«Mio padre nel letto accanto al mio,
gli ho taciuto che mamma era morta»

CORONAVIRUS - Stefano Giuli, 50 anni, di Pioraco, è stato dimesso dall'ospedale dopo aver contratto il Covid. Ha perso la madre, Anna Maria. Suo padre, pure lui contagiato, si è ripreso e ora attendono insieme l'esito del tampone per sapere se sono guariti. «Trattenevo le lacrime per paura di soffocare, ringrazio tutto il personale sanitario, sono angeli»

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Girolamo e Stefano Giuli

 

di Francesca Marsili

«Ricoverato nel reparto Covid di Camerino trattenevo le lacrime, temevo che piangendo sarei rimasto soffocato. Il virus maledetto si era appena portato via mia madre senza che potessi farle l’ultima carezza. Disteso accanto al mio letto, nel suo, c’era mio padre. La malattia aveva colpito anche lui e che sua moglie non c’era più, ho scelto di dirglielo solo quando sarebbe stato fuori pericolo». Dalle parole di Stefano Giuli emerge tutta la sofferenza di chi ha visto inerme stravolgere la sua vita e quella delle sua famiglia da uno tsunami chiamato Coronavirus. Sua mamma risultata positiva alla malattia è morta il 17 marzo all’ospedale di Macerata, mentre lui e suo padre stavano combattendo il medesimo nemico nel presidio Covid camerte. Prova a ripercorre quelle terribili settimane Giuli, 50enne di Pioraco, ancora fortemente provato. Silenziosamente, quella che chiamano sindrome respiratoria acuta, aveva ammorbato a pochi giorni di distanza il figlio, la madre e poi il padre.

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Personale al lavoro all’ospedale di Camerino

«Dopo diversi giorni di febbre alta “anomala” senza tosse né astenia, il 2 marzo ho deciso di chiamare il mio medico di base il quale dopo un’accurata visita mi ha consigliato di fare urgentemente una radiografia al torace – racconta l’uomo a Cronache Maceratesi -. Tre giorni dopo, dall’ospedale di San Severino dopo aver svolto l’esame diagnostico, sono tornato a casa seguendo i consigli del medico di pronto soccorso che scrupolosamente mi aveva suggerito di mettermi in isolamento cautelativo dai miei familiari, di indossare la mascherina, di prendere la Tachipirina e attendere l’esecuzione del tampone su segnalazione al servizio preposto». Donatore Avis, sportivo da sempre: cintura nera di karate Giuli, dice di essere sempre stato un leone fino a quando, dopo la positività al test, la sera del 10 marzo perde conoscenza in bagno. Sua moglie chiama il 118 e viene d’urgenza trasportato in ambulanza e ricoverato al Covid Hospital di Camerino. «Sembrava come se di botto fosse crollato qualcosa. Era la prima volta in vita mia che mi capitava di svenire e di temere realmente di morire». Come un drammatico copione la sera precedente, la stessa sorte era toccata a sua madre Anna Maria ammalatasi anch’ella, svenuta tra le braccia del marito e ricoverata al nosocomio di Macerata. E poi ancora, qualche giorno dopo, a suo padre Girolamo finito febbricitante e privo di forze al Covid di Camerino come suo figlio. Distanti a combattere un comune nemico, quello che avrebbe strappato alla vita Anna Maria senza la sua famiglia potesse salutarla per l’ultima volta. «Io e mio padre eravamo ricoverati in stanze diverse, lui stava molto peggio di me. Solo quando grazie alla caposala Rosa è stato trasferito nella mia stessa stanza ha iniziato a migliorare. Era il giorno del funerale di mia mamma. Atroce non poterle fare un’ultima carezza com’era difficile nascondere le lacrime a mio padre accanto a me e mi faceva domande chiedendomi notizie di lei. Ma assieme al personale sanitario avevamo deciso di risparmiargli quel colpo troppo forte in un momento in cui sembrava reagire alla malattia». Ora Stefano e Girolamo sono a casa, in quarantena e in attesa del tampone che li dichiari definitivamente guariti. Da curare resta la ferita dell’anima. Ma è a tutto il personale medico incontrato nel suo percorso verso l’uscita dalla malattia che Giuli vuole rivolgere attraverso la sua testimonianza «Grazie dal profondo del cuore. Grazie per tutto quello che avete fatto con una passione senza fine che nutrite per il vostro lavoro. Con gentilezza non vi siete mai tirati indietro. Grazie al mio medico di base che tempestivamente è corso a casa mia. Al medico di pronto soccorso di San Severino che mi ha seguito sino a quando sono stato ricoverato in ospedale e grazie alla caposala del reparto di Camerino che ha salvato la vita a mio padre permettendo di farlo stare accanto a me nel momento in cui stavo perdendo mia madre. Siete tutti degli angeli custodi».

 

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