Riconvertire l’ospedale “astronave” Covid di Civitanova non ancora consegnato in un centro per la medicina di comunità. Questa l’ipotesi emersa ieri sera nel corso di un convegno online organizzato da Cittaverde al quale hanno partecipato alcuni esperti del settore sanitario, ma anche figure politiche come Vito D’Ambrosio, ex presidente della Regione Marche, Giuseppe Buondonno, Ivo Costamagna ex presidente del Consiglio comunale di Civitanova, Stefano Ghio, consigliere comunale di Civitanova, Natalia Conestà, biologa specializzata in sanità pubblica, e alcune figure tecniche come Claudio Maria Maffei, ex dirigente Inrca, Sofia Di Tizio, ex primario di Anestesia dell’ospedale Lancisi di Ancona.
Al centro del dibattito la realizzazione della struttura per acuti Covid alla nuova fiera di Civitanova. Maffei ha parlato di scelta giusta ma di contenuti sbagliati. «Sarebbe stato più utile fare altre scelte – ha sottolineato – ma la politica non se l’è sentita di prendersi la responsabilità di non fare l’ospedale Covid, con l’atteggiamento di chi dice alla più brutta non servirà. Questo atteggiamento è sbagliato. Credo che sia stato molto forte il ricatto emotivo che ha portato a sostenere un progetto che altrimenti ad una analisi tecnica avrebbe dimostrato essere molto fragile. Ritengo perciò che il progetto è serio ma che però non ha contenuti tecnici che possono essere condivisi. Piuttosto che rigettarlo come un progetto di fantasia preferisco entrare nel merito e dire che si doveva scegliere di non farlo». «Non era la Lombardia il modello da seguire – aggiunge la Di Tizio – Se uno guarda le delibere di Veneto ed Emilia Romagna vede che i soldi sono stati spesi per educazione sanitaria, formazione, assunzione di infermieri e medici, teleconsulto e tele medicina. Guardo alla prossima settimana cosa succederà, poiché con la ripresa delle attività ci si può aspettare un maremoto. Io metterei un po’ di risorse per fare delle equipe sul territorio che sappiano lavorare sul paziente. Qui si tratta di pazienti che a detta dei medici di famiglia e di tutti, anche nelle terapie intensive, si aggravano improvvisamente e quindi bisogna avere i mezzi. Posso seguire dei pazienti a casa se si riesce a fare il tampone, se si riescono a isolare le persone che sono lì, che non è sempre facile, se si riesce a fare un po’ di educazione sanitaria e si forniscono le unità speciali di attività assistenziale e i medici di famiglia dei mezzi di cui hanno bisogno per seguire queste persone, così che non arrivino in ospedale. Abbiamo parlato della fiera, ma io non li vorrei fare arrivare in ospedale, perché se noi non li facciamo arrivare in ospedale vuol dire che abbiamo fatto un passo in avanti nella cura di questi pazienti: li abbiamo tenuti a casa loro, siamo riusciti a far prevenzione, a andare nelle Rsa a fare i tamponi, a insegnare come si mettono mascherine e come si fa la protezione».
Conclusioni affidate a Conestà: «l’ospedalizzazione ha lasciato indietro la medicina del territorio – afferma – Su 1200 unità di continuità assistenziale solo 500 sono state attivate. Quante ne sono state costituite nelle Marche? – chiede – Qui poi c’è anche un danno al settore commerciale. Erano 30 anni che la fiera di Civitanova era in attesa di trasferimento. Poi è stata dimezzata per la realizzazione del palas che pure è utile. Ora se quella struttura non è adeguata come fiera e ci si voglia fare qualcosa di utile e di sanitario propongo un centro di medicina di comunità, un luogo dove fare formazione, sostegno ai medici di base, diagnostica, e le terapie intensive andrebbero smontate e ricollocate negli ospedali o al limite in una tensostruttura vicino ad un ospedale. Non si può pensare di mettere in un luogo così frequentato l’isolamento di pazienti in quarantena o tanto meno aumentare i posti letti (70 annunciati) per farci una traumatologia proprio per il carattere interdisciplinare delle cure».
Auguro a chi è contrario al Covid presso la Fiera di Civitanova di non averne mai bisogno, ma se , malauguratamente dovesse succedere che sappiano dove devono andare!
Non si può, "non si può", per voi è tutto un non si può. Allora vi dico che non possono nemmeno stare i pazienti di covid-19 negli ospedali che dovrebbero curare tutte le patologie. Questi già hanno fretta di smontare; ma che vuoi smontare che già non si rispetta più la distanza di sicurezza?! Ma non vedete la gente? Aspettate un altro mese almeno prima di sentenziare che non serve più. Ci sono rimasti appena una 55ina di pazienti in intensiva e semiintensiva in tutte le Marche se si esclude l'ospedale di Marche Nord, metteteli dentro e trovate altre strutture per i meno gravi, così gli ospedali possono riprendere. La gente si deve curare anche di altre malattie.
diventerebbe come la Bicocca a Monza, giovani medici con molto indotto
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