Covid-hospital, appello di un’infermiera:
«State a casa anziché uscire a correre
Non avete idea di cosa stiamo vivendo»

CAMERINO - Samantha Bartolucci lavora da anni al reparto di Rianimazione, chiede alle persone di fare attenzione ai propri comportamenti e racconta la drammatica quotidianità di chi è in prima linea, dei pazienti e dei loro famigliari. Il personale del nosocomio ringrazia chi sta donando

- caricamento letture
camerino-donazioni

Personale dell’ospedale di Camerino ringrazia per le donazioni

 

di Monia Orazi

«Venite a correre in un corridoio di ospedale, perché qualcuno è in arresto cardiaco, massaggia un torace cercando di non far cessare il battito di un cuore di un uomo, guardate il volto di chi nonostante tutto non riprende a respirare. Guardate quel volto senza più respiro, senza più vita, se non lo avete mai visto non potete capire. Prendete il telefono e chiamate un figlio, una moglie e comunicate la notizia, che il padre, il marito sono morti da soli, lontano dalla loro casa e che non potrà nemmeno essere vegliato dai propri cari. Sentite i pianti dei figli al telefono mentre chiedono notizie dei genitori, venite a sentire l’angoscia di chi non può vedere il proprio padre o madre che sta male». E’ questo l’appello lanciato su Facebook, da un’infermiera in prima linea ai tempi del Coronavirus, Samantha Bartolucci che lavora da anni in rianimazione a Camerino. Il messaggio è diretto a chi in questi giorni continua a uscire magari per andare a fare una corsetta e in questo modo aumentando il rischio di contagio. «Vedete se è meglio stare a casa, quindici, trenta giorni senza correre e passeggiare, o qualsiasi altra cosa o subire questo strazio; sì, è un dolore per chi sta male, per chi deve stare lontano, è uno strazio per chi cura. È qualcosa che lascerà una cicatrice profonda. Non è una passeggiata, ti segna nel profondo, ti segna per la vita. Se non è strettamente necessario restate a casa». Senza giri di parole la donna descrive il dramma di chi è ricoverato per la malattia, la fine lucida di coloro che sono vittime di questo morbo nuovo e sconosciuto: «Chi ancora non capisce legga attentamente: si muore soffocati, in piena coscienza, con angoscia da soli lontano da tutto e tutti. Un conto è dover andare a lavorare perché si fa un lavoro che non può essere lasciato, cassiera di un supermercato, farmacista, autotrasportatore, postino, sanitario – scrive l’infermiera -, un conto è uscire per correre, per andare in bici, per fare una passeggiata. Vi sembra che a me non andrebbe di fare una bella passeggiata, dopo aver respirato 11-12 ore in una mascherina, aver sudato sotto un camice e avere le piaghe di mani e faccia? Lo faccio con la paura di ammalarmi anch’io, di soffrire e morire da sola e peggio di far ammalare un mio caro». C’è anche poi chi ha deciso di aiutare l’ospedale di Camerino, trasformato in Covid-hospital con una donazione. E il personale che in questi giorni è in prima linea contro il contagio ha voluto ringraziare tutti.

Articoli correlati






© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page
Podcast
Vedi tutti gli eventi


Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Matteo Zallocco Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X