di Maria Stefania Gelsomini
Sono passati solo pochi mesi dalla fondazione dell’associazione, ma i nuovi Amici dello Sferisterio hanno subito adottato il teatro con grande amore, conducendo per mano centinaia di spettatori della 53a stagione lirica alla scoperta della sua storia e dei suoi segreti dietro le quinte. Merito di Lucia Rosa, giovane mamma maceratese con una passione inguaribile per lo Sferisterio e del suo spirito d’iniziativa, una che già a dodici anni raccoglieva in un album i ritagli di giornale che raccontavano croci e delizie delle stagioni liriche.
«Sono entrata la prima volta allo Sferisterio da piccola, non ricordo più l’opera ma ricordo il palco, e poi ho continuato a frequentarlo negli anni insieme al mio papà» rivela Lucia. L’idea di mettere in piedi una nuova associazione “Amici dello Sferisterio”, di cui è promotrice e fondatrice, risale alla primavera 2016, per rendere operativo un “gruppo vago” che partecipava solo a qualche cena e alle prove aperte con una spilletta puntata sul petto. Troppo riduttivo per una propositiva come lei. Visto che c’era così tanto da fare, Lucia contatta Francesco Micheli e dopo un rapido scambio di messaggi s’incontrano, trovando subito un’intesa. «Ne vedevo le potenzialità, ma non erano mai sfruttate, e l’arrivo di Francesco, che è stato uno scardinatore delle antiche tradizioni, l’ha reso possibile. Mi sono detta, o adesso o mai più».
Quanti soci conta l’Associazione?
«Come soci fondatori siamo partiti in 10, tra l’altro io e Paolo Margione siamo anche Mecenati, come lo è la stessa associazione, poi le vere iscrizioni sono iniziate a febbraio 2017. Attualmente abbiamo superato i 60 associati, di cui almeno 25 operativi, tutti molto appassionati. Siamo donne per il 70 per cento, molti si sono iscritti per curiosità, per scoprire il mondo dello Sferisterio, o perché in passato avevano lavorato qui con varie mansioni e sono rimasti “fedeli”».
Quali attività avete portato avanti sinora?
«Le prime iniziative sono state le tre conferenze invernali, e avevamo dato la disponibilità per le visite allo Sferisterio in occasione degli European Opera Days a maggio. In due ore, con le due visite mattutine previste, abbiamo accompagnato oltre 70 persone. È stata la prima vera esperienza sul campo. Poi questa estate abbiamo assicurato la presenza di accoglienza nel foyer per tutte le serate di spettacolo con i nostri volontari ogni sera diversi, abbiamo curato la mostra su padre Beligatti allla Biblioteca Mozzi-Borgetti e in più, quest’anno, ci sono state affidate per tre weekend le visite “A passeggio nel backstage”, attività che rientrava fra quelle del “Festival Off”: chi comprava il biglietto per l’opera poteva iscriversi online o in biglietteria, ed è stata un’esperienza bellissima, con gruppi sempre numerosi».
Le è toccato persino fare da guida a Ioan Holender, figura mitica della lirica mondiale, impegnato in città a girare un documentario televisivo sul nostro festival.
«Sì, doveva fare queste riprese e non voleva una guida ma una persona che lo accompagnasse, così l’hanno chiesto a me. La mattina ho fatto colazione con pane e Baedecker, lo confesso, per rinfrescare tutti i dettagli sulla città (a un certo punto mi sono trovata microfonata a parlare del Duomo…), anche perché lui è un appassionato di numeri e statistiche e dovevo essere pronta. Ma è rimasto affascinato ed era molto entusiasta, voleva sapere ogni cosa, e si meravigliava di come una situazione così bella e particolare fosse ancora “sconosciuta”».
Una prima estate subito molto impegnativa.
«Personalmente, negli ultimi due mesi a casa non ci sono stata mai, ho anche congelato per il momento la mia attività personale (la gestione di una cartolibreria a Pollenza, ndr), ma era un mio pensiero fisso, un sogno che alla fine è diventato realtà, per cui non ho sentito nessuna stanchezza, e sarebbe bello che anche altri riuscissero a percepire questa grande passione. Ora stiamo facendo richiesta per ottenere una sede, anche se un tetto o un tavolo intorno a cui riunirci l’abbiamo sempre trovato grazie alla disponibilità dei soci. Vogliamo considerarci un po’ i nipoti della vecchio gruppo degli Amici della Lirica che tanto ha fatto nel corso della storia dello Sferisterio, è grazie a loro se tanti personaggi e tanti cantanti famosi sono passati su questo palco».
