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(In alto la galleria dell’inaugurazione del nuovo orologio, foto di Lucrezia Benfatto)
di Maurizio Verdenelli
L’analisi di Maria Candida Stella è di quella da lasciare senza fiato mentre, appena sotto, tutto è pronto per il concerto di campane. E giù la piazza, a differenza di quella descritta da Dolores Prato a Treia, stavolta c’è un sacco di gente. E tanti stranieri, molti i francesi e gli inglesi, venuti a Macerata in un week end particolarissimo per il ‘miracolo’ dei Magi (“Pardon, dov’è piazza della Libertà, please?”).
Scandisce bene, nella sala consiliare affollata, la professoressa Troscè (il cui lungo ed elaborato nome preferisce abbreviare in Mariella): “A Libero il nuovo orologio non sarebbe piaciuto”.
C’è un silenzio glaciale tra i banchi dove, seppure in posizioni (per la prima volta) diametralmente opposte, siedono low profile il sindaco Romano Carancini e l’assessore alla Cultura, Stefania Monteverde, dopo aver lanciato il convegno: “Orologi e altro, ricordo di Libero Paci, storico della Città”.
Libero, citato dalla devotissima prof. Troscè (che, studentessa, allo storico deve molte indicazioni e consigli) è appunto Paci, che orgogliosamente, mai peraltro dimenticando le origini fermane, rivendicava “d’essere nato sotto la Torre”. Già, cosa avrebbe scritto ‘lo storico maceratese’ per eccellenza, morto il 21 febbraio dello scorso anno, del ‘carosello dei Magi’ e della ricostruzione dell’antico meccanismo dei fratelli Ranieri? Un’operazione filologicamente ‘imperfetta’, interprete del pensiero del suo ‘antico maestro’? Sarebbe o no balenata, nella bonomia e nello sconfinato amore per tutto ciò che era maceratese, la lama tagliente, improvvisa e sempre semanticamente corretta di una controverità? Quella che Paci tirava fuori, quasi incurante, dal suo magico, infinito cilindro di conoscenze di cui lui solo deteneva segreto ed accesso. Con la sua morte, si può benissimo dire, col celebre detto africano, che tutta una filiera di ‘notizie’ legate al territorio negli ultimi quattro, cinque secoli è andata a fuoco. Irrimediabilmente.
“Di lui a noi resta –ha detto la dott.ssa Alessandra Sfrappini, dirigente del servizio Cultura – la ‘Storia di Macerata’ in tre volumi, scritta con Aldo Adversi e Dante Cecchi, una bellissima Guida storico-artistica della Città, edita nel ’70, con disegni di Virgì Bonifazi e note di Giulio Bruschi; due pubblicazioni su Sferisterio e palazzo Buonaccorsi. E del suo impegno sui giornali locali, il libro ‘Ma c’era Macerata’ con illustrazioni di Magdalo Mussio (che edito anni fa da Manuela Grelloni, raccoglie a cura di Guido Garufi e Carlo Babini articoli scritti per ‘Il Messaggero’ ndr)”.
In precedenza Carancini ha parlato di Paci come di ‘un meraviglioso dipendente comunale, che era stato, prima d’essere bibliotecario, segretario personale di Otello Perugini, il miglior sindaco della storia del dopoguerra” ed aveva invitato i giovani a riscoprire ‘Macerata attraverso le storie di Libero Paci”. Che ricordò così, ironizzando al solito, la nuova qualifica (cui peraltro Perugini aveva aderito controvoglia dicendo a chi lo raccomandava: E mannimilu! Me pare tanto mbupitu! Vidimu ‘mbo): “Subito gli amici mi dissero ‘Capo dei gabinetti comunali’.
Da parte sua la prof.ssa Monteverde ha parlato di Racconto aperto sulla città, attraverso Paci: “La città vuole parlare, attraverso Libero, di se stessa”. Una ricostruzione ‘pop’ fuori dalle ufficialità, senza vestire l’abito da sera dello storico professionista ma con l’abito leggero da pomeriggio (per dirla con Karl Marx) del giornalista. Abito che Libero indossò nell’ultima, lunga parte del suo impegno di scrittore. “Aveva un rapporto stretto con la città, l’amava profondamente dall’antro che era il suo fumigante regno dove la luce filtrava a fatica: la Sala Castiglioni prima del restauro. La sua cultura , mai ingessata: era un grande maestro di Storia. La scriveva perché fosse compresa da tutti e perché diventasse affascinante per i giovani. Su di noi, seppure con tanto affetto, un po’ ironizzava, con il consueto incandescente brillio negli occhi: “Siete la succursale di Geriatria” ha ricordato con un sorriso il prof. Nazzareno Gaspari nelle veci della presidentessa dell’Accademia dei Catenati, Angiola Maria Napolioni, trattenuta a Milano per impegni di famiglia. “Libero era intrecciato a Macerata così come noi: tanto che nel gonfalone cittadino del ‘600 c’è l’effigie di un mucchietto di libri ad indicare l’esistenza di questa Accademia famosa in Italia sin dal secolo prima” ha aggiunto l’ex preside dell’ITC ‘Gentili’, già braccio destro dell’ex sindaco Maulo.
