di Maria Cristina Pasquali
Il personaggio di oggi, Marta Pallotto, classe 1981, di Montecassiano, è particolarmente interessante, come molti giovani che lavorano nel mondo della ricerca. Sorprendente è la sua passione per lo studio scientifico del cervello. Ma è ancora più encomiabile l’essere pronti a fare tutto per seguire questa passione di grande spessore nel campo scientifico essendo anche disposti ad accollarsi le conseguenze delle proprie scelte, temporanee o definitive che siano. Anche questo va sottolineato. Infatti se da una parte in Italia c’è un alto tasso di disoccupazione, è anche vero che spesso i nostri giovani all’estero se ne vanno per trovare un’occupazione che amano veramente e che, anche in tempi più felici, non sarebbe stato per niente facile conseguire in Italia. Insomma si fa anche una scelta di vita. Marta dichiara che la più grande gioia che ha è fare quello che le piace. E cosa c’è di più bello nella vita che seguire le proprie passioni? Volendo fare un paragone non del tutto ortodosso sarebbe la stessa differenza che c’è tra sposarsi per vero amore o per sistemarsi. Infatti ci dovremmo anche domandare: quante persone riescono a fare il lavoro che le appassiona e quante un lavoro che non amano? Marta Pallotto è ricercatrice in un settore estremamente affascinante e quanto mai attuale, la rigenerazione dei neuroni , un settore che potrebbe dare una svolta importante nella conoscenza del cervello umano e dei suoi disturbi.
Parlaci delle tua formazione e delle tue esperienze fino ad oggi.
Vivo negli Stati Uniti da 2 anni, ma ho fatto altre esperienze all’estero, a Parigi e a Zurigo. A Macerata ho frequentato il liceo Socio-Psico-Pedagogico Matteo Ricci, poi mi sono trasferita a Camerino per studiare biologia all’Università degli Studi. Nello studiare psicologia al Socio Pedagogico di Macerata mi aveva incuriosito lo studio dei processi mentali, ma cercavo un’approccio più scientifico e meno umanistico, per questo motivo dopo la laurea triennale mi sono trasferita a Torino per seguire un corso di laurea magistrale in neurobiologia. Ho poi proseguito con un dottorato in cotutela tra l’Università di Torino e l’Università Pierre et Marie Curie a Parigi in neuroscienze. Finito il dottorato, nel 2012, ho passato alcuni mesi a Zurigo, per una collaborazione e poi ad ottobre mi sono trasferita negli Stati Uniti al National Institute of Health, per la precisione a Bethesda, Maryland, poco distante da Washington DC.
Di che cosa si occupano questi Istituti?
Gli Istituti sono uno dei centri più avanzati a livello mondiale ed il punto di riferimento negli Stati Uniti nella ricerca biomedica. Gli NIH sono infatti la prima agenzia del governo degli Stati Uniti per quanto riguarda la ricerca biomedica. Essi sono infatti responsabili di circa il 28% – circa 26.4 miliardi di dollari dei fondi totali utilizzati annualmente negli Stati Uniti per la ricerca biomedica (la parte restante proviene quasi interamente dai privati). Il National Institute of Mental Health (NIMH) fondato nel 1949, studia le malattie della mente attraverso ricerca di base sul cervello e sul comportamento
In che cosa consiste il tuo lavoro di ricerca?
Sto facendo un postdoc al National Institute of Health (NIH). Studio i neuroni di una particolare area del cervello, chiamata bulbo olfattivo. Alcuni neuroni in quest’area sono in grado di rigenerarsi ed integrarsi nel cervello adulto. Io cerco di capire come questi neuroni generati nell’adulto si integrino e diventino parte di un circuito di neuroni pre-esistenti. Utilizziamo tecniche all’avanguardia nella ricerca scientifica come il microscopio a due fotoni, indicatori del calcio, optogenetica e ricostruzioni seriali al microscopio elettronico. Infatti, uno del goal del nostro laboratorio è quello di sviluppare mezzi per lo studio delle connesioni del cervello. A questo proposito c’è una nuova branca delle neuroscienze che si sta sviluppando molto in questi anni: la connettomica, che si propone di studiare le connessioni tra neuroni nel cervello per ottenerne una mappa dettagliata.
