di Maria Cristina Pasquali
Non è vero che i giovani di oggi non sono più romantici. Nonostante il mondo consumista per non dire materialista in cui viviamo, ci sono giovani disposti a seguire il loro amato (è il caso di dire) in Capo al Mondo! Questo ha fatto la nostra intelligente, preparata e direi ardita maceratese nel mondo dell’intervista di oggi, Monica Monterotti, classe 1983, giovane laureata in Giurisprudenza all’Università di Macerata, madre di due bambini, che per amore si è trasferita a Buenos Aires! Una persona (per i nostri gusti) assolutamente da ammirare.
“Vado dove mi porta il cuore!”
A lei rivolgiamo qualche curiosa domanda.
Racconta la tua infanzia ed adolescenza nelle Marche
“Ho trascorso la mia prima infanzia a Civitanova, città natale di mia madre, Violana, insegnante elementare, poi all’età di dieci anni ci siamo trasferiti a Sarnano, che è invece il paese della mia famiglia paterna. Mio padre, Claudio è avvocato. Tuttavia è a Macerata che mi sono formata, frequentando prima il Liceo Classico Leopardi, di cui conservo ricordi meravigliosi di docenti e compagni, molti dei quali continuano ad essere amicizie preziose e fraterne, proseguendo poi con gli studi Universitari e laureandomi in Giurisprudenza.
La mia storia appartiene all’immigrazione più recente, dovuta a motivi non tanto lavorativi quanto di “cuore”. Il mio compagno e padre dei miei due bimbi è, infatti, argentino, e dopo un primo periodo trascorso qui, in Europa, tra la Germania e l’Italia, al termine del ciclo di dottorato dell’Università, abbiamo deciso di trasferirci a Buenos Aires”.
Da quanto tempo vivi a Buenos Aires?
“I ricordi delle Marche sono, di un passato piuttosto recente, dato che a dicembre saranno soltanto due anni che vivo a Buenos Aires. Avevo, comunque, avuto in precedenza la possibilità di conoscere la città e di innamorarmene. Pur essendo, infatti, enorme la distanza geografica, non la si avverte tanto da un punto di vista sociale ed antropologico: la collettività di immigrati italiani è seconda soltanto a quella spagnola, il che traspare non solo dai cognomi, ma anche dal modo di fare, dalla cucina, in cui si rispettano moltissimo le tradizionali ricette regionali di provenienza e che, da un certo punto di vista, ci regala anche un viaggio nel tempo, in una italianità “anni ’50” che si è ormai perduta. Anche il linguaggio parlato testimonia questo incontro di diverse culture: la lingua del tango, il cosiddetto Lunfardo, nasce, infatti, dall’incontro tra lo spagnolo e vari termini di origine italiana o dialettale.
In una città dall’amplissima offerta culturale, l’Italia, però, non è solo ricordo, nostalgia… C’è un interesse vivo e presente, come dimostrato, ad esempio, dalla presenza di un festival del cinema italiano”.
Ma la decisione di andare a vivere a Buenos Aires e’ stata una sofferenza oppure una gioia, una sfida? Insomma l’hai vissuta come un arricchimento, oppure come un grande dispiacere di lasciare la tua terra?
“La scelta di trasferirci è stata condivisa da entrambi. Il fatto di aver già conosciuto la città in precedenza ed averne ricavato una così bella impressione è stato sicuramente un elemento positivo. Sono una persona che ama molto viaggiare, curiosa ed interessata a conoscere lingue e culture diverse, che vede nei cambiamenti una risorsa e cerco sempre di cogliere il lato positivo delle situazioni. La distanza dalla mia famiglia e dagli amici è di certo considerevole, ma per fortuna possiamo colmarla nella quotidianità grazie alle nuove tecnologie, che ci permettono di non perdere i contatti ed anche di “vedersi” spesso tramite webcam.
Che differenza hai notato nella vita dei tuoi coetanei tra le Marche e l’Argentina?
Da un punto di vista sociale, in questo tempo ho potuto osservare una grande differenza tra i miei coetanei qui ed in Italia: la situazione di crisi che stiamo vivendo è ben nota a tutti e, sebbene anche qui il panorama non sia del tutto roseo, è già positivo il fatto che nella stragrande maggioranza dei casi si possa esercitare la professione per la quale ci si è preparati – il che non dovrebbe essere considerato un privilegio, ma sappiamo purtroppo che di questi tempi lo è diventato – spesso anche con la possibilità di poter facilmente migliorare la propria posizione lavorativa, in settori, come quello informatico, ad esempio, in cui la richiesta è molto forte.
Quale è il clima che si respira ora in Argentina?
L’Argentina, com’è noto, è riuscita ad uscire dalla situazione di default del 2001 in una maniera virtuosa, grazie ad un settore primario molto forte – mi riferisco all’agricoltura, in particolare l’esportazione della soja- ma anche puntando sul settore della ricerca scientifica. Di certo, l’atmosfera sociale di rinascita e di speranza si percepisce anche dall’atteggiamento di rinnovato entusiasmo ed interesse verso la politica – a favore o meno dell’attuale governo – da parte della fascia giovanile della popolazione, giovani che, sotto l’aspetto personale, scelgono frequentemente di “metter su” famiglia, anche numerosa, in un’ età che per noi italiani attualmente risulta rara se non impensabile. La presenza nei vari parchi della città di un numero enorme di famiglie con bambini piccoli ne è la dimostrazione, regalando l’immagine di una città e di un paese vitale e proiettato verso il futuro.
Domanda d’obbligo.
Che sentimenti manifestano gli Argentini nei confronti di Papa Francesco da poco eletto al soglio pontificio, intendo , i commenti sono solo di orgoglio nazionalistico oppure veramente favorevoli ?
La notizia dell’elezione del Papa è stata accolta con un entusiasmo pari soltanto, alla vittoria di un mondiale di calcio! Gli Argentini, come popolo, sentono molto forte il loro orgoglio nazionale, lo si vede, ad esempio, dall’amore verso la bandiera, che coltivano fin da piccoli (il mio bimbo più grande frequenta la scuola materna ed ogni mattina c’è il saluto alla bandiera) e questo ha sicuramente contribuito all’euforia del primo momento. D’altra parte, l’elemento dell’appartenenza nazionale, unito al carisma del nuovo Papa, ha fatto sì che anche qui si stia verificando un riavvicinamento alla fede cattolica. Specie nella capitale, di cui il Cardinale Bergoglio è stato vescovo per moltissimi anni. Il ricordo della gente appare molto positivo. Dai racconti dei suoi viaggi in metropolitana, ai “ mate” condivisi con la gente dei quartieri più umili, all’aiuto ed alla vicinanza, concreta e fattiva, nelle situazioni precarie delle cosiddette ” villas”, l’immagine che ha sempre dato è stata quella di una Chiesa prossima, vicina agli ultimi, ma fedele a sé stessa. Un percorso che già lasciava presagire su quali linee avrebbe impostato il suo Papato.
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A Buenos Aires sembra di essere a casa,se parli in dialetto marchigiano ti capiscono…..
Brava!!! tanti in bocca al lupo e auguroni hai tuoi bimbi 🙂
Orietta ai senza H! E’ proprio vero che i giovani di oggi non sanno più l’itaGliano!