Sergio Ragni
di Marco Ribechi
La lunga cavalcata degli Aperitivi Culturali è terminata con un focus su Gioachino Rossini ad opera di uno dei massimi esperti al mondo, Sergio Ragni. Il tredicesimo e ultimo incontro degli Antichi Forni è stato riservato proprio al compositore pesarese la cui personalità poliedrica è stata analizzata partendo da un corpus di oltre 6mila lettere che costituiscono l’epistolario di Rossini conservato e curato proprio da Ragni. «Ho dedicato tutta la vita a Rossini – spiega Ragni – per scoprire i dettagli della personalità di questo genio dotato anche di grande intelletto. Tutto è cominciato leggendo la descrizione che ne fece Stendhal, trovavo entusiasmante che grandi pensatori avessero scritto proprio su Rossini, che in vita era una vera star. Col passare degli anni però ho notato che tra le varie biografie c’erano molte incongruenze e quindi era importante fare un po’ di ordine».
Un momento dell’incontro
Rossini, a 37 anni nel pieno della gloria, considerato il genio del secolo e il compositore più pagato in assoluto, decide di ritirarsi dalle scene, rifiutando anche un contratto col re di Francia. «Data la sua fama in vita ogni pezzo di carta, ogni ricevuta, ogni nota di Rossini è stata gelosamente conservata – prosegue Ragni – quindi se mi si chiede che lavoro faccio rispondo il segretario di Rossini poiché da anni devo sbrigare la sua corrispondenza a cui molto frequentemente si aggiungono nuovi documenti». Il Rossini di Ragni però non è quello che è stato raccontato in altre biografie, in particolare nel testo di Giuseppe Radiciotti. «Vengono attribuite al compositore doti quasi monastiche, angeliche, quando invece viveva in un modo molto discutibile – prosegue Ragni – ogni suo errore o colpa viene attribuito ad altri perché, all’inizio del secolo, sembrava impossibile che ci potesse essere una discrepanza tra la vita reale e quella artistica». Dalle corrispondenze, soprattutto quelle indirizzate alla madre, ci viene però restituito un Rossini un po’ pittoresco, capace di parlare apertamente delle sue tresche amorose, delle sue mire economiche, capace di comunicare alla madre che sta arrivando una donna che suo padre potrebbe “portarsi a letto”. «Soprattutto in giovinezza era molto sfrontato – spiega l’ospite – consapevole di essere un genio si stupiva della bellezza delle sue stesse opere ed emblematici in questo sono i resoconti delle sue relazioni amorose in particolare con il soprano Isabella Colbran e con la parigina Olympe Pélissier».
Cinzia Maroni con i volontari
Al termine dell’incontro, accompagnato come al solito da un folto pubblico, i saluti finali: «In questo ciclo di incontri abbiamo spaziato dalla Nona ai concerti di Beethoven passando per le tre opere (Tosca, the Circus-Pagliacci, Barbiere di Siviglia) per arrivare alla bossa nova di Toquinho – dice Cinzia Maroni – Gli Aperitivi Culturali sono un festival nel festival, dentro e fuori la stagione lirica che interpretano con un cartellone ad hoc. Tutti gli incontri sono stati corredati, mai come quest’anno, da sigle, video, montaggi e letture in tema realizzati da Riccardo Minnucci e da Gabriela Lampa. Credo che abbiamo centrato gli obiettivi con grande soddisfazione per la nostra associazione che è fatta di volontari che per passione realizzano ormai da 17 anni questi appuntamenti». La speranza, in realtà già annunciata anche in altri incontri, è di poter realizzare un festival invernale per proseguire gli appuntamenti anche in altri momenti lontani dalla stagione lirica. A conclusione un saluto ai ragazzi volontari guidati da Francesco Cartuccia accompagnato dalla solita ottima Ribona presentata da Enzo Gironella e fornita dall’Istituto marchigiano di tutela vini.
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