L’ipotesi di acquisto da parte di Ubi di 3 delle 4 good banks, tra cui Banca delle Marche, si fa sempre più lontana. A bloccare l’operazione ci sarebbe un miliardo di euro di differenza tra le proposte dell’istituto e le richieste della Bce. Intanto un possibile ruolo dello schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi, per sbloccare la vicenda delle good bank, è attualmente visto “con prudenza”. E’ quanto riferiscono diverse fonti secondo cui “è opportuno prima capire l’accordo e poi ragionare su nuovi esborsi” ricordando l’impegno sopportato da tutte le banche italiane nella vicenda dei 4 istituti nel novembre 2015 (tramite il Fondo di risoluzione) e i successivi interventi in Tercas (tramite lo schema volontario), nelle due venete (tramite Atlante) e poi quello ancora da completare in Cassa Risparmio di Cesena. Nella trattativa fra Ubi, la Bce, la Commissione e le autorità di vigilanza lo scoglio sarebbe infatti nel ‘peso’ complessivo a carico dell’istituto visto che gli incagli (e sofferenze) potrebbero eguagliare il loro valore, imponendo quindi un aumento di capitale per l’acquirente.
In particolare Ubi punta a rendere l’operazione positiva per il gruppo attraverso tre condizioni: l’acquisto a prezzo simbolico di Banca Marche, Popolare Etruria e Carichieti, ancora non ripulite dalle sofferenze, non farsi carico dei crediti deteriorati e aumento di capitale di 2 o 300 milioni contro i 600 richiesti da Bce.
La strategia del gruppo bergamasco, che punta ad un’operazione di mercato e non ad un puro salvataggio bancario, è stata ribadita ieri dal presidente del Cds Andrea Moltrasio a margine dell’assemblea di Confindustria Bergamo. “L’operazione tra Ubi Banca e le good bank di Banca Etruria, Carichieti e Banca Marche non lo so se si farà, non dipende solo da noi. Porto in consiglio di sorveglianza – ha precisato Moltrasio – la questione dell’acquisizione delle banche solo quando sono in grado di creare valore per la nostra base di azionisti purtroppo nella nostra mission non abbiamo il salvataggio, che quindi deve essere fatto in altro modo. In particolare su questo siamo estremamente rigorosi, nel senso che se possiamo dare una mano al sistema dal punto di vista organizzativo e industriale nell’interesse dei nostri azionisti lo facciamo ma non siamo nelle condizioni di fare salvataggi perchè’ siamo una banca interregionale che abbiamo tenuto solida durante la crisi”.
Intanto da Bankitalia si sollecita una razionalizzazione di tutto il sistema creditizio e un drastico taglio sul personale. “Occorre accelerare la razionalizzazione delle strutture organizzative centrali e della rete delle dipendenze sul territorio, in modo da riassorbire l’eccesso di capacità produttiva che si è determinato in questi lunghi anni di crisi”. Dice Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia e presidente dell’Ivass, intervenendo alla 18esima Giornata del Credito. ” Questa razionalizzazione faciliterà sinergie fra banche di media dimensione. Le banche italiane – ha detto Rossi – lo condividono con gran parte degli intermediari europei, per via delle deboli prospettive di crescita economica, dell’incremento della concorrenza, dell’eccezionale, ancorché temporanea, discesa dei tassi d’interesse. Sull’alternativa alla liquidazione degli istituti Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara in caso di una mancata cessione nei termini recentemente prorogati dalla Ue, Rossi ha detto: “Ci sono ipotesi e strumenti per trovare una soluzione positiva a questo problema, diversi dalla liquidazione”. “In Italia, tuttavia, il problema è particolarmente acuto e riflette anche l’elevato livello dei crediti deteriorati, lascito della lunga e profonda fase recessiva”. “Giustamente, aggiungo, anche se con preoccupazione”. Sulla trattativa in corso, invece, Rossi non ha voluto commentare: “c’è riservatezza”.
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