di Maria Cristina Pasquali
Nato a Treia nel 1982, cresciuto a Macerata, Daniele Pranzetti è fuori Italia da gennaio 2008. Ci svela oggi il mondo affascinante della “Quantum Gravity”, ricerca che conduce al ‘Max Planck Institut’ di Berlino che definisce “incredibilmente giovane, cosmopolita, trasgressiva e capitale mondiale della musica elettronica”. Immergiamoci dunque curiosi nel suo coinvolgente racconto.
Quali sono state le tue esperienze prima di Berlino?
Ho frequentato il liceo scientifico a Macerata. Poi mi sono trasferito a Perugia per la laurea triennale in fisica dall’ottobre 2001 al luglio 2004. Nel settembre 2004 mi sono spostato a Roma per la laurea specialistica in fisica teorica (all’Università Roma III), che ho conseguito nel luglio 2007. Nel gennaio 2008 ho iniziato il mio dottorato in ‘Quantum Gravity’ a Marsiglia con una borsa Marie Curie. Ho conseguito il dottorato nell’aprile 2011 e dal settembre di quell’anno sono un postdoc a Berlino, al ‘Max Planck Institut’.
In sostanza cosa fai ora?
Sono un ricercatore in ‘Quantum Gravity’, ossia sono alla ricerca di una teoria che riesca ad unificare la Relatività Generale di Einstein, che descrive la forza della gravità e la teoria della meccanica quantistica. Quest’ultima rappresenta una sorta di linguaggio matematico con cui le altre tre forze presenti in natura (‘elettromagnetismo’ ben noto ai più, ‘forza debole’ responsabile di processi tipo decadimento radioattivo, ‘forza forte’ che tiene uniti protoni e neutroni all’interno del nucleo di un atomo) sono descritte in maniera unificata. Sono ormai più di novant’anni che i fisici stanno cercando di aggiungere anche la gravità alla lista, così da portare a termine questa sintesi della descrizione delle varie forze in natura e poter riuscire a risolvere alcuni dei misteri più affascinanti a cui ancora non siamo in grado di dare una risposta, tipo: Cosa è successo nel primo istante di vita del nostro universo e prima ancora? Dove finisce tutto quello che cade dentro un buco nero, una volta raggiunto il suo centro?
Per quale motivo non abbiamo ancora spiegazioni di questo tipo dopo tanti esperimenti e ricerche?
Ovviamente, se dopo tutto questo tempo non abbiamo ancora una risposta a queste domande, un motivo c’è. La formulazione di una teoria della gravità quantistica che sia matematicamente consistente e in grado di riprodurre i dati sperimentali che già possediamo è un cammino irto d’ostacoli, concettuali e tecnici. Credo non sia esagerato definirla la più grande sfida che la mente umana si sia mai trovata ad affrontare, spesso ribattezzata il ‘sacro Graal’ della fisica moderna; tutti i più grandi fisici del secolo passato a presente vi ci sono cimentati: sul piatto ci sono diverse alternative, approcci piuttosto diversi fra loro, ognuno con i propri pro e contro, ma nessun consenso è stato raggiunto dalla comunità scientifica nel corso degli anni.
Qual è esattamente il “focus” della tua ricerca?
La mia ricerca si focalizza su uno di questi approcci, chiamato ‘Loop Quantum Gravity’ e, in particolare, sono interessato alla quantizzazione dei buchi neri, forse gli oggetti più esotici che si trovano là fuori. Ovviamente, questo è un tipo di ricerca puramente speculativa. Nel senso che non ci sono dati sperimentali con cui confrontarsi e probabilmente non ce ne saranno per molti anni ancora (anche l’ultimo super-acceleratore costruito a Ginevra, che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs, lavora a scale di energia ben al di sotto di quelle necessarie per poter entrare nel reame della gravità quantistica). Si tratta di un lavoro unicamente di carta e penna o lavagna e gesso. La cosa può essere spesso frustrante, dal momento che si passa il tempo a fare calcoli che nella maggior parte dei casi avranno ben poco a che vedere con aspetti reali della natura; ma, allo stesso tempo, ci si può consolare col fatto che è un lavoro che si può fare anche in spiaggia.
Ti senti a tuo agio a Berlino?
Direi di sì. Non è sempre facile riuscire a gestire faccende della vita quotidiana in una lingua che si parla appena, ma a parte quello, non ho incontrato particolari difficoltà ad adattarmi a Berlino, una città fantastica. Il fatto che sia piena di espatriati da tutto il mondo contribuisce molto a sentirsi meno un estraneo nella città: nessuno vi appartiene veramente. Il lato ‘negativo’ del vivere fuori dall’Italia è che ci si accorge in maniera più cristallina e oggettiva di cosa comporti il vivere in Italia, degli assurdi compromessi a cui tocca scendere per ogni facezia, della deviata mentalità che controlla le dinamiche sociali. Diciamo che il non comprendere quello che le persone intorno a te dicono può essere una benedizione più di quanto non si possa pensare, dopo tutto.
