Rata, una telenovela lunga 8 mesi
giunta all’ultima puntata
“Non se ne poteva più”

TRAMONTO BIANCOROSSO - Cose mai viste in 95 anni di storia del club: quattro passaggi di proprietà in meno di un anno hanno esasperato i tifosi. Ora il club potrebbe ripartire dall'Eccellenza

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Carlo Crucianelli

 

di Mauro Giustozzi

“Finalmente è finita, non se ne poteva più”. Il commento stamattina in città di un tifoso della Rata è l’emblema di quanto questi ultimi 8 mesi abbiano provato l’intero ambiente calcistico cittadino. Al punto che la conclusione che è giunta, anche se seppellisce di fatto il calcio professionistico a Macerata, viene accolta come un’autentica liberazione dalla maggior parte degli sportivi nauseati dal balletto di nomi, dichiarazioni, personaggi che si sono alternati sul proscenio della Maceratese. E di cui tutti avremmo volentieri fatto a meno. Il calcio giocato fatto di formazioni, tattica, gol e fuorigioco in città si era spento da tempo, forse da quell’acuto di San Benedetto del Tronto con l’impresa della Giunti-band di violare il Riviera delle Palme prima che la situazione societaria precipitasse ogni giorno di più fino ad un epilogo probabilmente evitabile nelle proporzioni sol che si fosse fatto quanto già accaduto in piazze calcistiche che avevano vissuto simili travagli debitori. Da Lanciano a Pescara, da Carrara a Lucca, Bari, Como, Trieste per non andare ancora più indietro all’Ascoli rilevata in tribunale dall’attuale patron Bellini. Tutti club finiti male, cioè falliti, ma che sono riusciti comunque a conservare titolo sportivo e categoria di appartenenza con altre proprietà sane subentrate. Non c’era nulla da inventare ma solo semmai da copiare.

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La stretta di mano Filippo Spalletta e Maria Francesca Tardella

 

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L’ex presidente della Maceratese Filippo Spalletta

A Macerata, invece, al fallimento si andrà comunque (e senza speranza di vedere un euro per i poveri creditori) con l’aggravante del tonfo dalla terza serie nazionale ad un torneo dilettanti. Forse l’Eccellenza, difficilmente la serie D. Ma anche qui il rischio è la tempistica, il dover fare le cose in fretta visto che le scadenze per le iscrizioni sono 12 luglio (D) e 24 luglio (Eccellenza). Quattro proprietà in otto mesi. Forse un record nazionale, certo cose mai viste in 95 anni di storia del club biancorosso. Mesi pieni di ribaltoni quasi quotidiani, di esasperazione dei tifosi, di stipendi non pagati ai calciatori, di un numero sterminato di avvocati, di scritte offensive comparse in città, di pugni tra presidente e giocatori, di presunte o reali aggressioni a nuovi (anche loro presunti) dirigenti. Insomma Macerata in questo lasso di tempo ha visto tutto, e forse di più, il brutto che può esserci nel mondo del calcio, condensato in pochi mesi. Il tunnel in cui si infila la Rata inizia la scorsa estate, quando la presidentessa Maria Francesca Tardella, logorata moralmente ed economicamente dalle ultime stagioni calcisticamente positive ma pesanti a livello di impegni finanziari, decide che è il momento di passare la mano. Sulla Rata piombano diversi intermediari, tra cui l’avvocato pisano Andrea Bargagna che trascina nell’avventura biancorossa l’imprenditore del legno italo-svizzero Filippo Spalletta. Che, il 14 novembre scorso firma l’atto di acquisto del 95% delle quote. I tifosi plaudono al passaggio del club: Spalletta arriva con promesse mirabolanti, nuovo campus per giovani calciatori, nuovo stadio per la serie B. Ma al momento dei fatti, cioè di pagare e mettere mano al portafogli, si scopre il bluff. Stipendi non pagati ai dipendenti ed ai fornitori, continue promesse mai mantenute ed una società che perde continuamente pezzi e credibilità. Ed intanto si innesta un contenzioso giudiziario tra Spalletta e la Tardella sul monte debiti del club.

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I ROMANI – Luca Macaluso, Marco Fantauzzi e Angelo Massone

 

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Claudio Liotti, ex proprietario della Maceratese

Già a gennaio Spalletta prova a coinvolgere Giorgio La Cava, imprenditore perugino che anche nei mesi successivi si avvicinerà alla Rata senza però concludere nulla, poi, attraverso il socio di minoranza Gabriele Cofanelli, anche l’imprenditore montefanese Paoloni viene accostato alla Rata. Sta di fatto che, giunti a marzo, entra sulla scena una cordata romana composta da Macaluso, Fantauzzi e l’avvocato Massone. Sembra tutto fatto per il passaggio delle quote, ma la tentata aggressione fuori da un ristorante da parte di alcuni ultras fa tornare sui propri passi i romani che si dileguano. Intanto sul fronte locale continuano ad agitarsi personaggi come Maurizio Mosca o Alessandro Chiaraluce senza però concretizzare alcuna operazione. Il tempo scorre, gli stipendi non vengono pagati e la Maceratese incorre in altre penalizzazioni in classifica che gli tolgono la possibilità di giocare i playoff. L’ennesimo colpo di scena è datato 21 aprile quando, a Napoli, avviene il passaggio delle quote da Spalletta a Claudio Liotti, amministratore della Mediterranea Metalli srl, da pochi mesi subentrato in quella carica a Gaetano Battiloro protagonista con lui dell’ultima parte della sceneggiata biancorossa. La nuova proprietà salirà a Macerata due sole volte: una per mettere alcune firme in banca e poter sbloccare il pagamento, da parte della Lega Pro, degli stipendi ai calciatori: l’altra recentemente per firmare l’accordo con la Tardella. Ma di pagamenti a giocatori e creditori neppure l’ombra.

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I tifosi della Maceratese costretti all’esterno dell’Helvia Recina per l’ultima gara del campionato di Lega Pro contro il Venezia

Anzi l’esordio di Liotti sarà con la disputa a porte chiuse dell’ultima gara casalinga della storia di questa società col Venezia per non aver pagato gli steward. Le vicende delle ultime settimane non hanno fatto altro che allungare l’agonia e la sorte di un club segnata già da tempo. Il commento, amaro, a questa stucchevole vicenda che fa calare il sipario sul calcio prof viene da un ex allenatore della Maceratese postato sulla pagina facebook. “Il vero grosso problema è che questi personaggi – ha scritto Gianni Balugani tecnico biancorosso negli anni Ottanta – continuano a stare nell’ambiente come non fosse successo nulla. E non pagano né penalmente né economicamente. Vedi i responsabili di quello che è successo in passato a Parma”.

 

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