La saga della Macerata Sommersa va avanti con nuove riscoperte ad opera dell’ex assessore comunale Silvano Iommi. Dopo il ritrovamento della fonte di San Giacomo (leggi l’articolo), il reportage su fonte Bonaccorsi a Piediripa (leggi l’articolo) e il focus sul convento dei cappuccini e sulla chiesa di Santo Stefano (leggi l’articolo), l’architetto punta oggi i fari sul bosco di Fontescodella dove sorgono, celate dai rovi, la fonte di Santa Magdalena e la chiesa sconsacrata di Santa Maria.
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di Silvano Iommi
Si resta allibiti nell’osservare come solo nell’ultimo quarto di secolo sono andati distrutti i fontanili di: “S. Lucia” e “Catena” (in contrada Vallebona), “Corradini” (nella Peschiera di Piediripa), “Ciarambella” (in contrada Corneto) e “Ceresiola” (in contrada Morica) a Macerata. Per non parlare poi dei tantissimi manufatti analoghi, più o meno monumentalizzati e che, essendo già sottratti alla vista, sono destinati alla scomparsa. Tuttavia, oggi, proseguiamo nella nostra frammentata rilettura storica del territorio, occupandoci di quei reperti nascosti nella boscosa e umida porzione nord di “contrada fonte Scodella”. Si tratta di un profondo avvallamento del terreno solcato dall’evocativo “rivus Valteja” (Val-Treja o Val-Treba o Val-Trivia), le cui acque originano direttamente ai piedi del tratto sud-ovest delle mura, proprio nel punto in cui queste formano l’ampia ansa tra “porta Montana” e “porta Romana”.
Siamo nella parte della “prima senata” aderente al fundus e Castello di Macerata dei secoli XI-XII e XIII, che il catasto del 1268 attesta con il significativo toponimo di “acquadocia” o di “Torresana”. Quest’ultimo è un nome antichissimo che richiama la romana “Turris Jani” dello storico seicentesco Pompeo Compagnoni e l’etrusca “Talarsciano” di Raffaele Foglietti (la venere etrusca si chiamava Turan o Turia). In questa occasione non possiamo approfondire ulteriormente il discorso, ma giova accennare brevemente al fatto che il “cinerario” con la scritta in etrusco “Aruns Vuisius Lartis (filius) Velturnia (natus)”(Foglietti), fu donato dal priore Livio Aurispa (1775-1844) al Comune di Macerata per essere esposto nel cortile, ma molto probabilmente proveniva dalla zona di Torregiana (dove erano stati osservati diversi altri reperti di origine etrusca andati distrutti).
Il cinerario etrusco donato da Livio Aurispa al Comune, oggi esposto nel cortile del palazzo municipale
Un’area dalla sacralità ancestrale dove, all’interno di un “boschetto sacro” leggermente rilevato e bagnato da una ricca sorgente d’acqua, sorgeva un tempio precristiano sui resti del quale, agli inizi del XIII secolo, nacque l’originario convento di Santa Caterina con il suo “puteum di S. Maria Magdalena”(il punto 2 segnato sulla cartina) e l’adiacente chiesa di “S. Maria in Talarisiano” (o Talarsciano) (punto 3) ufficiata sin dal 1135 (fonte Otello Gentili). Ma si tratta anche di una zona misteriosa e miracolosa.
Misteriosa anche per la presenza di una galleria (1), la cui antichità è evidenziata dall’insolito arco a “sesto acuto” che si intravede dal vano d’accesso, aperto direttamente sul fronte della scarpata alle spalle dell’odierno Ecobar. Secondo la leggenda popolare il lungo camminamento sotterraneo, dopo aver attraversato le grotte dell’ex convento di S. Domenico (oggi Convitto), arrivava sino ai sotterranei della primitiva chiesa e ospedale di San Giovanni, detta anche “dei Gerosolimitani” (o Templari) e documentata nelle “carte fiastrensi” sin dal 1174 (demolita intorno al 1580 per costruire l’odierna chiesa di S.Giovanni). Miracolosa per via dello strepitoso miracolo eucaristico (l’ostia sanguinò sul corporale del prete, miracolo analogo a quello di Bolsena del 1256) avvenuto nella chiesa di Torregiana il 25 aprile del 1356, subito dopo il trasferimento delle monache all’interno delle vecchie mura cittadine.
Da quel momento e sino al 1896 (data in cui la chiesa venne sconsacrata), si andava processionalmente in quel luogo in occasione della festa dell’8 settembre partendo dalla cattedrale. Di tutto ciò oggi non resta quasi nulla. La grotta presenta l’imbocco puntellato ed è resa inaccessibile. La chiesa, che sino alla sua sconsacrazione era adiacente alla casa colonica e alla “torre mozzata”, divenne prima un accessorio agricolo poi l’ampliamento della stessa casa colonica, realizzato con la demolizione della torre. Oggi è quasi tutto crollato e il complesso del vecchio “puteum”, monumentalizzato nel 1822 dal Gonfaloniere Francesco Conventati, si ritrova sommerso in un laghetto fangoso.
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Il miracolo eucaristico di Macerata sembra poco valorizzato anche in ambito ecclesiale: prudenza pastorale e dimenticanza culturale.
Caro Gianni Menghi, oggi nella Chiesa Cattolica non si parla più di miracoli e di demoni, ma di “intenzioni” personali di fedeli e di adattamento alle spinte moderniste del relativismo. Sì, verso il fondo del baratro.
Ottima ricerca che ci porta a meditare sullo stato d’abbandono di luoghi simbolo della storia cittadina.