Nonostante io faccia ricerca di base, ci sono anche risvolti applicativi nei miei studi. Il solo fatto che ci sia possibilità di neurogenesi nel cervello adulto può avere importanti conseguenze nella terapia delle malattie neurodegenerative. In alcune aree del nostro cervello c’e’ una fonte di neuroni indifferenziati che potrebbero servire per rimpiazzare quelli “andati a male” in seguito a malattie neurodegenerative o traumi. Ma per fare cio’ bisogna capire come i neuroni generati nell’adulto, si differenzino, come indirizzarli nel luogo giusto e come si integrino. Io mi occupo principalmente di quest’ultima parte, dell’integrazione, studio, infatti come i neuroni nati nell’adulto modifichino la circuiteria pre-esistente. Mi piace molto questo argomento perche’ evidenzia una caratteristica del nostro cervello che spesso sottovalutiamo, ovvero, la plasticita’. Il nostro cervello e’ un organo molto “plastico”, ovvero adattabile ai cambiamenti e capace di “imparare” nuove cose anche nell’adulto.
Da Montecassiano a Washington c’è una grande distanza… Come è stato il salto nel continente americano?
Mi piace molto il mio lavoro, i miei colleghi e mi trovo bene con i miei nuovi amici, ma devo ammettere che mi manca molto lo stile di vita europeo, dove le distanze non sono enormi, dove i negozi non sono solo mall (centro commerciale ndr), dove non serve necessariamente possedere un’automobile. Gli americani sono estremamente gentili e cordiali, anche se a volte mi chiedo quanto questa cordialità sia genuina.
In sostanza cosa ti ha spinto a lasciare l’Italia?
Ho lasciato l’Italia perchè volevo dedicarmi al progetto a cui sto lavorando, ed imparare le tecniche di laboratorio che sto utilizzando. Volevo fare un esperienza all’estero per perfezionare l’inglese e confrontarmi con una realtà diversa. Mi sarei trasferita all’estero anche se la situazione politica ed economica italiana fosse stata migliore. Nell’ambito della ricerca è importante, se non fondamentale fare delle esperienze all’estero. Purtroppo, a differenza dei miei colleghi francesi, tedeschi, austriaci o inglesi, non credo che potrò tornare a lavorare in Italia nelle stesse condizioni in cui lavoro negli USA.
Ogni quanto tempo ritorni ?
Circa una volta l’anno. Anche se mi manca l’Italia è più forte il desiderio di viaggiare e conoscere il mondo e nei giorni di ferie mi piace girare anche il Nord e Sud America. Questa primavera sono andata per due settimane in Perù. Viaggiare in America latina e’ molto più economico dagli USA che dall’Europa, quindi voglio approfittarne finchè son qua. Inoltre mi piace molto andare a fare delle escursioni. In Maryland, Virginia e West Virginia ci sono dei bei parchi nazionali molto ben tenuti dove spesso nei weekend con i miei amici andiamo a camminare o ad arrampicare. Mi piace molto il mio lavoro perchè mi permette anche di viaggiare. Almeno una volta all’anno possiamo andare ad una conferenza negli USA o all’estero, ma quasi sempre in grandi città.
Che impressione hai degli altri paesi?
Ho vissuto a Parigi durante il mio dottorato, ed adoro Parigi e la Francia. Non nascondo che in futuro mi piacerebbe trasferirmi in Francia del sud, dove c’e’ una cultura molto più italiana. In generale, ogni volta che viaggio in un paese diverso ho due impressioni opposte: ad uno sguardo più superficiale penso che gli stereotipi che si hanno su una determinata popolazione siano veri, ma ad uno sguardo piu’ profondo, quando ti metti a parlare con la gente del luogo, capisci che la gente è uguale ovunque. Ci sono valori universali come casa, famiglia, lavoro, salute che sono comuni tra i parigini come tra i quechua peruviani e tra gli americani.
Dove abiti ora? Come ti sei organizzata?
