di Giancarlo Liuti
A Macerata le elezioni amministrative del 2010 furono affrontate da 5 candidati a sindaco, 16 liste di partito o civiche e 585 aspiranti ad entrare fra gli allora 40 consiglieri comunali. Stavolta i candidati a sindaco, ben 9, sono quasi raddoppiati, le liste a loro sostegno sono 23 e gli aspiranti a consigliere sono 607 nonostante che in virtù di una nuova legge il numero dei seggi spettanti a città come Macerata si sia ridotto da 40 a 32. Questa è dunque la situazione che si presenta agli elettori. Si consideri poi che a causa di una pur lieve riduzione degli abitanti – circa 200 in meno rispetto al 2010 – anche gli aventi diritto al voto, che oggi sono 36.126, hanno subito una contrazione di circa 150 unità. Conclusione: sono notevolmente aumentati i candidati sia a sindaco che a consigliere ma è diminuito il corpo elettorale e sono diminuiti i posti da consigliere. Cresce dunque la domanda e cala l’offerta, la qual cosa, in economia, sfiora il paradosso. Come mai?
NOVE CANDIDATI SINDACO – Romano Carancini, Maurizio Mosca, Marina Pallotto, Deborah Pantana, Maria Francesca Tardella, Tommaso Golini, Michele Lattanzi, Anna Menghi e Carla Messi
Di ragioni possono essercene diverse e di diverso segno. Una, positiva, è costituita da una maggiore partecipazione dei cittadini all’elezione cosiddetta passiva, ossia ad esser votati. E questo farebbe pensare a un risveglio della militanza politica, un buon segno in un’epoca che, al contrario, guarda alla politica come se fosse qualcosa di cui diffidare o perfino da disprezzare. Attenzione: l’articolo 49 della Costituzione afferma che “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Parola chiave: “partiti”. Ebbene, ciò che per almeno sette decenni s’è inteso come “partito” – direi come soggetto che contribuisce a formare l’opinione pubblica – sta attraversando una crisi forse irreparabile, con conflitti al suo interno, frammentazioni in correnti, scissioni già avvenute, incombenti rischi di scissione o, da tempo, definitive scomparse. Sta venendo meno, perciò, un istituto portante (organizzatore, animatore, stimolatore, razionalizzatore, con sedi, sezioni, assemblee, congressi) delle idee e degli umori del popolo sì da predisporlo ad essere come lo definisce la Costituzione, cioè davvero “sovrano”. E la crisi dei partiti sta dando luogo – non soltanto in Italia – a coaguli di stampo anarcoide e anche, qua e là, a pulsioni autoritarie – il desiderio di un “uomo forte al comando”: lui sa qual è il bene assoluto! -il che rappresenta uno strisciante pericolo per la democrazia.
Veniamo ora alla realtà maceratese. Gli schieramenti con una loro apparente omogeneità sono sostanzialmente tre: centrosinistra (Pd, Romano Carancini), centrodestra (Forza Italia, Deborah Pantana) e una parte di liste civiche – le altre sostengono i due schieramenti – che, tutte incentrate su questioni locali, si presentano in vari modi: o da sole (Maria Francesca Tardella, la presidente della Maceratese che un’importante competizione l’ha già vinta nel campionato di calcio) o con un’altra civica (ma a Maurizio Mosca, “civico” per natura, una mano “partitica” gliela danno i Fratelli d’Italia) o assieme a un partito che però sta in subordine (Anna Menghi e Lega Nord).piacevole sensazione che in questa nostra città il vento del femminismo qualche folata l’ha data.
E i partiti? Ne sopravvivono alcuni o, meglio, ne sopravvivono i simboli ( Pd, Forza Italia, Udc, Lega Nord, Italia dei Valori, Fratelli d’Italia) ma il mescolarsi con ben 10 liste civiche la dice lunga sulla loro stessa consapevolezza di non avere una forte capacità di attrazione e persuasione. Avendo fatto le “primarie”, il Pd appare il più strutturato, ma è proprio il duro confronto avutosi nelle “primarie” a non escludere l’eventualità di contraccolpi in sede elettorale. Forse l’unico vero partito che oltre al simbolo ha una precisa riconoscibilità a livello nazionale e una non contestata compattezza a livello locale è quello dei Comunisti Italiani, con Michele Lattanzi candidato sindaco e nessuna “civica” di appoggio. La medesima chiarezza identitaria c’è inoltre nel movimento – non un partito – delle Cinque Stelle (Carla Messi, senza appoggi esterni). E fin qui si arriva a sette candidati alla fascia tricolore, che non sono pochi, ma per giungere a nove – davvero troppi – ne mancano altri due. Chi sono? Tommaso Golini di “Forza Nuova” e l’imprevisto debutto di Marina Pallotta che per dissidi interni ai grillini si presenta in alternativa a Carla Messi con un simbolo in cui le “5 Stelle” sono sostituite da “5 Punti”.