Continuo a pensare che dovresti mettere insieme tutto questo materiale. Parlo di un libro. Quanto dice l’amico Gianni Menghi è vero. Ma comunque a me sembra che il Papa sia troppo interessato a non invitare Marino e il PD a fare le pulci sugli scontrini.
chissà com’è che i miracoli avvengono sempre nei luoghi più sgarrupati, tra la gente più scornacchiata, Marcinkus avrà tenuto in mano un’infinità di ostie e nessuna mai ha preso l’iniziativa di sanguinare.
Cari Gianni e Guido,
si vede che siete poco al di dentro delle cose di Chiesa: il corporale oggetto del miracolo eucaristico, di cui parla Silvano, è conservato ed esposto nella cappella del Sacramento in Cattedrale. C’è anche un pieghevole che ne spiega e racconta l’importanza.
Caro Silvano,
resto colpitissimo di fronte a questi tuoi reportages, che non smettono di incuriosirmi e di interrogarmi. Trovo splendida la fattura del cartiglio che la tua foto riproduce, così come fortemente seduttivo l’imbocco della grotta (mentre mi chiedo chi ha permesso che ci venisse costruito l’Ecobar proprio a ridosso: per una città della cultura – o che vuol essere della cultura – è un piccolo ma significativo autogol) e il manufatto della ex-chiesa.
Concordo con Guido che dovresti a tutti i costi riunire questi articoli (con tutta la loro documentazione fotografica) e realizzare una pubblicazione. Significherebbe non sotterrare l’indubbio talento che natura e cultura ti hanno donato, a vantaggio di tutta la nostra collettività.
Il miracolo (?) è anche presente su Wikipedia..(https://it.wikipedia.org/wiki/Miracolo_eucaristico)
Silvano Iommi sta rendendo un grande servizio culturale alla città di Macerata, con grande impegno e notevole professionalità, cercando di rimettere insieme molti pezzi di una memoria ormai molto frammentaria e superata in tanti casi dallo stato alterato dei luoghi.
Insisto anche io affinché, a completamento del suo viaggio nella Macerata che è quasi sparita, il tutto venga inserito in una specifica pubblicazione.
Caro Filippo (Davoli), l’esempio che tu proponi non smentisce ma conferma la poca valorizzazione del miracolo eucaristico in ambito ecclesiale. La presenza nella cappella in cattedrale e un pieghevole, tutto qui?Per la verita’ ci sono state, oltre alla memoria e alla devozione popolari (con alti e bassi influenzati dal contesto storico generale e dall’atteggiamento delle gerarchie ecclesiastiche), altre iniziative e pubblicazioni. Resta il fatto appunto che il miracolo eucaristico non e’ attualmente patrimonio comune, non dico di devozione ma nemmeno di conoscenza o attenzione, della comunita’ ecclesiale maceratese, almeno nella misura che uno si aspetterebbe.
bisognerebbe prendere spunto dall’encomiabile e fantastico lavoro del dottor Iommi e riportare alla luce con l’interessamento magari anche della sovrintendenza ai beni culturali,fonti e luoghi che appartengono alla citta’ e che dovrebbero essere di pubblico dominio cosi’ come il parco di Villa Lauri,meraviglioso che a parte una fugace apertura anni fa’ora e’ piu’ blindato di fort knox ed abbandonato all’incuria ed a presenza non opportune piu’ di Chernobyl…nota a margine se consideriamo che cittadine come Osimo,Orvieto etc…basano una parte piu’ o meno consistente delle loro fortune turistiche, sulla visita delle vecchie grotte cittadine penso che Macerata potrebbe avere un ennesimo enorme potenziale se solo si pensasse a sfruttrarlo seriamente.
completamente dimenticata (non ne trovo traccia neanche su google) anche l’apparizione della Madonna a una vergine maceratese che ha motivato la costruzione della chiesa delle Vergini.
Il meticoloso lavoro di ricerca e studio condotto da Silvano Iommi intanto viene valorizzato da questa testata giornalistica e non mi pare poco, visto che la cultura, la storia, l’archeologia, la tradizione, conquista pochissimo spazio sui media. L’interesse suscitato dalle riscoperte è un fatto che non può essere ignorato dall’Amministrazione la quale ben potrebbe patrocinare una pubblicazione sistematica degli scritti e inserire sul proprio sito istituzionale uno spazio dedicato alla storia delle fonti ed alla eccellente qualità locale del bene più prezioso della natura “l’acqua”.
Iommi, Ricci, Garufi e gli Altri, qui se si aspetta l’amministrazione stiamo freschi (come cadaveri). E’ necessario darsi una mossa da soli e così ci giochiamo di nuovo il maltolto a noi e alla città. Per quanto mi riguarda sono disposto a metterci intanto le mie mani per dare una ripulita, poi la voce per far risuonare le casse acustiche dei luoghi. Nel mentre che vi attendo complici, do titolo all’impresa: EX PERPETUA VENA
Tutti questi interessanti ritrovamenti sarebbe interessante corredarli di un adeguato studio storico che ne inquadri tutta l’importanza. Abbiamo dei qualificati studiosi come Simonetta Torresi e Romano Ruffini insieme ad altri. Potrebbe nascere una pubblicazione molto importante sulla storia di Macerata. Anche un convegno in merito sarebbe molto interessante. La memoria storica ci aiuta a vivere e valorizzare meglio il presente ed il futuro.
Dei miracoli meglio non parlarne, sono stati inventati sempre per fregare la gente ignorante.
Per Matteucci. A me sembra che le fregature siano trasversali rispetto al grado di istruzione. Anzi, poiché gli ignoranti sono diffidenti ci vuole molto tempo per convincerli e spesso non ci si riesce.