Coro di proteste dei ristoratori:
«E’ freddo per riaprire nell’entroterra,
il decreto un contentino»

I TITOLARI di ristoranti devono fare i conti col termometro. Valentini (Navigante): «Difficile pensare di far mangiare la gente fuori, speriamo nell’arrivo dell’estate». Fabrizi (agriturismo Le Casette): «Impossibile servire i clienti all’esterno». Bottacchiari (Villa Fornari): «Con queste regole siamo alla follia»

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Dal Navigante

 

di Monia Orazi

Resteranno chiusi per “freddo”, in attesa di tempi migliori, i ristoranti della zona interna montana, con il paradosso di poter ospitare all’interno gli operai della ricostruzione e fuori eventuali abitanti del posto o turisti, che volessero degustare le specialità dei Sibillini.

«Da noi al mattino presto le temperature sono ancora sotto lo zero – Daniele Valentini del Navigante di Castelsantangelo -, difficile pensare di far mangiare la gente fuori, continueremo con gli operai della ricostruzione, che hanno il contratto mensa. Speriamo solo nell’arrivo dell’estate e che nel frattempo cambi qualche decreto, per iniziare a lavorare. Nel 2019 non abbiamo avuto fatturato, essendo chiusi dopo il sisma, dunque non abbiamo avuto ristori. Nonostante tutto cerchiamo di essere positivi, da queste parti le ditte iniziano ad esserci, andiamo avanti aspettando che la situazione migliori».

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Il lago di Fiastra

Sulle colline di Fiastra, per il momento rimane fermo l’agriturismo Le Casette, come spiega il titolare Fabrizio Fabrizi: «Questa mattina c’erano sette gradi, noi abbiamo tanto spazio fuori, ma con queste temperature, ancora più basse la sera, è totalmente inutilizzabile. Speriamo che questi mesi passino presto, al momento non possiamo fare nulla. Speriamo nell’estate, quando il virus dovrebbe allentare la presa, si ridurranno le restrizioni e si potrà tornare a fare ristorazione. Con questo freddo mangiare all’aperto è praticamente impossibile, aspettiamo giugno, come tutti abbiamo voglia di ripartire ed offrire un servizio».

Racconta il paradosso di poter far mangiare gli operai della ricostruzione all’interno del proprio locale, ed eventuali turisti fuori, Tonino Cappa, del ristorante La Filanda a Visso.

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La famiglia Cappa

«Non sappiamo come potremo offrire un servizio di ristorazione all’esterno – dice Cappa -, fuori la sera sono quattro gradi, impensabile mangiare fuori a cena, inoltre il nostro spazio all’esterno è limitato. Abbiamo gli operai delle ditte che sono qua a ricostruire che mangiano all’interno, nel rispetto di tutti i protocolli, con il contratto mensa. Immagino cosa possa accadere se altre persone come i turisti, saranno costretti a mangiare fuori, con temperature non ancora estive. Vedranno gli altri dentro e potrebbe crearsi scontento, sarebbe qualcosa di davvero anomalo. Non credo che a creare problemi con il Covid siano locali come bar e ristoranti, che hanno investito per rispettare i protocolli di sicurezza. Noi andiamo avanti e speriamo che la situazione migliori».

Andrea Properzi

Andrae Properzi

In montagna appare molto arduo mangiare all’esterno con queste temperature, come spiega Andrea Properzi, titolare della baita la Capannina de lu puciu a Sassotetto di Sarnano: «Non riapriremo il 26 aprile che è un lunedì, ma per il fine settimana del primo maggio. Bisognerà vedere come sarà il tempo, perchè a Sassotetto solo pochi giorni fa nevicava. Probabilmente faremo una grigliata all’aperto, a cena viste le temperature non siamo mai stati aperti, tranne in occasioni di eventi. Prima del Covid avevo 200 posti all’interno, poi ridotti della metà, non si può lavorare per aumentare il debito. Chi ha fatto questa legge non si rende conto che è un ristorante non è un’attività in cui basta inserire la chiave per aprire la porta. Siamo la categoria più colpita da questa situazione come se fossimo i cattivi. Per ora metteremo un gazebo all’aperto e vedremo come vanno le cose».

