Manuela Carloni, dalla Cgil alle regionali
Corre anche Ludvina Cinti da Pieve Torina

MARCHE 2020 - La prima con il Pd per Maurizio Mangialardi, la seconda con "Movimento per le Marche" per Francesco Acquaroli. Le due candidate al Consiglio regionale chiariscono i loro obiettivi

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Da sinistra Ludvina Cinti e Manuela Carloni

 

Manuela Carloni, storica segretaria della Flc Cgil e dirigente del terzo settore scende in campo per il candidato governatore di centrosinistra Maurizio Mangialardi. Presenterà la sua candidatura con il Pd domenica a Moie di Maiolati. «Onorata di mettere la mia esperienza al servizio di un grande progetto di ripartenza post Covid. Servono azioni concrete per ripensare il sistema e migliorare la qualità della vita dei cittadini», dice Carloni. Sul fronte opposto si candida invece Ludvina Cinti, terremotata di Pieve Torina e attivista di “La terra trema noi no”, con “Movimento per le Marche” a sostegno di Francesco Acquaroli del centrodestra: «Sono un volto nuovo della politica, ho vissuto sulla mia pelle questi problemi, la delocalizzazione, il mancato guadagno, le criticità di chi ha un mutuo che non può più pagare. Il primo motivo che mi ha spinto a candidarmi è vedere mio padre che dopo quarant’anni di sacrifici ha perso tutto, è rimasto senza niente, abbandonato dallo Stato» spiega Cinti.

Manuela Carloni esordisce così, spiegando i suoi obiettivi: «Dopo il Covid nulla sarà come prima. La pandemia ha evidenziato tutte le fragilità di un sistema che va ripensato. Bisogna riportare al centro la sanità pubblica e la scuola pubblica, investire sui servizi di prossimità e sulla valorizzazione del personale. Vanno ben spese le tante risorse che arriveranno dall’Europa, quel Recovery Fund che non a caso si chiama Next Generation, perché immagina soluzioni per l’oggi ma pensando al futuro, ai nostri giovani. E’ necessario un patto tra le istituzioni ai diversi livelli per restituire centralità a settori essenziali impoveriti negli anni dai tagli dei governi di centro destra. Ma anche rilanciare l’occupazione, l’economia, il turismo, il welfare e spingere con decisione sulla ricostruzione e il ripopolamento delle zone terremotate e delle aree interne». Carloni in passato ha sempre rifiutato candidature ma «in questo momento storico non me la sono sentita di tirarmi indietro, perché sono convinta che oggi più che mai occorra mettere al servizio della comunità le migliori competenze per contribuire ad affrontare le grandi sfide che la nostra regione ha di fronte, in particolare dopo la pandemia. Ciò che mi sta veramente a cuore è migliorare la qualità di vita dei cittadini, dare più opportunità ai giovani, sostenere i soggetti più fragili. Servono visione, partecipazione democratica e azioni concrete per compiere passi avanti. In anni e anni di lavoro ho maturato grande esperienza nel mondo della formazione, del lavoro e del volontariato. Competenze che ritengo possano essere di aiuto per costruire un grande progetto di centrosinistra, capace di aggregare le diverse professionalità per realizzare un modello di sviluppo integrato e sostenibile, fondato sulla collaborazione con il territorio».

Ludvica Cinti invece vuole «stare dall’altra parte del tavolo e portare avanti tutti quei problemi, ancora irrisolti, a cui la politica del “non vi lasceremo soli” ancora non ha voluto mettere mano. Sono problemi che conosco, perché li vivo ogni giorno nella mia vita, voglio sedere dall’altra parte e portare avanti proposte e soluzioni concrete come ho fatto in questi anni con l’associazione “La terra trema noi no”, senza filtri e senza timori». Come tanti concittadini, lei e la sua famiglia hanno perso casa e lavoro. «Sono un volto nuovo della politica, ho vissuto sulla mia pelle questi problemi, la delocalizzazione, il mancato guadagno, le criticità di chi ha un mutuo che non può più pagare. Il primo motivo che mi ha spinto a candidarmi è vedere mio padre che dopo quarant’anni di sacrifici ha perso tutto, è rimasto senza niente, abbandonato dallo Stato. La rabbia di non poter far nulla mi ha spinto a provare a cambiare le cose, mettendomi in gioco. Al di fuori del cosiddetto cratere nessuno sa quanto le persone si sentano abbandonate ed impotenti, non riesco ad accettarlo». Ludvina Cinti chiede di «non andare avanti a colpi di proroghe, ma con provvedimenti di ampio respiro che consentano ai terremotati di fare progetti e di pianificare investimenti in questi territori. Ho scelto una lista civica lontana dalle logiche di qualsiasi partito – spiega Cinti -. La politica è stata sorda alle nostre richieste. L’associazione di cui sono fondatrice è stata tra le più attive nel portare avanti le istanze e le tante problematiche di questi anni dopo il terremoto. La politica ha creato a volte ulteriori ostacoli, che si aggiungono a quelli propri di un contesto già difficile. Si va avanti a colpi di proroghe, spesso all’ultima data utile, che non consentono di fare progetti di vita, di programmare investimenti su un territorio che era già in difficoltà economica già prima del sisma, che non permettono ai terremotati semplicemente di vivere senza l’ansia di non sapere che succederà domani». I territori più colpiti hanno bisogno di maggiori attenzioni e provvedimenti mirati, spiega Ludvina Cinti: «Chi ha perso tutto ha bisogno come prima cosa di tranquillità e stabilità emotiva, che derivano dall’avere di fronte un orizzonte temporale certo e norme definite. Alla ricostruzione materiale si deve accompagnare quella economica e sociale, per essere certi che questi territori avranno un futuro, perchè senza quelle prospettive di sviluppo economico che creano opportunità di lavoro, è un’illusione pensare di poter frenare spopolamento ed abbandono della montagna. Un altro baluardo del territorio sono i servizi, fondamentale avere un ospedale efficiente e funzionale alle necessità del territorio montano, non bastano le eliambulanza in volo di notte, se si affossano i servizi esistenti e per curarsi si devono percorrere decine di km, in un contesto viario rimasto fermo al secolo scorso». Conclude Ludvina Cinti: «Voglio dare voce a chi rimane in silenzio, anche se nel suo cuore spera che le cose possano cambiare, a chi vorrebbe un futuro per le zone terremotate e nuove prospettive di sviluppo per le Marche dimenticate. Siamo pochi ma viviamo in tante zone diverse, ed i pochi di tante zone possono fare la differenza, se hanno il coraggio di farsi sentire».

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