Invece qual è stato il riscontro dei visitatori alla scoperta dell’arena? C’è stata qualche domanda curiosa?
«Beh sì una volta qualcuno voleva sapere da dove uscissero i leoni…»
Pensava forse di essere in un piccolo Colosseo?
«Chissà, ma al di là di domande più o meno assurde, la cosa fondamentale è stato vedere l’interesse delle persone, vederle andar via contente dopo la visita dicendo “che bello, me lo sono proprio goduto!”. Sono quelle cose rare che ormai i teatri non fanno più, poter entrare, girare, vedere da vicino una prova d’orchestra, i cantanti scaldano la voce sul palco, un cambio degli abiti di scena, tutto ciò ha il suo fascino per chi ama il teatro. Una grande soddisfazione aver potuto accogliere e far capire quanto lavoro c’è dietro a un’opera lirica. Quando arrivi e ti siedi, guardi lo spettacolo, può essere bello o no, può piacerti o meno, ma quando ti viene spiegato che dietro a tutto questo ci sono 500 persone che lavorano è molto più coinvolgente».
«Mi piace pensare al discorso dell’accompagnamento da qui alla prossima stagione, in quali forme lo vedremo. Ci piacerebbe riuscire a creare una collaborazione con la Scuola Civica di Musica, con il Coro, l’Orchestra, è come se fossero tutti pezzi di uno stesso puzzle, che se messi insieme formano un quadro bellissimo, ma se ognuno cammina per conto suo non si va da nessuna parte. Se riuscissimo a continuare su questa strada vorremmo ramificarci di più, fare attività diverse, penso ad esempio all’educazione nelle scuole elementari, un altro bacino enorme e un ambito di lavoro da non sottovalutare. Micheli ha focalizzato il suo lavoro sulle scuole superiori, ma serve una visione più completa, magari provando con dei progetti pilota».
Ora che Micheli se ne va cosa succede?
«Aver fatto pace, Macerata e lo Sferisterio, dopo 50 anni è già un risultato, ma è un percorso ancora lungo, un rapporto che va fortificato, ed è questo uno dei motivi per cui mi dispiace che Francesco Micheli se ne sia andato proprio ora. Era il momento in cui un altro passo in avanti era necessario per radicare bene una pianta che è in crescita e che poteva diventare un tronco più robusto. C’è da sperare che la nuova direzione, una o trina che sia, vada nella stessa direzione. Le potenzialità ci sono, ma Macerata e lo Sferisterio non possono crescere l’una senza l’altro, si potenziano reciprocamente, non si può continuare a far finta che siano sue cose distinte. L’Associazione Sferisterio ha il suo status, con la sua complessità e la sua gestione, ma tutte le sfaccettature che le ruotano intorno ne arricchiscono e ne facilitano anche il lavoro, non bisogna mai essere autoreferenziali, occorre sempre parlare al plurale».
Un auspicio per il futuro dello Sferisterio?
«In questi 50 anni abbiamo visto tante difficoltà, abbiamo vissuto la paura che l’anno successivo la stagione non ci sarebbe stata, abbiamo assistito alla mancanza di programmazione. Speriamo che questi siano tempi ormai passati, ma devono anche essere lo stimolo per guardare avanti e fare qual salto di qualità che serve. Guai fermarsi e dire “mi va bene così, ho raggiunto una situazione ottimale e mi accontento, perché ho paura del rischio”. In questo mestiere il rischio è necessario, l’ha dimostrato la scelta di Francesco Micheli, la più grande scommessa che si potesse fare in quel momento. Nessuno lo conosceva, la fortuna ha voluto che fosse la persona giusta al posto giusto nel momento giusto. Non bisogna aver paura di scommettere, magari è proprio dove non te lo aspetti che trovi lo slancio e una nuova opportunità».
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