di Carmen Russo
Capita non più di una volta l’anno di poter incontrare Padre Giuseppe Moretti, per le strade del suo paese Recanati. Padre Moretti è l’unico esponente della Chiesa Cattolica ad essere presente in Afghanistan, precisamente a Kabul dove con tanti sacrifici e determinazione è riuscito a costruire – e a mantenere- la Scuola di Pace. In questi giorni è tornato a casa per festeggiare un importante anniversario, il 6 ottobre celebrerà il suo 50esimo anno di sacerdozio accanto alla famiglia e agli amici più cari. Per l’occasione, sua sorella Annabella gli ha regalato un viaggio in Armenia.
Il giorno dell’anniversario vero e proprio era il 9 marzo ed era a Kabul, e anche lì, come lui stesso racconta, non sono mancati i festeggiamenti.
“Il Generale Joseph Dunford dopo aver saputo che compivo 50 anni di messa, ha organizzato un festa e precisamente il 19 marzo, in onore di San Giuseppe che dà il nome ad entrambi. Durante la cena l’attuale ambasciatore mi ha anche consegnato lo Stemma Pontificio al quale era allegata una lettera in latino di Benedetto XVI, è stata davvero una bella sorpresa”.
A Kabul la sua eco si è fatta sentire forte nei 36 anni totali passati in una terra non facile, dilaniata dalla guerra, ma ancora risente della determinazione di Padre Moretti, cresciuto, idealmente e professionalmente nel mondo della scuola: “Sono stato per 40 anni in una scuola Cattolica a Firenze, dove ho passato tutti i gradi fino a diventarne preside. Credo nel valore della scuola e dell’istruzione. L’idea di poter costruire una scuola era già presente durante l’invasione sovietica, sapevo che le scuole erano già state distrutte e avevo già lanciato una campagna nel mio istituto. Ma allora non è stato possibile realizzarla. Quando sono tornato a Kabul nel 2002, avevo in mano un progetto fatto da un mio ex alunno architetto.
Un giorno i militari mi invitarono a visitare il villaggio, mi guardai intorno e vidi che non c’era la scuola. Allora ne parlai con un colonnello e lui mi chiese se avessi un progetto. Io prontamente risposi, ‘sì certo’. Glielo feci vedere e lui: ‘Padre, non si offenda, ma lei ha qualche miliardo? Si ridimensioni!’. Fortunatamente nel suo team c’erano architetti e ingegneri e così siamo partiti con il vero progetto per realizzare la scuola, con rischi e sacrifici, certo. Poi bisognava mantenerla, è una scuola di stato ma continua a vivere con gli aiuti dei privati”.
Racconta ancora che confluiscono alla Scuola di Pace gli studenti dei vicini villaggi che inizialmente, nel 2005, erano 450, mentre quest’anno saranno circa 2000 alunni. Con l’aumentare degli studenti, aumenta anche la necessità di nuove aule, ognuna delle quale ospita circa 50 studenti. Padre Moretti, come sempre, ha cercato di trovare una soluzione: “Veniva a messa tutti i giorni un americano, un giorno gli ho chiesto se conoscesse qualcuno della Cooperazione Americana. E lui rispose ‘sono io’. Mi ha presentato il generale della Cooperazione Militare, un italo-americano che ha voluto visitare la scuola. Alla fine quest’ultimo mi ha detto: ‘Va bene’ e le 10 aule sono ora in costruzione”, dichiara soddisfatto, ma continua “Mi piacerebbe che la scuola fosse gestita come in Italia, noi ci proviamo. Ormai da cinque anni abbiamo istituito con la collaborazione dell’Università Cattolica di Milano, sono a disposizione 50 borse di studio per le alunne del triennio superiore, perché a Kabul le ragazze già a 15 anni sono destinate a ben altre faccende. Inoltre, ogni 5 anni vengono insegnanti dall’Italia per fare corsi di aggiornamento ai docenti afghani, i quali però sono pagati solo 100 dollari al mese”.