Punterà sull’asporto Emanuela Leli, della baita “La Capanna”, nella vicina Pintura di Bolognola: «Attendiamo di sapere come ripartire, le cose non sono ancora chiare. A Pintura la sera è molto freddo, impensabile mangiare fuori, andremo avanti con un asporto vivace, magari organizzando un menù ricco al bar. La mia struttura ha anche delle camere e ricevo chiamate da chi vuole pernottare, il nostro obiettivo è quello di dare un servizio, ma al momento è difficile darlo, abbiamo pochi tavoli all’aperto.

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Emanuela Leli

Abbiamo voglia di ripartire, vogliamo farlo per sentirci vivi, per dare un segnale che si ricomincia. Voglio essere ottimista, perchè la gente ha voglia di vivere la montagna e penso che la prossima estate sarà positiva». A Valfornace Roberta Liberti, che gestisce l’agriturismo di famiglia, Roccamaia, è disorientata dalle nuove disposizioni: «Non sappiamo davvero come regolarci, è da tanto tempo che siamo fermi, sinceramente la voglia di ripartire c’era. Le persone ci stanno chiamando per il fine settimana del primo maggio, ma è tutto molto incerto. Con queste temperature vorrei vedere chi potrà mangiare fuori la sera, inoltre con il coprifuoco la gente dovrebbe arrivare a cena alle 19, un orario insostenibile per chi lavora. Questo è solo un contentino. C’è sempre l’incognita meteo, che non siamo in grado di prevedere e che potrebbe condizionarci non poco. Speriamo in una modifica di queste regole, in modo da poter ripartire».

Sulle colline di fronte Camerino l’hotel Villa Fornari, non ha mai smesso di servire pasti, a coloro che per lavoro raggiungono la città ducale e pernottano in albergo. Spiega il titolare Alessio Bottacchiari: «Con queste regole siamo alla follia. Vorrei innanzitutto vedere qualcosa di scritto, che sino ad oggi non è arrivato. Noi abbiamo lavorato, anche se poco, offrendo pasti a coloro che pernottano nel nostro albergo, che possono cenare e pranzare in struttura all’interno, nel pieno rispetto dei protocolli vigenti. Da lunedì 26 aprile invece, le persone del posto o i turisti che vorranno mangiare qua da noi, potremmo ospitarli solo fuori. Questa è una discriminazione. Servono regole certe e non interpretabili, quelli a cui assistiamo sono lanci di proposte forse fatti per vedere come reagisce la gente. In zona gialla ci è sempre stato permesso di aprire all’interno con il protocollo di sicurezza, lavorando sino alle 18, garantendo sicurezza e confort alle persone. Non possiamo stilare un calendario di apertura in base alle previsione meteo, un ristorante è un’attività che coinvolge una serie di persone, va organizzata per tempo. Ho dei dipendenti in cassa integrazione, per far mangiare la gente fuori servono gazebo e sistemi di riscaldamento, occorre investire ancora».

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Alessio Bottacchiari

La struttura camerte probabilmente offrirà aperitivi in giardini, conclude Bottacchiari: «Probabilmente ci organizzeremo offrendo un aperitivo in giardino dalle 18 alle 20, impossibile sarebbe offrire la cena con il coprifuoco, non si può far mangiare la gente in una sola ora. Sto valutando i costi, metà della nostra categoria non potrà riaprire perchè non ha spazi all’aperto, va valutato anche chi dovrà pagare l’occupazione di suolo pubblico. Forse era più corretto dire che dovevamo stare chiusi sino a giugno, ma la gente ha voglia di lavorare aprire, offrire ai clienti un servizio, garantendo loro sicurezza e benessere, che è la nostra missione. Un problema ulteriore è il rinvio a giugno delle cerimonie di cresima e comunione che erano previste in aprile, le date si accavallano con quelle di giugno, le mamme chiamano per sapere se dovranno stare all’aperto per i ricevimenti, al momento è così. Chi mangia dentro con contratto mensa o perchè pernotta in albergo allora non rischia nulla, così come chi ha mangiato o preso un caffè negli autogrill, rimasti sempre aperti. Siamo al paradosso, avrò i turisti che mangiano fuori, guardando gli ospiti dell’hotel che mangiano dentro? Così è difficile programmare, servono regole chiare, controlli efficaci, in modo che possiamo lavorare».

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