di Alessandra Pierini
Cosa succederà dopo l’acquisizione di Nuova Banca Marche da parte di Ubi? La formalizzazione dell’offerta per l’acquisto a un euro da parte dell’istituto lombardo delle tre good banks, oltre all’istituto jesino, Etruria e Carichieti, ben vista dalla Borsa, ha scatenato una serie di interrogativi sul futuro. Si attende la presentazione del piano industriale che potrà chiarire molti punti.
Intanto martedì la palla passerà a Bankitalia che dovrà dare il suo ok all’operazione. Il passaggio definitivo è atteso a primavera.
CHIUSURA DELLE SEDI – Intanto è chiaro, dall’offerta presentata in conference call dall’amministratore Ubi, Victor Massiah che le sedi di Nuova Banca Marche a Jesi, Macerata e Pesaro chiuderanno. In particolare il quartier generale di Fontedamo a Jesi, ceduto nel 2011 al Fondo Conero, vedrà lo spopolamento, considerato anche le elevate spese di affitto e mantenimento. I dipendenti saranno senza dubbio trasferiti alla sede della Ubi Banca, distante non più qualche centinaio di metri. Il Ced a Macerata non avrà più senso di esistere visto che saranno utilizzati i sistemi informativi di Ubi. Nella stessa ottica di riduzione delle spese, non avrà più senso di esistere la sede distaccati di Pesaro, residuo della vecchia banca che vedeva sedi nelle città in cui si trovavano le fondazioni di riferimento. Una organizzazione antieconomica che Ubi non vuole sostenere.
PERSONALE – Per quanto riguarda le reti commerciali, Massiah ha sottolineato l’ottimo lavoro fatto dalle banche negli ultimi anni nonostante le oggettive difficoltà e ha parlato di un rimescolamento. Diffusa è la preoccupazione per i dipendenti che andranno incontro anche ad una inevitabile dislocazione. I sindacati confidano di poter gestire gli esuberi senza perdita di posti di lavoro e per farlo si avvarranno di contratti di solidarietà e di part time, finora poco utilizzati dall’istituto.
DIRIGENZA – Altro punto chiave riguarderà i dirigenti. L’attuale ad di Nuova Banca Marche Luciano Goffi vedrà la scadenza del suo contratto a marzo quando andrà in pensione. Nel frattempo è ipotizzabile il graduale ingresso di dirigenti Ubi che saranno pronti alla sfida a primavera quando sarà ultimato il processo di integrazione.
SINDACATI – «Siamo pronti a confrontarci sulla sulla base di un piano industriale di rilancio, serio e sostenibile. Teniamo alto il livello di allerta; siamo pronti a mobilitarci con assemblee, riunioni, presidi, manifestazioni e qualsiasi iniziativa si renderà necessaria per difendere il lavoro, il territorio e la clientela». A dichiararlo sono le organizzazioni sindacali dell’azienda riunite. « In questi anni i lavoratori hanno sostenuto sacrifici, fatto fronte alla incertezza e solo grazie al loro impegno sono stati tenuti il rapporto di fiducia con la clientela, le masse e la raccolta. Questi valori sono stati riconosciuti anche da Ubi. L’operazione presentata ieri ai mercati appare ben profittevole quindi il valore aggiunto che si genererà dovrà essere riversato anche sui lavoratori e sui territori. Vanno preservate le condizioni del lavoro, la continuità di rapporti e la presenza nelle aree di operatività. Questa presenza capillare permette, infatti, di servire la clientela al meglio e tale valore aggiunto va mantenuto per il bene di tutti. Il confronto – tempestivo e doveroso – dovrà tenersi con queste premesse.
Le Regioni servite da Nuova Banca delle Marche costituiscono una importante opportunità di business per qualsiasi soggetto creditizio e finanziario, a cominciare dalla raccolta. Territori colpiti dalla crisi e dalle conseguenze drammatiche del sisma ma ancora forieri di importanti ritorni reddituali per chi vi voglia investire e sostenere l’economia reale, in quanto luoghi ricchi di potenzialità e dotati di un tessuto produttivo ancora capace di rinnovarsi, espandersi e dare lavoro. Non vorremmo, invece, che tutta l’operazione si risolvesse in una mera azione predatoria».
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Mi chiedi dove fossero tutti questi dipendenti virtuosi quando Banca Marche vendeva azioni non quotate ai propri clienti a prezzi senza nessun riscontro reale, se non complici spesso ignavi.
Dopo tanto tempo si rifà viva la Banca d’Italia.
Si può sfruttare tutto per il turismo, si pensi a quanta ricchezza portano a Roma le rovine dei Fori Imperiali.
La riduzione del personale non sarebbe affatto necessaria se le banche riducessero le sofferenze facendo attenzione nell’accordare prestiti, ad esempio evitando di prestare i soldi agli amici degli amici.
Il CED di Macerata può benissimo accorparsi ai sistemi informativi dell’UBI rimanendo nel territorio maceratese – marchigiano. ci sono alte professionalità procurate negli anni dalla grande Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, poi Carima – Banca Marche.Dobbiamo fare il possibile affinché la nostra storia non sia cancellata definitivamente dal territorio. Ivano Tacconi capo gruppo Udc Comune di Macerata.
Caro Tacconi, tempo non scaduto, ma scadutissimo. La classe dirigente maceratese (politica, associazioni di categoria produttive e tutti coloro che avevano in mano le leve decisionali) ha avuto non una ma cento occasioni per conservare ed accrescere l’asset territoriale rappresentato prima dalla CARIMA e poi dalla Banca delle Marche. Le ha sprecate tutte. Ha dilapidato oltre un secolo di accumulazione dei risparmi del territorio maceratese con 10/15 anni di gestione scellerata come minimo (la definisco in questo modo giusto per evitare querele). La storia della Banca delle Marche è la dimostrazione plastica del FALLIMENTO di una classe dirigente miope e stracciona.