Abito in quartiere residenziale a Bethesda, una cittadina a 20 minuti da Washington DC. Il mio quartiere è abbastanza simbolo del “sogno americano”, ci sono case mono-familiari, molto spesso ad un solo piano, con il posto auto nel “front-yard” e uno spazioso “backyard”. Putroppo per andare a fare spesa bisogna guidare downtown in Bethesda o al mall a Rockville, per questo ho dovuto comprare un’automobile. Con il mio stipendio riesco a pagare l’affitto, mantenere un’automobile di piccola cilindrata, abbonamento in palestra e riesco a fare anche dei viaggi. Non navigo nell’oro, ma riesco ad essere autonoma e mettere da parte qualche risparmio. Gli affitti sono un po’ piu’ alti che a Macerata, ma paragonabili ad una grande citta’ italiana, in compenso le case sono molto grandi. Se c’e’ qualcosa che non manca, qui in USA è lo spazio. Vivo con altri 4 ragazzi, italiani e americani in una grande casa. Mi piace avere coinquilini perche’ ci si aiuta un po’ a vicenda nelle faccende domestiche, si ha un po’ di compagnia, ed ovviamente e’ molto piu’ economico. Anche se bisogna essere molto tolleranti ed adattabili per vivere con dei coinquilini a 30 anni.
Nel futuro pensi di tornare a Macerata o in Italia?
Mi piacerebbe davvero molto tornare a vivere a Macerata. Ma considerato il lavoro che amo fare credo sia davvero difficile che torni a Macerata, se non per le vacanze.
C’è qualcosa che non ti piace di Washington?
In generale, l’area di Washington è una zona di passaggio, non solo per italiani ed europei, che sperano di tornare prima o poi nei loro paesi di origine, ma anche per gli Americani stessi. Questo fatto, rende l’area di Washington un posto difficile per coltivare amicizie e legami significativi e duraturi. Inoltre, vivo in una zona molto benestante, con gente con un alto livello di educazione e dove la criminalità è pressochè assente, e questo è un’ottima cosa. Ma a volte mi sembra di vivere troppo in una bolla artificiale, dove manca un po’ di genuina realtà.
Quali tipi di lavoro si trovano con più facilità nel posto in cui vivi?
Nell’ambito della ricerca scientifica si trova lavoro, non facilmente come qualche anno fa, ma con un po’ di impegno ed un buon curriculum si trova lavoro.
Ci sono altri Italiani? Quanti? Hanno un club? Ci sono ristoranti italiani?
Nell’area di Washington ci sono moltissimi italiani. Solo all’ NIH ce ne sono piu’ di 180. Faccio parte di un gruppo chiamato “Italians@NIH” che si propone appunto di riunire gli italiani che lavorano all’NIH per fare network. Ci troviamo a pranzo tutti i giovedi’, organizziamo piccoli eventi come seminari dove cerchiamo di publicizzare la ricerca degli Italiani all’NIH, o eventi sociali. In Washington DC c’e’ anche un’altra associazione chiamata “Italians in WashingtonDC” che raggruppa tutti gli italiani che vivono in zona a prescindere dal luogo di lavoro.
Essendoci molti italiani a DC, ed essendo la cucina italiana molto apprezzata, ci sono anche molti ristorante italiani autentici, che pero’ a volte sono abbastanza costosi. Ci sono anche molti ristorante italo-americani dove servono fettuccini alfredo. E’ sempre molto comico vedere la reazione degli americani quando spieghi loro che fettuccini alfredo non e’ una ricetta italiana.
Rimpiangi qualcosa dell’Italia o delle Marche?
Quando mi sono trasferita a Torino ho capito quanto bella e varia fosse la mia regione e il mio paese, ora che mi sono trasferita all’estero ho capito quanto meravigliosa sia l’Italia. Da italiani diamo per scontato di camminare o vivere in mezzo all’arte e alla storia, in un paesaggio ricco di varietà ed armonia. Qui negli Usa le città sono moderne e considerano un reperto storico una casa costruita nel 1800. Mi manca molto anche il clima temperato dell’Italia (qui è molto freddo d’inverno e molto, troppo caldo d’estate).
Quale è stata l’esperienza più bella o le esperienze che hai fatto da quando sei fuori?
Penso che andare a lavoro ogni mattina felice, quasi ansiosa di fare quel lavoro, quello specifico esperimento, sapere di dover fare tante nuove cose, ma di averne tutti gli strumenti per farle, sapere di poter fare davvero qualcosa di utile, e ritenuto utile dalla società in cui si vive, sia una bellissima sensazione ed esperienza e questo mi rende già molto felice.
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Si vede che negli USA se ne trovano di più (di cervelli da studiare).