La storia di Macerata, scritta alla maniera di Indro Montanelli, apparve sin dagli ’80 sulle cronache del Messaggero –è stato ricordato da chi scrive (leggi l’articolo)- in anni fortunati per la redazione di Macerata. ‘Dietro’ a Libero, ecco le firme di un drappello che molto si sarebbero illustrati: Hermas H. Ercoli (che s’appassionò alle Historie su quelle tracce gloriose), Luciano Magnalbò, Mario Cavallaro, Andrea Angeli, Emanuela Fiorentino (ora vicedirettore di ‘Panorama’), Ermanno Calzolaio, Laura Trovellesi, Maria Grazia Capulli, Fulvio Fulvi, Luca Patrassi. E il poeta Remo Pagnanelli che con il ‘sodale’ Guido Garufi –entrambi avevano fondato il circolo ‘Verso’- approdò …in prosa sulle colonne del quotidiano romano.
Finita, dopo anni, l’esperienza al ‘Messaggero’, per Libero si aprirono le porte del mensile maceratese ‘La Rucola’ e nacque una grande, lunga amicizia con Fernando Pallocchini. “Tengo ancora le sue minute, a me dava sempre l’ultima copia, che siccome era probabilmente l’ultima di una lunga serie, risultava quasi illeggibile. Per me era tuttavia un oggetto di culto. Poi, rompendosi per sempre la sua mitica Olivetti d’epoca (con i tasti che saltavano da tutte le parti) provai a passargli uno dei miei Pc. Macché, lo considerava un’invenzione del diavolo! Allora in cantina tirai fuori una ‘vecchia’ Olivetti Lettera 32. Anche quella non gli andava troppo bene: tasti troppo leggeri rispetto a quelli metallici, pesanti degli anni 30 e 40 dove Libero scatenava la propria inesausta ‘passione’ per la scrittura”. Fernando ha poi letto una di quelle originali ‘veline’ di Paci per ricordare un evento famoso del territorio, cui lui aveva partecipato nelle prime edizioni. Parliamo del pellegrinaggio Macerata-Loreto che meteorologicamente s’affidava prima d’ogni partenza ad un personaggio ‘Vincè de li terremoti’. Il quale puntualmente azzeccava sia scosse telluriche sia pioggia in arrivo. Un vero spasso, naturalmente il racconto. Come quello con al centro Achille Starace, in occasione della visita del Duce a Macerata. Il segretario del PNF, accorgendosi dall’alto come la folla in piazza non fosse del tutto compatta vicino alla chiesa –racconta Paci- ordinò al megafono: “Tappatemi il buco!!!”. Fu naturalmente accontentato. Il ‘buco’ fu all’istante tappato (quello in piazza, è chiaro) mentre Mussolini veniva a bella posta attardato nei saloni del palazzo del Governo prima di fare il suo ingresso nella Loggia dei Mercanti e mostrarsi alla folla che si teneva ancora i fianchi per l’inconsapevole gaffe di Starace, lo scenografo delle adunate oceaniche.
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Se l’incontro in ricordo di Libero Paci non si fosse interrotto, a causa del concerto delle campane in Piazza, non solo si sarebbe ribadito che la replica dell’orologio non sarebbe piaciuta a Libero, come efficacemente dichiarato dalla Professoressa Trosce, che forse è oggi la maggiore conoscitrice della storia locale. Quello che sarebbe potuto emergere dal mancato dibattito è il forte contrasto culturale e umano con il convegno del giorno prima tenuto da noti luminari e accademici proprio nel dirimpettaio auditorium.
E’ noto che gli “accademici” ritengono il campo della storia locale un terreno pericoloso e mal frequentato. Un luogo da evitare assolutamente perché si possono fare brutti incontri con personaggi che magari hanno letto davvero i documenti originali e soprattutto sono immuni dal “feticismo documentale”. Magari gli vengono spontanee alcune verità come quella detta dalla Trosce sull’orologio veramente originario e più antico (metà trecento circa) collocato sul vecchio Palazzo Comunale (oggi parte della Prefettura).