state chiuse. Non si può nemmeno sostenere la tesi che una quota degli affitti legata ai mesi di lockdown verrà recuperata con i crediti di imposta: non ha senso, per avere credito di imposta devo produrre reddito nei prossimi mesi ma io ho ora un problema di liquidità, adesso non lavoro e non incasso. Il sindaco di Macerata Carancini ha bloccato gli affitti commerciali dei locali comunali e si è appellato ai proprietari per ridurre i canoni, il rettore di Unimc Adornato ha lanciato pure un appello per sostenere gli studenti fuorisede, il sindaco di Montelupone ha annunciato un fondo di garanzia per sostenere i commercianti in difficoltà con gli affitti in locali privati». Emergenza economica, ma il problema è che anche prima di Covid 19 le cose non è che andassero a gonfie vele. «Un calo si era evidenziato già dall’estate a vantaggio della costa, poi un autunno sottotono ed infine trend negativo anche a Natale, sono mancati sia i turisti che i locali. In tutto questo sono arrivati i mesi di lockdown». Un problema è evidentemente legato al Covid 19 ma un secondo aspetto, più strutturato nel tempo, è la capacità di visione e di strategia che si richiederebbe a chi amministra.
«Sta diventando avvilente, sono anni che si parla sempre e solo di auto che entrano o no in centro ma non credo che il problema da risolvere sia quello, è un’ottica miope. In centro non ci sono i servizi, non c’è un asilo, non c’è una scuola e così si perdono residenti che invece una politica saggia dovrebbe attrarre. Non ho sentito nessuno con una idea di ripartenza, con un progetto per la città. Eppure siamo in campagna elettorale, se si vota a ottobre. C’è anche un problema sociale, non tutti i bambini vivono in famiglie che si possono permettere le tecnologie per le lezioni online, ci sono tante situazioni delicate».
A proposito di centro storico e di risposte dei partiti Giorgio Ripari si concede il lusso di una battuta, appunto una battuta: «In questi giorni mi hanno proposto di firmare una petizione per la riapertura del centro storico, la cosa strana che a proporla è il partito del sindaco, non lo hanno fatto in cinque anni e lo fanno ora solo come azione contro il sindaco? Ripeto, ora non vedo l’utilità di dividersi ancora su “auto sì-auto no” in centro». In attesa, e nella speranza, che la politica faccia il suo lavoro, ecco come ci si organizza ai tempi del corona virus fase 2: «Ai tempi del lockdown ho visto che chi si era organizzato con le consegne a domicilio – come Di Gusto – un po’ lavorava e così ho preso la palla al balzo iniziando con le colazioni, gli aperitivi a domicilio. Siamo partiti il Giovedì Santo ed abbiamo avuto un buon riscontro, è servito a noi per rimetterci in moto e ai destinatari del servizio per riavere una sensazione di normalità». Ora la Fase 2: «Non c’è chiarezza, non sappiamo se, come e quando riapriremo. In centro poi si pone l’ulteriore problema che i locali sono piccoli e inadeguati a garantire il distanziamento. Non voglio fasciarmi la testa prima di rompermela e mi auguro che si riparta bene, ed altri con noi. Mi auguro che si possano attivare delle sinergie tra commercianti per stimolare una ripresa comune: alcuni segnali positivi li ho visti. Poi il costo degli affitti dovrebbe essere calmierato dalle amministrazioni locali. Ancora: i proprietari dei locali dovrebbero capire che non riducendo i canoni non fanno un dispetto agli affittuari ma al sistema economico. Se si chiude un’attività si perdono posti di lavoro». I sostegni economici: «Anche la storia del finanziamento di 25mila euro… a parte che la procedura risulta complicata, ma prendo quei soldi per fare cosa se non so ancora come potrò lavorare?». Insomma politica cercasi, e gioco di squadra – enti locali, commercianti e proprietari di immobili – anche.
Scusa ma quando aprirono i centri commerciali non avevate capito che vi avrebbero fatto chiudere. Il mondo è cambiato i centri storici sono finiti che ha voglia di camminare su una salita per anda a vede cosa..in più la gente è sempre di meno ad avere soldi e i locali commerciali crescono a sproposito..bisogna che vi inventate qualcosa parole di un disoccupato che non trova occupazione
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Verissimo… c’è da ripensare a quasi tutto. I centri storici muoiono non tanto perchè molti cittadini preferiscono abitare in periferia, con strade larghe e parcheggi. Ma pure perchè molte attività artigianali, commerciali, bancarie, uffici pubblici e scuole sono state tolte. Erano attività che rendevano vivo il centro storico. Tutte le amministrazione comunali hanno preferito le aree produttive decentrate in pianura, insieme ai supermercati. Scleta politica sbagliata? Con la spinta di interessi sottobanco? Comunque sia, i centri storici sono morti. Però, se si permettesse di nuovo il flusso ininterrotto delle auto, con parcheggi in ogni dove, forse qualche risultato per la vita del centro storico, con le sue attività commerciali, potremmo averlo.