di Fabrizio Cambriani
Inaspettato come una nevicata a luglio è approdato sulla piattaforma Rousseau il quesito, per i militanti del Movimento 5 Stelle, sulla possibilità di realizzare, in occasione delle elezioni amministrative, alleanze anche con i partiti politici. Il risultato, ormai noto a tutti, ha visto prevalere i sì con il 60% dei consensi. L’effetto, almeno qui nelle Marche, è stato lo stesso di una granata lanciata in una piazza. Un colpo al cuore della sua classe dirigente e mille schegge impazzite che vagano pericolosamente per le periferie.
Francesca Franquellucci del M5S, entrata nella giunta del sindaco dem di Pesaro Matteo Ricci
“Sono state giornate furibonde, senza calma di vento”, avrebbe detto De Andrè. Si sono surriscaldate le tantissime chat di iscritti e simpatizzanti. Sono volate parole grosse. Malgrado il ponte di Ferragosto, sono stati redatti comunicati stampa che hanno intasato le redazioni dei giornali. Insomma, il “presunto” caos che ci contestava in un titolo la parlamentare Patrizia Terzoni, si è trasformato in un gran casino. I grandi accusati hanno trasferito sul banco degli imputati quelli che fino al giorno prima si erano fregiati delle vesti di severi inquisitori. Una controriforma, al contrario, che lascerà sul campo – in senso figurato – morti e feriti. Pesaro è diventato l’ombelico del mondo regionale pentastellato. Perché nella giunta comunale di Pesaro siede Francesca Frenquellucci, candidata a sindaco per il M5S alle scorse elezioni. E che è stata chiamata dal sindaco Ricci a condividere le responsabilità di governo della città, dopo che l’intera giunta ha accettato una parte del programma da lei proposto. Primo e unico caso in Italia, che adesso beneficia della consacrazione di tutti gli iscritti, attraverso la recentissima consultazione.
Gian Mario Mercorelli, candidato governatore del M5S
Un pugno in faccia ai dirigenti regionali pentastellati che si erano espressi per il no all’interrogativo e che adesso accusano il colpo. Salvo qualche eccezione ascrivibile al senatore Mauro Coltorti, per loro si è trattato di una vera e propria Caporetto. Chiusi nei loro fortilizi romani, non sono riusciti a interpretare la volontà dei loro rappresentati nel territorio. Insensibili alle sollecitazioni che venivano da tanti militanti, hanno rifiutato la chiamata al voto, quale massima espressione di democrazia partecipata, un tempo fiore all’occhiello del Movimento stesso. Comportandosi come un’oligarchia illuminata da una immaginaria divinità e gestendo in maniera privatistica tutto ciò riguardasse la politica regionale, i novelli augusti imperatori a 5 Stelle, hanno fatto finta di non vedere il disagio crescente che montava e che, sempre di più, registrava abbandoni e delusioni. Adesso, entrano ufficialmente in rotta di collisione con la linea politica di Beppe Grillo e allargano la divaricazione con tutti i loro leader nazionali che si sono spesi per l’approvazione del quesito. E, conseguentemente, rischiano l’irrilevanza anche come pattuglia parlamentare regionale. Con il pericolo di un grave danno per le Marche intere. Infine, si accingono ad affrontare una campagna elettorale privi di ogni sostanziale legittimazione, sulle scelte fin qui effettuate e con un movimento spaccato in due come un cocomero e che nelle numerose chat se ne dice di tutti i colori.
I senatori Sergio Romagnoli (a destra) e Giorgio Fede (a sinistra) con Luigi Di Maio durante la visita ad Ancona
Alla luce di tutto questo, tornano in mente e appaiono profetiche le parole che Luigi Di Maio rivolse alla loro platea – con i capi in prima fila – il 7 luglio dello scorso anno al Teatro Sperimentale di Ancona: «Non applauditemi – disse loro- avete applaudito tutto e il contrario di tutto, non siete affidabili». Ma, come i generali del regio esercito, responsabili della storica disfatta, invece di mettersi in discussione, procedono – con tanto di plotone di esecuzione al seguito – alla decimazione delle loro stesse truppe. Scomposte appaiono le reazioni del gotha marchigiano pentastellato sconfitto, per lo più affidate al senatore Fede – in veste di improbabile facilitatore – e del candidato presidente Mercorelli. Il primo, evidentemente stizzito, ha trascorso il Ferragosto a cacciare dalle chat e minacciare di deferire ai probiviri, chiunque rivendicasse la giustezza della propria posizione. Il secondo a tentare di risollevare il morale delle truppe opponendo, al responso della consultazione, il principio del tempus regit actum. Manco i processi politici fossero regolati dal Codice penale. Oppure come qualcuno altro, per esempio Joselito Arcioni, candidato inserito d’ufficio in lista nel collegio di Ancona, senza passare nemmeno attraverso il voto degli iscritti, respinga ogni critica e se la prenda perfino con “i geni romani che fanno votazioni a cinque giorni dalla presentazione delle liste”.
