di Marco Ribechi
Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, nello Sferisterio passa la testimonianza di un pezzo di storia d’Italia. È stato un evento davvero fantastico quello realizzato sul palco dell’arena maceratese la scorsa notte. Protagonisti il direttore musicale del Mof Donato Renzetti e l’orchestra e coro del teatro comunale di Bologna, un vero spettacolo sia per le orecchie che per gli occhi. Gli oltre 160 musicisti e cantanti infatti hanno creato un impatto visivo davvero potente e apprezzabile in tutto il suo splendore armonico, con un’orchestra finalmente mostrata al pubblico fuori dalla consueta “buca” dove normalmente risiedono i musicisti durante le opere.
Il concerto era quello della Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, uno dei capolavori del compositore pensato per un evento altrettanto straordinario nel passato del nostro Paese: la morte del padre dell’unità linguistica italiana Alessandro Manzoni di cui proprio Verdi era un immenso ammiratore. Nonostante la sua austerità infatti Verdi scrisse di Manzoni che se fosse lecito adorare un uomo si sarebbe gettato in ginocchio ai suoi piedi. Quindi, all’interno del teatro voluto dai cento consorti, progettato dall’Aleandri e inaugurato nel 1829, è andato in scena il tributo del più grande compositore italiano, simbolo del Risorgimento e dell’Unità, dedicato al più grande scrittore d’epoca moderna, anch’egli sinonimo di Italia libera e unificata, nell’anno delle celebrazioni del 150esimo anniversario dal trapasso (Manzoni infatti è morto nel 1873). Solo il pensiero di questa premessa, che rappresenta una delle pagine indelebili dell’Italia moderna, fa esplodere una potenza evocativa allo stato puro che sarebbe dovuto essere motivo sufficiente per vedere l’arena sold out. Invece, ad eccezione dei settori centrali della platea, molti spazi sono rimasti vuoti, forse a dimostrazione di ciò che aveva sostenuto Alberto Batisti nell’appuntamento mattutino degli Aperitivi Culturali: “In Italia manca l’educazione all’ascolto, si esce da un liceo ignorando chi sia Giuseppe Verdi e senza il sacrosanto diritto di sapere che cosa ha prodotto l’Italia in musica (leggi l’articolo)”. Un’occasione persa per gli assenti che però non ha assolutamente diminuito il valore dell’evento, davvero irripetibile per la congiuntura di suggestioni appena citate.
Sul palco l’ingresso dei protagonisti, dato l’elevato numero di esecutori, dura alcuni minuti. Dal lato sinistro dell’enorme muraglione entra elegantissimo il coro e prende posizione in tre lunghissime file di sedie sul fondo della pedana. Dal lato destro arrivano altrettanto numerosi i musicisti, seguiti dai solisti che raccolgono un applauso speciale. Infine in prima fila, insieme al direttore Donato Renzetti che ha superato i cento titoli differenti diretti in carriera, la soprano Selene Zanetti, il mezzosoprano Vasilisa Berzhanskaya, il tenore Antonio Poli e il baritono Roberto Tagliavini, tutti assolutamente eccelsi durante l’intero programma. Descrivere l’effetto della Messa da Requiem è arduo e riduttivo, la bellezza delle musiche, la forte espressività delle varie parti, sono le uniche in grado di parlare adeguatamente della sua grandezza musicale, estremamente amplificata da un impatto sonoro vibrante e diretto grazie alla presenza dei musicisti sul palco. Le esplosioni delle corali, i soli orchestrali, le parti esclusivamente vocali costituiscono, tutte insieme, una variazione musicale in cui perdersi, mantenendo sempre il contatto con un’idea di immenso, di divino non del tutto confortante. I colpi ripetuti di grancassa del Dies Irae ancora rimbombano tra le pareti dello Sferisterio, accompagnati dagli squilli del Tuba Mirum, forse il momento più eccitante dell’intero spettacolo di cui però, in verità, è difficile trovare una porzione che non abbia generato solenni emozioni.
Non resta che fare un’ultima considerazione sullo spessore artistico ed intellettuale risorgimentale e quello della svilita modernità. Oggi, in occasione di un lutto illustre, con grande probabilità i cosiddetti artisti esprimerebbero il loro cordoglio attraverso un post su Instagram seguito dalla condivisione di qualche video o frase ad effetto, tanto basterebbe per dimostrare al mondo il proprio dolore smart. Verdi invece, e come lui altri per altri accadimenti, ha salutato Manzoni con un’opera colossale, immortale nel tempo, capace non solo di dare il dovuto commiato a colui a cui è dedicata ma anche di racchiudere un’intera epoca storica da tramandare alle generazioni future per secoli. Questa è la grandezza e lo scopo ultimo dell’arte, capace di restare monolitica verità nonostante la vita degli uomini passi in un soffio. Quindi è doveroso ringraziare i responsabili della scelta di eseguire la Messa da Requiem nello Sferisterio e anche i musicisti coinvolti, che hanno deciso di dedicare la loro attività all’esecuzione di quei capolavori che non sono meri spettacoli a cui assistere ma vere e proprie pagine di storia, in grado di arricchire il cuore e l’intelletto di chi decide di confrontarsi con loro.
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Vasilisa, mezzosoprano russo.
Sarebbe fantastico, a questo punto, portare allo Sferisterio anche i Requiem di Mozart e Fauré. Due opere di altrettanto straordinaria bellezza. Ma sicuro è il fatto che l’Arena si presta magnificamente alle esecuzioni sinfoniche. Grazie una volta di più a Paolo Pinamonti che “ha osato”.