In sostanza perché hai lasciato l’Italia?
Purtroppo, per quanto riguarda la ricerca, restare in Italia rappresenta una sorta di suicidio scientifico. Le condizioni di lavoro sono terribili e le prospettive di carriera ancora peggio. In ogni caso, finita la laurea specialistica, ero saturo del mio paese: avevo bisogno di vivere in un contesto diverso, con diverse dinamiche sociali e lontano da tutto quello a cui ero troppo abituato. Forse in quel momento non ero del tutto consapevole che una volta perso il posto in fila poi non sarebbe più stato possibile fare ritorno, per quanto riguarda l’ambito accademico. Ma non è certo una cosa che rimpiango al momento.
Ogni quanto tempo ritorni ?
Torno per le vacanze. Una settimana a Natale e due o tre ad agosto. Viaggio fin troppo tutto l’anno per lavoro. Quando ho del tempo libero lo passo a rilassarmi nella campagna marchigiana.
Le abitudini dei tedeschi sono molto diverse dalle nostre?
Beh, i tedeschi non sono certo famosi per la loro cordialità e accoglienza, ma se presi nel modo giusto possono rappresentare una piacevole compagnia in un certo tipo di contesti. Sono, in ogni caso, una popolazione piuttosto rispettosa e corretta, che ama rispettare leggi e regole (assurdo, lo so), con tutti i pro e i contro che la cosa comporta quanto ad interazioni sociali.
Come descriveresti Berlino?
Una città piena di energia e incredibilmente giovane (difficilmente vedi anziani in giro, soprattutto nella parte est della città). La sua reputazione di città trasgressiva e capitale mondiale della musica elettronica è assolutamente meritata, basti menzionare il ‘Berghain’ (5 minuti a piedi da dove abito). La vita notturna è incredibilmente varia e senza freni, eppure non vedi mai casini in giro, tipo risse o cose del genere e i buttafuori non ci sono o non si fanno minimamente notare. La scena dell’arte contemporanea è anche decisamente attiva: Berlino è piena di piccole, medie gallerie che rendono il settore estremamente vivace. Un gran numero di artisti iniziano qui e nel giro di qualche anno vengono esposti nelle maggiori gallerie e a volte musei di New York. Se aggiungi la sopra citata presenza cospicua di espatriati da tutto il mondo in cerca di divertimento e/o fortuna, è facile immaginare quanto stimolante e affascinante sia vivere a Berlino. Un’ambientazione del genere fa passare anche il freddo e il buio del lungo inverno in secondo piano. Si ha la constante sensazione che tutto sia permesso, ogni sperimentazione tollerata e spesso incoraggiata. Credo sia ancora il posto al mondo dove puoi sentirti, ed effettivamente essere, più libero.
Se viaggi per lavoro dove viaggi?
Viaggio spesso per lavoro: conferenze, visite ad università ed istituti di ricerca per dare seminari o “lectures”, collaborazioni con colleghi. Nella maggior parte dei casi si cerca di restare nei dintorni del Paese in cui si vive così da limitare i costi, visto che i fondi per viaggiare sono sempre troppo pochi; quindi finora principalmente Europa. Ma anche il Nord America è una meta spesso inevitabile, almeno un paio di volte l’anno. Poi più si diventa senior, più ci si deve spostare anche per destinazioni più remote, in seguito alle maggiori responsabilità nell’ambito della comunità scientifica. In questo senso è un lavoro piuttosto atipico quanto a dinamicità: quando sei uno studente di dottorato devi sempre elemosinare fondi per poter partecipare ad una qualsiasi conferenza, una volta Professore ricevi inviti alle più disparate conferenze dove tutto è pagato e passi più tempo in aeroporto che in ufficio.
Che impressione hai degli altri paesi?
Dipende molto dal paese, o meglio, dal continente. Finché si resta in Europa (dove per Europa non intendo anche il Regno Unito, discorso a parte), ci si sente sempre a casa, non importa veramente in quale paese sei. C’è una sorta di consapevolezza piuttosto comune e la logistica segue schemi piuttosto simili. Il Nord America ha sicuramente un suo fascino, in particolare gli Stati Uniti, dove ogni stato è un po’ una realtà a sé, con le proprie esagerazioni e mentalità; ma dovunque ci si trovi, si avverte sempre una sensazione di prigionia culturale e sociale. Dubito che per chi possiede uno spirito europeo sia possibile adattarsi alla realtà americana per troppo a lungo. Asia e Medio Oriente sono posti che possono risultare piacevoli visitare di tanto in tanto, ma non li ho mai trovati particolarmente interessanti sul lungo periodo. Ho trascorso un paio di mesi in Messico e posso dire che, nonostante i suoi aspetti violenti, rappresenta una realtà molto stimolante (basti ricordare che è uno dei Paesi che investe di più in arte e Città del Messico ha probabilmente più musei e gallerie che qualsiasi altra città al mondo). Non sono mai stato in Sud America o Australia.