Romina Pergolesi e Gianni Maggi, ex grillini che sono hanno lasciato il M5S proprio per il no alle alleanze
Inutile dire come, in queste tragiche condizioni, i reprobi Maggi e Pergolesi abbiano trovato modo di prendersi la loro personale rivincita e di infierire sui perdenti, intingendo la penna delle loro dichiarazioni, con una non modica quantità di curaro. Tutti oggi sono consapevoli dell’irreparabile danno e a nulla valgono i risibili pretesti -disputati in punto di diritto- che vedrebbero questa consultazione limitata alle sole elezioni comunali. Di Maio ha parlato chiaro e fugato ogni dubbio in proposito: «Da oggi inizia anche una nuova era che ci vedrà maggiormente protagonisti nelle elezioni amministrative. Aprirci anche ai partiti tradizionali non è peccato, l’abbiamo fatto a livello nazionale. E non significa snaturarci, ma portare i nostri valori, i nostri principi e le nostre idee anche fuori dal movimento. Vogliamo influenzare positivamente anche le altre forze politiche. E fare delle alleanze a livello locale può essere lo strumento giusto». Influenzare positivamente le altre forze politiche. Era quello che – del tutto inascoltata – chiedeva gran parte della base pentastellata locale. Evidentemente qualcuno, con scienza e coscienza, si è messo di traverso, impedendo la realizzazione di un laboratorio che avrebbe visto nel professor Sauro Longhi –accademico ed esponente della società civile – il protagonista di una nuova stagione. Non più declinata all’insegna della peggiore partitocrazia. Adesso l’intera base è in rotta e dovrà ricominciare da zero il primo giorno del prossimo autunno, partendo da queste macerie. Sempre che ve ne siano ancora le condizioni.
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…altro che capo retto, questa qui è una capo chino (come sempre del resto), in ossequio alla poltrona!! Dall’aprire il parlamento come una scatoletta di tonno, a tonni del PD, il passo è stato negato, chiacchierato, smentito, rinnegato, ma necessario, eh, se si vuol continuare perlomeno a mangiar tonni, ma anche qualcosa’altro!! gv
Mo’ Vi Mento: 5 Palle !!!
✅✅mi sanguinano gli occhi
mai lette così tante falsità .
ma proprio mai !.
cambriani ti sfido a dire la verità per una volta sulle dinamiche a 5S ..una votla
una volta
Mi diceva uno, che li votava, proprio oggi: se stanno con il PD tanto vale votare il PD.
5Stelle: mai con il partito di Bibbiano = alleati col PD; no al doppio mandato = sì al doppio mandato; no alleanze con i partiti tradizionali = sì alleanze con partiti tradizionali; no Tav = sì Tav; no Tap = sì Tap; prima del crollo del ponte Morandi: “la favoletta del ponte che crolla” = dopo il crollo: la colpa è dei Benetton. Ecc ecc ecc.
Tra il superamento del doppio mandato e il via libera alle alleanze con le altre forze politiche, in primis con il PD (che in anni nemmeno troppo lontani i 5S indicavano come il nemico assoluto, la vera espressione del potere corrotto e inefficiente), il movimento ha perso ogni ragione di esistere.
Queste decisioni, tipiche delle caste che vogliono sopravvivere ad ogni costo, sono solo una presa in giro dei tanti cittadini che li hanno votati.
Andate in pace e sparite in fretta!
“Nella vita, e quindi anche in politica, passare da prostituto di lusso a prostituto per quattro denari, ossia a prostitutolo, è un lampo, ma non certo di genio”!! m.g. p.s.: e questo vale per tutti…
Tutto questo, cari signori, fa parte della loro “decrescita felice”.
Pesaro esempio positivo per un potenziale elettore dell’M5S? L’idea di fare da stampella per uno come Ricci, già pasdaran renziano, uno tra gli esponenti più indigesti di quella nomenklatura pesarese già PCI, poi PDS, poi DS e ora PD, che della tradizione comunista ha ereditato solo il peggio, cioè l’arroganza e il cinismo, che da sempre spadroneggia in Regione e che ci ha dato i Ceriscioli e gli Ucchielli è rivoltante non solo per chi vota M5S, ma anche per molti altri, compresi molti elettori di sinistra.
In tutto questo non riesco a farmi un’idea precisa della questione. Cambriani sostiene che l’M5S avrebbe potuto fare come in Liguria e che non ha voluto farlo. A quanto capisco, Maggi ci ha provato, senza successo. Colpa della dirigenza dell’M5S marchigiano? Forse: si è opposta ma nessuno (la deputata Terzoni, il senatore Fede, la deputata Emiliozzi, Mercorelli) ha spiegato bene perché. Forse Maggi avrebbe potuto avere successo se, in questi anni, l’M5S regionale avesse pungolato il PD e fosse stato capace di presentarsi come un’alternativa a esso, mentre ha dato l’impressione di esserne la quinta colonna. Il sindaco M5S di Fabriano ebbe parole di fuoco per i suoi compagni di partito in Consiglio Regionale quando la Pergolesi, di fatto, consentì l’approvazione del Piano Sanitario. Sulla legge elettorale, l’M5S nazionale dà battaglia su premi di maggioranza e voto disgiunto; ma abbiamo scoperto che all’M5S marchigiano il premio di maggioranza andava bene e sul voto disgiunto neanche una parola. Così oggi andiamo a votare con una legge elettorale che consegnerebbe alla destra un’ampia maggioranza, perché il premio di maggioranza è rimasto, e che impedisce, a chi non la vuole, un voto tattico contro di essa, come in Emilia-Romagna (PD per la Presidenza della Regione, ma solo per non far vincere la destra e senza premio di maggioranza, e M5S o Dipende da Noi per il Consiglio, per condizionare il PD a non fare le schifezze che ha fatto in questi cinque anni).
Chi non vuole la destra, soprattutto questa destra, al governo della Regione, che alternative ha?
Mangialardi rappresenta la continuità con Ceriscioli.
L’M5S regionale (e non solo regionale) non si capisce bene cosa vuole (per esempio, sulla colata di cemento del nuovo ospedale di Macerata dovrebbe essere contrario, ma l’M5S di Macerata è mezzo favorevole).
Ci sarebbe Mancini: ma è un’alternativa destinata a essere minoritaria e marginale.