La Traviata ieri sera allo Sferisterio
di Marco Ribechi (foto Marilena Imbrescia)
Una strepitosa Traviata “degli specchi” esalta lo Sferisterio, confermato il successo per il capolavoro di Brockhaus e Svoboda nonostante l’imprevisto in apertura. Possono ormai essere associate in un indissolubile binomio le parole “Traviata” e “certezza” quando si parla del mitico allestimento del 1992 nato nell’arena maceratese, divenuto un simbolo della stagione lirica e replicato in tutto il mondo. Ogni volta che il Mof presenta in cartellone il titolo di Giuseppe Verdi, con la regia di Henning Brockhaus, è come se in città tornasse un caro amico, un cittadino illustre amato che tutti hanno sempre il piacere di rivedere. Anche questa volta per la 59esima stagione di Festival è stato ovviamente così, con una Traviata che ha di nuovo acceso la scintilla della sua magia ammutolendo la platea per ridestarla solo al momento dei tanti, meritatissimi, applausi.
Eppure, proprio in apertura, qualcosa sembrava potesse andare storto. Infatti, a pochi minuti dall’inizio, il direttore artistico in persona Paolo Pinamonti prende il microfono per fare un delicato annuncio bilingue: “Roberto de Candia, alias Giorgio Germont, non potrà partecipare alla rappresentazione. Al suo posto Claudio Sgura”. La Traviata perde quindi il suo baritono, una delle tre colonne portanti dell’opera verdiana. Se per un atto intero la curiosità si è affiancata al timore, all’esordio dell’altissimo padre di Alfredo ogni dubbio è stato immediatamente spazzato via dall’ottima prova di Sgura, meritevole di un doppio plauso riconosciutogli nella notte anche dalla platea. Panchina lunga di fuoriclasse si direbbe in gergo calcistico, per una Traviata che meritava di essere realizzata nel migliore dei modi, considerando la caratura dei protagonisti in campo. E in questo caso è giusto assegnare proprio a Sgura il titolo di “Man of the match”.
In un cast davvero di primo livello nessuno merita però di trovarsi ad un gradino più basso. Tutti gli interpreti hanno svolto un eccellente e generoso lavoro esaltando ancora di più un’opera ormai leggendaria quando realizzata sul fronte dell’immenso muro di mattoni dell’arena, elemento che lo stesso Brockhaus ha riconosciuto come il quid in più che la rende ancora più bella proprio a Macerata. Quando lo specchio inizia ad alzarsi e i vari tappetoni sfilano via lentamente dal pavimento, uno dopo l’altro producendo quel leggero e caratteristico fruscìo, è come se si accendesse un carillon fatato in grado di incantare, come tanti bambini in un luna park, gli spettatori attoniti.
Un meccanismo già conosciuto, già visto, ma che ogni volta fa gridare al miracolo per l’eleganza e lo splendore dei colori che si rispecchiano verso il cielo. Se a questo si aggiungono delle voci in grado di incarnare e trasmettere i sentimenti e le vibrazioni della musica, l’alchimia è allora perfetta. Violetta Valery, il soprano georgiano Nino Machaidze, è magnifica. Bellissima nei panni della donna voluttuosa, tragica e grondante dolore nella morte finale. In ogni istante le trasformazioni del personaggio, i suoi ardori e le sue sofferenze, arrivano al pubblico dirette e dirompenti, creando un connubio unico sia con la durezza austera di Giorgio Germont che con i turbamenti di Alfredo, interpretato anche in questo caso magistralmente da Anthony Ciaramitaro. Anch’egli estremamente coinvolto nell’azione, nelle corse affannate che compie da un lato all’altro dell’arena, dal piacere provato con Violetta all’ira nel credere il suo amore perduto.
Un cast quindi che nella sua totale composizione (non ce ne voglia chi non è stato citato) ha saputo dare il massimo, esaltando ancora maggiormente sia l’importanza dell’allestimento sia le splendide musiche proposte dalla Form. Un’ultima considerazione per l’orchestra marchigiana, ormai già ampiamente rodata per quest’opera e anch’essa parte del sempre crescente successo. Musicisti, Maestri, che conoscono la parte a menadito, che sui loro strumenti vivono il capolavoro verdiano e che si esaltano quando guidati da una mano delicata e decisa come quella di Domenico Longo. Tutti questi elementi orchestrati insieme non possono che costituire la formazione ideale, l’ultimo taglio di sfaccettatura dato ad un diamante grezzo per trasformarlo in una lucente e inestimabile pietra preziosa destinata ad essere eterna.
· Al Festival di Puccini a Torre del Lago Puccini noi spettatori abbiamo assistito alla direzione del Maestro Veronesi, che ha diretto l'orchestra bendato di nero, per non guardare la scenografia della rivoluzione di piazza di Parigi, e le majorette pon-pon americane, che ha snaturato l'opera dal suo contesto storico
Serata fantastica... recensione ineccepibile che tocca ed esalta il lavoro che c'è dietro all'allestimento di questo spettacolo dove la professionalità di ciascuno rende la magia del tutto e lo spettatore viene preso per mano e trasferito in un sogno sognato da tutti...da spettatore ho sognato con...la musica.
Lavoro dello scenografo J.S.
Spettacolare emozioni allo stato puro
Emozionante a dir poco
Tripudio? Unovazione da Piediripa a Villa Potenza! Direi successo planetario!
Bisogna alzare le paghe dei lavoratori ormai ferme dal 2006
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