Un’antica storia risalente a prima della pace tra Guelfi e Ghibellini. Sulla via della Macerata sommersa l’architetto Silvano Iommi ricostruisce l’affascinante storia dello scomparso “castrum Lutornario” probabilmente collocato dove oggi sorge il popoloso quartiere di Macerata.
di Silvano Iommi
Prima che la contrada Pace completi la metamorfosi “etnico-urbanistica” in corso, passando da antico centro Piceno ad anonima “banlieue” globalizata, è bene ricordare che già nel decimo secolo d.C. in quell’area sorgeva il “castrum Loterisco” (anno 1055 donazioni di Rampa e di suo marito Montanello al vescovo di Fermo Ermanno “concessio quam fecit rampa ecclesia firmana.. .”; “donatio castrorum scilicet lutenere et de turre.. .”), altrimenti detto nei più antichi documenti “Castrum Lutornario” o “Lutenere”. Si tratta di toponimi che variamente storpiati nelle successive trascrizioni finiranno per indicare porzioni di territorio sempre più ridotte, ma anche sempre più concentrate nella medesima zona. Gli storici locali pur non localizzando con certezza il sito di “castrum Lotere” e degli altri innumerevoli castelli vicini, concordano nel ritenere l’odierna contrada Pace come l’area più probabile.
D’altra parte i documenti riferiscono anche che all’interno di questo “castrum” doveva sorgere l’originaria chiesa di San Paolo o di San Michele. Oggi l’unica traccia rimasta del primitivo toponimo la troviamo trasferita nell’idronomo “Lu tené”, un fosso ancora attivo che origina da una sorgente sotterranea proveniente dalla zona sud-est del duomo. Questa sorgente doveva essere “imbrigliata” sin dall’antichità per alimentare i numerosi fontanili presenti nella zona sottostante (a valle dello Sferisterio), detta un tempo “fosso del Babbuccio”. Purtroppo l’unico reperto di fontanile ancora visibile in quell’area è quello di “Pozzo del Mercato”, ma sappiamo che almeno sino agli inizi del ‘900 esisteva anche la grande “fonte Pantaleoni” detta dei “tintori”.
Il condotto nel muro di casa Cassese in via Maffeo Pantaleoni
In ogni caso, un tratto dell’opera di captazione delle acque sotterranee provenienti dallo “spartiacque” di piazza Strambi, è ancora visibile attraverso uno cunicolo aperto sul muro controterra del giardino pensile di casa Cassese all’inizio di via Maffeo Pantaleoni. Naturalmente si tratta di un’opera di ristrutturazione della vecchia conduttura eseguita a fine ottocento per passare sotto alla nuova e più bassa strada della Pace. Il flusso ancora abbondante di questa vena (oggi completamente intubato), dopo aver servito il “pozzo del Mercato” e superato il tratto dove le acque si impaludavano, viene raccolto dal fosso “Lu tenè” che le convoglia direttamente nel torrente Trodica. Dunque, il territorio del castello di “Lotere” era delimitato ad est dal “rio Tenere”, a sud dal torrente Trodica e ad ovest dal “rio Tavoleto”. Quest’ultimo corso d’acqua origina dalle sorgenti che sgorgano dal versante nord del centro storico alimentando “fonte Maggiore” e “fonte Ciambrione”.
La campana planimetrica che identifica l’antico castrum Lotere, la punta si trova nell’attuale piazza Strrambi
La forma planimetrica che risulta da questa perimetrazione territoriale è assimilabile al profilo di una “campana” con la “maniglia” agganciata alla punta più alta dell’antico “Podium”, corrispondente dell’odierna piazza Strambi, inglobando anche la “Pieve di San Giuliano” sorta (a cavallo dell’11esimo secolo) sul confine nord del “castrum” in esame. Quando “castrum Lotere” insieme a tutti gli altri castelli posti in “prima senata” fu (pacificamente?) assorbito dalla nascente “Fortezza Comunale” di Macerata, il “Podium” era già un’importante “cerniera territoriale” dove si incrociavano i principali transiti sommitali. Un trivio strategico da cui si diramava verso nord-est l’asse di crinale che attraversava l’intero “agro Loterisco”, congiungendo la sommità del poggio con il probabile “centro castellano”. Un centro servito dalla fondamentale “fonte della Quercia” e attraversato dall’antico asse che passando oltre il sorvegliatissimo confine del Trodica, conduceva in zone considerate, inconsciamente, pericolose dalla memoria collettiva.
E’ abbastanza condivisa l’idea che almeno in una prima fase, tra la fine del sesto e l’inizio del settimo secolo, il Trodica e il Potenza fossero i confini meridionali della Ravenna bizantina. Ma erano considerate zone pericolose anche nel tardo medioevo perché conducevano alla ribelle Recanati e altri luoghi di fedeltà ghibellina. Oggi è possibile ritenere che proprio sul sito dello scomparso “castrum Lutornario” e del suo ancestrale sepolcreto Piceno non a caso nel 1321, all’indomani dell’elevazione di Macerata al rango di città e sede vescovile, fu costruita la primitiva Chiesa in memoria della pace stipulata tra Guelfi e Ghibellini. Dunque una chiesa non facilmente derubricabile come semplice chiesa rurale demolita nel 1954 a seguito della costruzione poco più a monte di quella nuova.
(repertorio fotografico BMBMC/Fondo Balelli-Bernardini. Foto relative alla vecchia chiesa di Luigi Speranza)
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Ineccepibile come sempre nelle sue documentate ricostruzioni storiche, Silvano Iommi ci riporta indietro nei secoli e ci fa rivivere antiche e magiche atmosfere. Insomma, una miniera di curiosità e di preziose informazioni per noi lettori.
Concordo pienamente sulle eccellenti ricostruzioni storiche dell’architetto Iommi; peccato non si sia potuta salvare la antica Chiesa della Pace, che ricordo benissimo.
La demolizione della originaria chiesa di Santa Maria della Pace: un delitto sulla via Lauretana.