Nel futuro pensi di tornare a Macerata o in Italia?
Non nel futuro prossimo, dove per prossimo intendo da qui a venticinque-trenta anni. Come detto sopra, non c’è posto per la ricerca in Italia e una volta perso il posto in fila, non importa che curriculum hai, riparti sempre dall’ultimo numero strappato se provi a fare ritorno. Sottomissione e umiliazione sono i requisiti fondamentali per ‘far carriera’ nell’accademia italiana (e purtroppo tali requisiti vengono richiesti anche in molti altri settori). Se (e questo è un ovviamente un grande ‘se’) mai un giorno si riuscirà a collezionare una pensione decente, allora si potrà prendere in considerazione l’ipotesi di un ritorno nel Paese natio. Ma in verità, non c’è alcuna fretta di tornare.
Che cosa non ti piace della tua vita all’estero?
Non credo di potermi veramente lamentare della mia vita all’estero.
Ti senti adeguatamente remunerato?
Assolutamente. Se solo ci fosse più stabilità nel mondo della ricerca, ma immagino che anche questo faccia parte del suo fascino: oggi sei in Germania, tre anni fa eri in Francia, fra un anno chi lo sa (magari la pacchia finisce, non trovi niente di adeguato nell’ambito accademico e vai a fare l’analista per una compagnia assicurativa o diventi professore di fisica e matematica al ‘Galileo Galilei’!).
Il costo della vita è alto? Come ti sei organizzato? Vivi solo o in compagnia?
La Germania ha un costo della vita più o meno comparabile a quello italiano ma, inutile dirlo, i salari sono decisamente più alti. Berlino poi è praticamente la città più “povera” della Germania. O perlomeno lo era fino a qualche anno fa. Fino a 5-6 anni fa gli affitti erano ridicoli e i prezzi delle case ancora di più. Le cose stanno cambiando in fretta, ma siamo ancora ben lontani dagli standards di Monaco o Amburgo. Il precedente sindaco di Berlino ha utilizzato un’espressione divenuta famosa in un’intervista televisiva del 2004: ‘Berlino è povera, ma sexy’. Sicuramente sta diventando sempre meno povera e molti sostengono anche meno sexy, ma è di certo ancora una delle Capitali europee più abbordabili e senza dubbio la più eccitante!
Quali tipi di lavoro si trovano con più facilità nel posto in cui vivi?
Allee’ è l’equivalente tedesco di ‘boulevard’, ‘viale’. Berlino è di recente stata ribattezzata ‘Silicon Allee’ per enfatizzare come la città sia diventata una nuova Mecca per compagnie di start-up. Direi che la metà delle persone che vedi nei vari bars e clubs lavora in una start-up, l’altra metà si proclama una qualche forma di artista.
Ci sono altri italiani? Quanti? Hanno un club? Ci sono ristoranti italiani? Come si mangia?
Berlino, e in generale la Germania, sono pieni di italiani. Immigrati di ieri e di oggi. La città è piena di ristoranti italiani, diversi dei quali piuttosto buoni e c’è anche un buon mercato fisso di cibi italiani con prodotti di discreta qualità anche se un po’ cari. In generale, la scena culinaria è migliorata notevolmente negli ultimi anni a Berlino. Non siamo certo ancora ai livelli di New York o Londra, ma ristoranti stellati iniziano a spuntare. Il rapporto qualità/prezzo è ottimo (ad eccezione del costo ridicolo di una bottiglia d’acqua minerale un po’ dappertutto) e l’atmosfera sempre piuttosto rilassata. Si trovano ottimi ristoranti thailandesi e di sushi e recentemente prima la cucina coreana e poi l’hamburger in svariate versioni hanno fatto breccia negli stomaci di hipsters e fashionistas.
Rimpiangi qualcosa dell’Italia o delle Marche?
Ciauscolo, vincisgrassi, olive ascolane, vini locali e gli stupendi paesaggi collinari.
Quale è stata l’esperienza più bella o le esperienze che hai fatto da quando sei fuori ?
Mi verrebbe da dire tutte le conoscenze fatte in questi anni con persone di una varietà così disparata. Ma se proprio devo sceglierne una: Italia – Germania 2:1 ad Euro 2012 vista circondato da crucchi inferociti ad un festival di musica elettronica fuori Berlino.
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Spero che questi articoli vengano letti da tutti coloro che permettono questa emorragia di cervelli per rendersi conto di quanto dovrebbero vergognarsi.