Un aspetto positivo di tale frammentazione sta nel fatto che ben cinque dei nove possibili nuovi sindaci sono donne, e questo è forse un record tutto maceratese. Magari soltanto come immagine teorica le “quote rosa” appaiono dunque maggioritarie in una città che certo non brilla per fughe in avanti. Con assai poco realismo, ripeto, ma il segnale è di un salto nel futuro che era ben difficile da prevedere. Molto cambia, però, se andiamo a vedere il “genere” degli aspiranti a consigliere comunale. Siccome esiste una norma secondo la quale in ogni lista le donne debbono essere almeno un terzo degli uomini (o gli uomini almeno un terzo delle donne), questa regola è stata, obtorto collo, rispettata concedendo quel terzo alle donne e agli uomini i restanti due terzi, ma il contrario, che pure sarebbe stato possibile, non c’è mai stato. Tuttavia va segnalato il primato femminile della lista “Città viva” di Maurizio Mosca , con 31 nominativi e ben 16 donne, la maggioranza! Vicine alla metà fra i generi, ma con gli uomini in vantaggio, sono anche altre liste: nel centrosinistra “La città di tutti”, “Macerata bene comune” e “Italia dei valori”, nel centrodestra “Alleanza per Macerata” e “Popolari per l’Italia”, poi “Macerata capoluogo” (Tardella) e “Anna Menghi”. E sugli altri versanti? Donne, sì, ma per il rotto della cuffia. Rimane comunque la piacevole sensazione che in questa nostra città il vento del femminismo qualche folata l’ha data.
***
– L’esercito dei 607 candidati consiglieri (leggi l’articolo con tutti i nomi).
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Il fatto che ci siano 607 candidati al consiglio comunale un segno di “un risveglio della militanza politica”, e non, invece, della sua dissoluzione, e della riduzione dei partiti a comitati elettorali personali?
Stupefacente.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/05/09/regionali-marche-spese-pazze-liste-ripulite-no-un-candidato-su-10-indagato/1656016/
Chiedo perdono a Giancarlo ma Macerata Capoluogo – che candida a sindaco Mariella Tardella – non è vicina alla parità di genere…al contrario, candidando 16 donne e 16 uomini, la parità di genere l’ha raggiunta prima di tutti gli altri.
Sarebbe stato carino che Liuti avesse chiamato la lista Alleanza per Macerata con il suo vero nome è cioè ” Tradizione e Futuro Alleanza per Macerata “, se non altro per una forma di rispetto per quella parte di coloro che da tempo ci credono, ci lavorano con sacrificio ed impegno e che oggi invece sono stati esclusi quasi non esistessero.
“E la crisi dei partiti sta dando luogo – non soltanto in Italia – a coaguli di stampo anarcoide e anche, qua e là, a pulsioni autoritarie – il desiderio di un “uomo forte al comando”: lui sa qual è il bene assoluto! -il che rappresenta uno strisciante pericolo per la democrazia.”
Che la “forma partito” sia in crisi non c’è dubbio; che questo dia luogo alla nascita di strutture “anarcoidi” è tutto da dimostrare: soggetti variamente anarchici sono sempre esistiti, anche quando i partiti erano forti e radicati. E comunque, detta così, sembra che oltre al partito classico e all’anarchia non sia possibile altro: idea che i fatti dimostrano essere falsa (altrimenti non esisterebbero le liste civiche, i movimenti, ecc.).
Invece Liuti ha perfettamente ragione nel dire che il desiderio di un uomo forte al comando rappresenta uno strisciante pericolo per la democrazia. Peccato che questo pericolo in Italia sia già un fatto concreto, e che questo sia maturato proprio all’interno dei partiti tradizionali.
to happy few
dicheno che na vorta un papa novo
e che der monno nun capiva gnente
quanno de la su loggia come un ovo
vidde piena la piazza a lui presente,
disce che se vortasse ar maggiordovo
strillanno: “peddìo padre nipotente
che subbisso de popolo qui trovo!
ma come fa a magnà tutta sta gente?”
un cardinale che je stava accanto
je disse co’ rispetto e devozzione:
“uno buggera l’antro, Padre Santo.”
Allora lui, co’ pochi sarti e brutti
disse danno la su’ benedizzione:
“e noi cuscì li buggiaramo tutti”.
«Con la modernità, in cui non smettiamo di accumulare, di aggiungere, di rilanciare, abbiamo disimparato che è la sottrazione a dare la forza, che dall’assenza nasce la potenza.»
(Jean Baudrillard)