Dalle grotte di piazza Annessione alle fonti monumentali dell’interland maceratese; dai tunnel che uscivano dalla mura cittadine agli approvvigionamenti d’acqua, di cui si hanno ancora tracce residue, nelle campagne. Una Macerata sommersa che abbiamo imparato a scoprire e conoscere grazie alle imprese di Silvano Iommi. L’architetto ed ex assessore comunale ci ha abituati negli ultimi mesi a scoperte eclatanti sulla via delle acque che scorrono sotto la città e che danno traccia di sè a partire dalle numerose fonti presenti dentro e fuori dal perimetro urbano. «Già nella fine dell’800 dall’Istituto Geografico Militare di Firenze sono state censite alcune centinaia di sorgenti naturali – spiega Iommi – Un elemento persistente, l’acqua, anche nei documenti storici. Attraverso i toponimi di fonti, fossi e rivoli si può ricostruire per esempio il passaggio dalla vecchia Macerata, che si trovava nell’attuale quartiere di Santa Croce alla nuova Macerata». Un Indiana Jones di casa nostra che ha iniziato la sua missione ai tempi in cui è stato assessore comunale, promuovendo un censimento delle fonti e delle sorgenti a partire da quelle nascoste sotto al centro storico. «La posizione di Macerata su una dorsale, tra il fiume Chienti e Potenza mi ha sempre fatto pensare ad una storia molto antica, di cui non abbiamo più nessuna traccia neanche archeologica. Sappiamo ad esempio che Helvia Recina è stata smantellata anche per decreto fino al 1500». Un oblio che però è squarciato oggi dall’interesse crescente dei maceratesi verso le scoperte sulla via dell’acqua di Iommi. «L’acqua è legata alla vita. Quando si rompono le acque, nasce una vita. E in più ci ricorda come eravamo, di una cultura legata all’agricoltura. Le fonti ritrovate, 67-68, si può vedere come queste sorgano lungo le due linee di collegamento principale verso il Potenza e verso il Chienti». E sulla rubrica “Macerata sommersa” l’architetto promette «sicuramente continuiamo su questa strada».
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