Mangialardi intona “Vamos alla playa”
Acquaroli si veste da paggetto della Meloni

STRATEGIE - Il candidato del centrosinistra ha stabilito di realizzare la sua campagna elettorale in stile Papeete lungo tutto il litorale marchigiano, come se valori, identità e tradizioni fossero variabili del tutto trascurabili. Corsa all'insegna della leggerezza anche nello schieramento opposto: esilarante l'apparizione del deputato di Fdi accanto alla sua leader a Loro Piceno. Ma lui è in vantaggio

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di Fabrizio Cambriani

Provate a mettervi nei panni di un povero cristo, stremato dalle tante disgrazie che questo 2020 gli ha fin qui riservato: l’epidemia, la quarantena, l’apprensione per il contagio, la crisi, l’ansia di poter perdere il lavoro, le grandinate estive. Tutta roba da fiaccare anche gli spiriti più resistenti e temprati. Supponiamo che il pover’uomo decida di staccare la spina e, almeno per la settima di Ferragosto, di andarsene al mare. Così da rigenerarsi per affrontare, con rinnovato vigore, la seconda parte dell’anno. Una settimana, una sola, all’insegna del totale relax. Senza l’assillo del telefonino, del telegiornale, delle fatture e delle bollette da pagare. Immaginatelo disteso e sonnecchiante su di un lettino al riparo dal sole sotto l’ombrellone, mentre sta ascoltando la sua musica preferita, quando all’improvviso – incedendo con la solennità di un dio ctonio – si vede comparire davanti Mangialardi con tutto il suo codazzo di questuanti, armati di pieghevoli e santini. Una visione apocalittica – questa sì – da far tremar le vene e i polsi.

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Maurizio Mangialardi con la sua caricatura pronto a dare il via al beach tour

Perché, pensa lettor, Mangialardi, dopo accurata e profondissima riflessione e in ciò confortato dal suo trust di cervelli, ha definitivamente stabilito e deliberato di realizzare la sua campagna elettorale lungo tutto il litorale marchigiano. Oltre 170 chilometri: scalzo sulla rena, aspra per il vorticoso mulinar del mare e infuocata dal solleone di agosto. Da lunedì prossimo e con sprezzo del pericolo risalirà l’Adriatico, l’intrepido Mangialardi. Da San Benedetto a Gabicce (il 12 sarà sul lungomare nord di Civitanova). Abbigliato di pelo di cammello e nutrendosi – per otto lunghissimi giorni – solo di locuste e miele selvatico. Per aggiudicarsi non già, come i berberi, l’ultima polla d’acqua del Maghreb, ma per contendere – così almeno narrano i suoi aedi – l’ultimo voto all’avversario Acquaroli. Il quale, stando a tendenziose e perniciose novelle diffuse dai suoi corifei, sarebbe di gran lunga in vantaggio e perciò destinato prossimamente ad assurgere – primo tra i destri – all’ambìto, ottavo piano di palazzo Raffaello. E, fin qui, questo è quanto.

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Francesco Acquaroli e Giorgia Meloni a Loro Piceno, dove lei si è vestita da sposa per sensibilizzare sulla crisi del settore

Tornando con i piedi per terra, quello che più colpisce è la leggerezza d’animo con cui si sta affrontando quella che dovrebbe essere una sfida decisiva che riguarda il futuro delle Marche. Come se valori, identità e tradizioni fossero variabili del tutto trascurabili. Tanto da essere sacrificate e sostituite da carnevalate da fischiettare sull’aria di vamos a la playa oh-oh-oh-oh. Ma pare sia solo questa l’unica declinazione possibile del tanto celebrato riformismo in nome del quale si sono annullate le differenze tra destra e sinistra. Omologando pensieri e comportamenti e, dettaglio affatto trascurabile, si sono persi voti a milioni. Così che verrebbe voglia di trasformare il claim #leMarcheintesta con un più pedestre, ma schietto #machechaveteintesta? A sei settimane dal voto, Mangialardi non riesce ancora a esprimere un messaggio chiaro. Non si capisce bene se sia lo sfidante o il suo avversario. Non c’è ancora un programma. I temi si affrontano al massimo per titoli. Le sollecitazioni che arrivano da importanti personalità, non solo non vengono raccolte, ma temo non siano nemmeno lette. Lo stesso, specularmente, vale dall’altra parte, per lo schieramento guidato da Acquaroli. Anche in termini di immagine. Esilarante la sua apparizione, nelle vesti di paggetto, di una Meloni agghindata in abito da sposa. Immobile e imbarazzatissimo – come un calciatore in barriera – con entrambe le mani a proteggersi le pudende, manco se da un momento all’altro, il cameraman avesse dovuto battere un calcio di punizione al limite dell’area di rigore.

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Daniela Tisi, dal M5S alla Lega

Ma a destra, addirittura oltre al vuoto di pensiero, c’è l’ostentazione dell’indifferenza a ogni ideale. L’impalpabile trasmigrazione da partito a partito. Chi doveva essere addirittura candidato presidente con la Lega, retrocede a consigliere con Forza Italia. Colei che solo due anni fa si candidava al parlamento con il Movimento 5 Stelle, oggi lo fa in regione con la Lega. E continuando giù per li rami, ci si accorge di come la politica sia diventato un coacervo inestricabile di aspirazioni solo personali non sorrette da nessuna base ideale. Né tantomeno da alcuna tensione morale. L’avvento di un’intera generazione cresciuta a liofilizzati e spot pubblicitari che, incapace di colmare il proprio vuoto culturale e politico, detta l’agenda dell’effimero. Eludendo ogni dibattito e trasformando tutto in set cinematografico. E successivamente, in clip da rilanciare ossessivamente sui social. Valutandole, per qualità, solo per il numero di visualizzazioni.

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Si vota il 20 e 21 settembre

La convinzione che i gravi problemi che ci affliggono si possano risolvere da uno stabilimento balneare. Sudaticci, libando a mojito, al ritmo di musica caraibica e possibilmente circondati da belle gnocche. Il Papeete insegna. Oppure ritenere che ciondolare tra sdraie e ombrelloni – come venditori ambulanti di cocco – stringendo mani e offrendo volantini per otto giorni interi, sia il sistema migliore per persuadere a votare questo o quel candidato. Dimenticando che, da Mosè in poi, chiunque sia stato chiamato a fare da guida a un popolo si è sempre posto davanti a esso. E non lo ha mai inseguito con accattivanti slogan. Figuriamoci quello: pinne, fucile e occhiali. Si dirà che è il segno dei tempi. E allora bisognerebbe provare a ribaltare il concetto affermando che è tempo di segni: primo tra tutti quello di smettere di trattare il popolo come massa informe di spettatori idioti. Probabilmente ci si renderà conto della propria inadeguatezza rispetto al ruolo a cui ci si candida. Ma, se non altro, sarebbe un gran passo avanti.

Loro Piceno, Meloni vestita da sposa: «Riaccendiamo riflettori sui matrimoni» (Video)

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