Fontane, pozzi, gallerie sotterranee e passaggi segreti nel sottosuolo. L’avventura dell’ex assessore comunale Silvano Iommi sulla via dell’acqua che scorre sotto Macerata ci ha abituati alla riscoperta di meraviglie nascoste nel sottosuolo cittadino o celate dalla natura nei campi circostanti. Dopo i segreti del parco di Fontescodella (leggi l’articolo) – su cui Iommi anticipa già nuove importanti rivelazioni – l’architetto ha riscoperto due siti legati al prelievo sotterraneo dell’acqua in contrada Alberotondo a sud di contrada San Giuliano poco fuori dall’abitato di Macerata.
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di Silvano Iommi
Due opere emblematiche della straordinaria ricchezza di dotazioni idriche “minori” di origine storica di Macerata sono ancora presenti e funzionanti nel versante sud-est di contrada San Giuliano. Si tratta di due opere di captazione idrica – tra le tante che punteggiano il nostro territorio agricolo – ma che non sono piu’ protette da oltre 25 anni. La prima, dimenticata e recentemente da noi riscoperta, è costituita da una lunga “galleria di captazione” rivestita in mattoni, che riversa acqua in un “botticino” di accumulo realizzato in prossimità della bocca d’uscita (oggi aperta sulla scarpata a monte della strada vicinale di Alberotondo). Dal “botticino” l’acqua attraversa sub-orizzontalmente la strada e alimenta un grazioso fontanile in mattoni ancora funzionante, con vasca-abbeveratoio sottostante.
Dal fontanile l’acqua continuava a scorrere (probabilmente in una canalizzazione superficiale oggi scomparsa), alimentando un insolito “lavatoio” circolare (circa 2,5 metri di diametro), di cui oggi restano solo alcune tracce. Si tratta, dunque, di un “sistema complesso” di opere perfettamente allineate lungo un asse che dalla sorgente a monte arriva sino al “rivus Truticam”. Questo sito l’abbiamo provvisoriamente chiamato “fonte Cardinali” dal nome della signora che, originaria del posto, lo ricordava e usava sin dalla fine degli anni quaranta per lavare i panni. La seconda opera idraulica in esame (non molto distante dalla prima), riguarda un’altrettanto insolito “pozzo” realizzato in muratura a metà del ripido versante est della medesima contrada.
Insolito perché nel pozzo si entra attraverso una scalinata in mattoni realizzata in contropendenza per una profondità di circa 4 metri. In fondo alla scalinata è stata costruita una vasca di accumulo (botticino) che riceve acqua da una sorgente naturale. Dal “botticino” l’acqua, canalizzata in un sotterraneo, arriva per caduta nella sottostante “peschiera-abbeveratoio” ed infine affluisce nel “fosso di Vallelunga” (la Val-Anca o Onca del Foglietti), che a sua volta confluisce nel vicino “Trodica”. Dunque, due opere impropriamente definite “minori” ma che sono fondamentali per la ricostruzione demico-storico-paesaggistica dei luoghi. Purtroppo anche questi manufatti, già abbondantemente danneggiati, stanno rischiando la definitiva scomparsa se non si trova un modo per incentivarne la conservazione da parte dei residenti e, o dei proprietari. (cerchiati in rosso nelle planimetrie sono indicati i due siti).
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Complimenti per il lavoro svolto. La ricerca interessante rafforza la convinzione che questo territorio e’ molto più che semplice terreno agricolo.
Ho sbagliato a ciccare : l’articolo mi piace!
Caro Silvano, più leggo le tue cose e più rinnovo lo stimolo che sempre ti ho dato: pubblica in un libro i tuoi studi, le tue scoperte, i segnali del tuo vero amore per la nostra città. Penso che anche l’amico Luigi Ricci la pensi come il sottoscritto. Ora una battuta: ma non è che studiando il “passato” e la Macerata sotterranea e oggi acquatica, tu soffra di una freudiana ” rimozione” ? Tu stia rimuovendo-esorcizzando la Macerata superiore, quella che si vede, ad esempio a propohe e dolci acque”sito di Dolmen quei terribili Cubi realizzati dalla Confartigianato lungo la via Mattei? Dire che sono brutti è dire poco. In che senso dunque rimozione da parte tua? Azzardo: sei così schifato e anche deluso per quanto avviene e si vede al “sole” che preferisci inoltrarti in più suggestivi labirinti, e, ultimamente in petrarchesche “chiare e fresche e dolci acque”.
Con affetto, Guido
Caro Luigi, la ricerca sul campo è anche figlia di quella convinzione di cui parli. Leggendo i vari storici della realtà locale mi sono convinto che la parte più “urbana” non sia l’odierna città ma il territorio circostante, troppo semplicisticamente definito “agricolo”. La mia idea è che ci fosse più agricoltura, pastorizia e sacralità, sul crinale collinare dell’attuale città piuttosto che sulle sue pendici e valli circostanti dove, invece, erano distribuiti decine di centri demici (o villaggi fortificati), che insieme formavano le varie parti della città.
@ Guido
Prima o poi dovrò proprio farlo. Un po’ di quella freudiana “rimozione” non posso negarla. A presto, Silvano
INVITO L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE A PROMUOVERE UNA CONFERENZA SULLE RICERCHE DI SILVANO IOMMI, APERTA ALLA CITTADINANZA.
L’idea suggestiva dell’arch. Iommi sul passato aiuta a valorizzare meglio nella vocazione agricola di Macerata gli elementi identitari, economici e religiosi; a rileggere il rapporto citta’-campagna; a inquadrare in modo meno scontato le questioni dello “scivolamento a valle” e del “consumo del territorio”.
Condivido che sarebbe interessante promuovere una conferenza con mostra fotografica che illustri il mirabile lavoro svolto dall’Arch. Silvano Iommi, in modo che tali riscoperte vengano divulgate all’intera cittadinanza.
Gianni, come sempre hai sintetizzato intelligentemente e brillantemente la sostanza di questa mia frammentata ricognizione storica della città, seguendo un percorso apparentemente insolito ma, credo, più coinvolgente. Ne abbiamo parlato molte volte, se Macerata vuole tornare ad essere competitiva e attrattiva in un mercato globale che offre le stesse cose, deve riscoprire e valorizzare la sua autenticità. In questa prospettiva la pianificazione e la gestione del territorio devono cessare di essere strumenti “burocratici” e “viziosi” per tornare al loro valore metodologico e progettuale, favorendo l’argomentazione, la consapevolezza e la condivisione generale. Ad es., le cosiddette grotte della città come i fontanili e i tratturi di campagna, probabilmente costituiscono una dimensione identitaria e un valore storico-costruttivo maggiore di palazzo Bonaccorsi o di altri palazzi. Non aver ancora compreso tutto ciò è in parte la causa e in parte l’effetto di quel decadimento politico-culturale che ha portato oggi (ad es.), ad accettare l’uso della plastica nel rifacimento del monumentale orologio di Piazza o ai tentativi di cristallizzare singoli monumenti o manufatti decontestualizzandoli.