di Renzo Merlini*
Sul datore di lavoro incombono gli obblighi e le responsabilità derivanti dal mancato adempimento dei doveri del Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (d.lgs. 81/2008) nonché del principio di tutela delle condizioni del lavoratore di cui all’art. 2087 c.c. il quale dispone che l’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica. Il Testo unico richiama e sviluppa tale concetto prevedendo la nota valutazione di “tutti i rischi per la salute e la sicurezza presenti nell’ambito dell’organizzazione” richiedendo al datore di lavoro di adottare la “diligenza del buon padre di famiglia”, ovvero sposare e condividere, con la propria organizzazione, le raccomandazioni fornite dalle Autorità, calandole nel proprio contesto operativo. E oggi, al tempo del Covid-19, il concetto di sicurezza e rispetto della normativa a tutela dei lavoratori implica necessariamente anche al rispetto delle misure di sicurezza promananti dalla presidenza del Consiglio dei ministri e del ministero della Salute.
La condivisione delle misure igieniche (lavarsi le mani, evitare il contatto ravvicinato, non toccarsi occhi, naso e bocca) e ancor di più quelle per evitare la diffusione (trasferte, spostamenti, visite presso clienti, riunioni, etc.) dovrà essere calata nel proprio contesto organizzativo. Ciò è di notevole importanza soprattutto nella “Fase 2” dell’emergenza quando si procederà alla ripresa delle attività economiche. Infatti il datore viene chiamato a rispondere, sia individualmente che come “ente”, per l’infortunio o la malattia occorsa al lavoratore per non aver predisposto tutte le cautele fisiche, tecniche e giuridiche rispetto al rischio lavorativo che il garante (il Datore di lavoro) è chiamato a governare. Ciò, a maggior ragione, viene in luce in quelle valutazioni del rischio che si intersecano tra la normativa sulla salute e sulla sicurezza sui luoghi di lavoro (D. Lgs. 81/2008) e quella sulla responsabilità degli enti (D. Lgs. 231/2001). Nella sequela fenomenica comunque può inserirsi un evento che interrompe la causalità (naturale o giuridica) da cui promanano le varie forme di responsabilità. E in questo momento storico non si può trascurare l’imprevedibilità determinata dall’emergenza da Coronavirus.
Ci si deve, cioè, soffermare sul concetto preliminare di rischio (ossia probabilità diversificazione del pericolo) che il datore di lavoro deve poter dominare, escludendo dalla responsabilità datoriale tutte le condotte che non rientrano nel rischio che le norme cautelari vogliono presidiare. La responsabilità sussiste tutte le volte che il fatto prevedibile sia ricollegabile alla inosservanza delle norme stesse secondo i principi dettati dagli articoli 40 e 41 c.p. circostanza che deve allertare i datori di lavoro soprattutto nella fase di ripresa delle attività, portandoli al pieno rispetto dei protocolli. Si consideri che rispetto al momento iniziale della pandemia oggi, pur nella permanente incertezza che aleggia intorno al Covid-19, non si può più invocare il concetto della forza maggiore che postula la momentanea individuazione di un fatto imponderabile. Non ci si può giovare di tale concetto visto che siamo in presenza di un accadimento che da ignoto e imprevisto è divenuto noto. Per ciò che concerne lo specifico obbligo di aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi di cui all’art. 28 del decreto 81/08 in relazione al Covid-19, è necessario precisare che sul tema si sono affermate due opposte correnti di pensiero che dibattono sulla riconducibilità del Covid nel concetto di “rischio professionale” e che la maggior tutela per l’impresa sarebbe garantita dall’aggiornamento del Dvr con lo specifico rischio derivante da Covid-19. Ad modo tale documento è comunque subvalente rispetto alle citate normative speciali emanate in via d’urgenza a tutela dell’incolumità pubblica e della salute della collettività. Il datore di lavoro dovrà comunque adottare – anche di concerto con Rspp, medico competente e con tutte le figure coinvolte nella gestione della sicurezza – misure preventive finalizzate ad aumentare il livello di sicurezza all’interno dell’azienda, in particolare valutando la necessità di predisporre un piano di emergenza specifico in caso di rischio di contagio che preveda anche una procedura ad hoc qualora vi sia il sospetto o si accerti la presenza, all’interno dell’azienda, di un lavoratore contagiato. Infatti il punto focale è rappresentato dalla responsabilità di tipo civile e penale che il datore di lavoro ha sia in eligendo che in vigilando. Pertanto è fondamentale che le misure di gestione del rischio, tanto quelle di natura pratico-organizzativa che quelle documentali- probatorie, siano specifiche per ogni realtà e il datore di lavoro non deve perciò incorrere in formule standard. Il rischio Covid-19 impatta su molti elementi della realtà aziendale: ambiente di lavoro, organizzazione degli spazi, processi di lavoro, mansioni, gestione dei rapporti con i fornitori, utilizzo di attrezzature/macchinari; protocollo di sorveglianza sanitaria, rischio interferenza; gestione della manutenzione impianti con particolare rilievo alla climatizzazione, e tali fattori di valutazione hanno una natura soggettiva. Nell’attuazione di misure preventive non bisogna tuttavia dimenticare che l’eventuale raccolta di informazioni relative alla salute comporta un trattamento dei dati personali, che come tale deve obbligatoriamente essere effettuato in conformità a quanto previsto dal Regolamento (UE) 2016/ 679 e dalla vigente normativa in materia di protezione dei dati personali. Sempre nell’ambito della tutela del datore di lavoro, si consiglia di verificare se le polizze della Responsabilità Civile contengono la previsione di una specifica clausola di garanzia relativa allo specifico rischio Covid-19 per i lavoratori dell’azienda e in mancanza è consigliabile provvedere al tempestivo adeguamento delle polizze. Da ultimo si segnala che gli Ispettori dell’Asur e gli enti preposti sono stati incaricati di procedere a ispezioni mirate, a campione o su segnalazione, presso le aziende e gli studi professionali al fine di verificare il puntuale rispetto delle norme di sicurezza.
* Avvocato, interviene sulla responsabilità del datore di lavoro in materia di tutela dei dipendenti dal rischio di contagio da Coronavirus
Bravo avvocato per aver pubblicato questo articolo, questo messaggio mn deve essere solo percepito dalle grando aziende a anche dai piccoli impreditori che, mi dispiace dirlo ma per loro il DUVRI e' una gran perdita di tempo.Ad esempio so per certo che ad oggi molti laboratori di sanificati nn sono stati sanificati. Nn possono esserci lavoratori di serie A e lavoratori di serie B.
"Incombe" dà proprio il senso di questa enesima farsa ai danni dei piccoli artigiani che rispettosi delle normative vengono sempre più strozzati da spese assurde e crescenti a fronte invece di un calo inarrestabile del lavoro.
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Bravo Renzo. Un contributo utilissimo.
Ok, e questo già lo sapevamo, un dipendente che, magari in un attimo di disattenzione, si fa male la colpa è sempre del datore di lavoro, ma ora, anche se il datore di lavoro applica tutte le direttive di Legge, se il dipendente si ammala di coronavirus come fa il datore di lavoro ad essere responsabile dato che, a differenza di un infortunio, il dipendente può aver contratto il virus al di fuori della fabbrica, cantiere o altro luogo di lavoro?
Grazie a tutti i lettori di Cronache Maceratesi per aver dedicato qualche minuto alla lettura del nostro articolo. Provvederemo a pubblicarne altri sulla medesima questione, con contenuti aggiuntivi.