Una città non facile, quella di Kabul, in cui oggi vivono 6 milioni di persone, oltre 4 mila sono i bambini in strada e ci sono più di 60 mila mendicanti, specialmente donne. “Questo secondo un’indagine, ma ne sono di più – dice Padre Moretti – Oggi è una città angosciante, di bello c’è rimasto davvero poco come ad esempio il vecchio bazar che si è salvato. Anche la natura è bella. Ma ormai si vive nel terrore. Non si può uscire, c’è paura. Era una città graziosa, poetica ora c’è solo traffico, ma io conosco la differenza perché l’ho vista anche prima, chi viene per la prima volta non si rende conto.”
Insieme a Padre Moretti, sono tanti che cercano di portare aiuto pratico a Kabul: “Non bisogna dimenticare il lavoro straordinario delle suore. Sono arrivate a Kabul e hanno posto una condizione: ‘veniamo se si conserva l’abito’. Hanno ottenuto in un mese tutti i permessi che gli altri hanno dovuto aspettare un anno. Ospitano in casa 10 bambini abbandonati e in più assistono 270 famiglie tra le più povere. Poi c’è un’altra comunità ‘Associazione pro bambini di Kabul’ formata da suore di diverse congregazioni, le quali assistono 40 bambini cerebrolesi che piano piano vengono riportati alla normalità. E poi abbiamo l’aiuto di Alberto Cairo. È un fisioterapista che lavora nella Croce Rossa Internazionale e che dal ‘90 aiuta i reduci di guerra. Ha istituito ben sei centri di fisioterapia, ma non si limita a curare questi feriti, cerca anche di procurare loro un lavoro. Ha istituito anche il mini credito, lo chiamano l’angelo di Kabul, e l’anno scorso era in nomination per il premio Nobel per la pace. In ambasciata e nel contingente tutti i camerieri sono reduci, lo è anche il mio cuoco”.
A proposito di cucina, ci racconta che il suo cuoco ha imparato a fare gran parte dei piatti italiani, come lasagne e gnocchi, alimenti che vista la presenza del contingente italiano, sono reperibili negli spacci militari. Dei piatti locali apprezza il kebab e dei particolari tortelloni afghani. “Le cose che mi mancano sono la carne – visto che lì si trovano solo pollo e montone – e il pesce”.
E proprio mentre gusta le tagliatelle con gli scampi nel ristorante Cosmopolitan di Civitanova, fa una telefonata e dice “Caro Andrea, qui c’è un posto, ci raggiungi?”. Dall’altra parte della cornetta un altro personaggio eccezionale: si tratta di Andrea Angeli, paecekeeper dell’Onu e dell’Ue che sabato prossimo riceverà il premio come “Maceratese nel Mondo” (leggi l’articolo), stesso premio che Padre Moretti ha ricevuto nel 2010. “Ho incontrato Andrea diverse volte quando ero ancora in Italia perché era molto amico di una famiglia recanatese, Ceccaroni. Poi me lo sono ritrovato a Kabul”, dice l’esponente della Chiesa Cattolica, il quale non ha mai smesso di aggiornarsi sulle ‘cose’ del suo paese d’origine, aiutato anche dai nuovi mezzi di comunicazione.
Segue la cronaca, la politica, ma anche il calcio: “Tifo per il Matelica, perché quest’anno lì gioca mio nipote, l’avvocato Nicola Moretti. So tutto, so che domenica scorsa ha vinto contro il Bojano e che Nicola ha segnato un gol. Domenica giocherà contro la Maceratese, non potrò andarci perché sarò in Armenia, ma mi terrò informato – e Padre Moretti conclude – Sarà una bella sfida!”.
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Grande Padre Giuseppe!
Tashakhor!
Padre Giuseppe Moretti, sono il padre di Emanuele. Complimenti per i suoi intensi 50 anni di sacerdozio.