Il salvataggio di Banca Marche, Carichieti, Banca Etruria e Cariferrara compie proprio oggi un anno e non si sblocca ancora la trattativa per la vendita. Slitta all’8 dicembre la decisione sulla vendita di tre dei 4 nuovi istituti creati dal decreto del 25 novembre 2015. E’ stato infatti rinviato l’esame da parte della Bce previsto per domani visto che Ubi banca, interessata all’acquisto di anca Marche, Carichieti, Banca Etruria non ha ancora presentato un’offerta formale. La doppia due diligence in corso da parte della società di revisione Deloitte, consulente del gruppo bergamasco e di Atlante richiederebbe ancora dieci o quindici giorni: l’attenzione è puntata in particolare sulla valutazione delle sofferenze u un centinaio di posizioni creditorie non in regola con le scadenze. Questa verifica si affianca a quella che sta compiendo Fonspa per conto di AtlanteDovrebbe concludersi tra fine novembre e inizio dicembre. Se così fosse la decisione del Supervisory board potrebbe slittare all’8 dicembre.
Intanto molti si pongono il problema della sovrapposizione di fialiali, in particolare nelle province di Ancona e Macerata, nel caso in cui, come molto probabile, la vendita a Ubi andasse in porto. Di sicuro non è pensabile, come ipotizzato in alcuni casi, la cessione di filiali a Bper che da mesi è in trattativa con Creval, proprietario di Carifano che metterebbe eventualmente a disposizione all’istituto emiliano le sue sedi.
Intanto dal 18 novembre scorso la filiale di Nuova Banca delle Marche di Grottaccia è stata accorpata da quella di Cingoli e l’agenzia 2 di Recanati è stata accorpata a quella di corso Persiani. Dal 16 dicembre saranno chiuse le filiali di Macerata agenzia 7 di via Pace sarà accorpata dalla filiale di corso Cairoli, la filiale di Sambucheto sarà trasferita a Montecassiano e la filiale Civitanova agenzia 5 transiterà a Civitanova agenzia 4 di via Ginocchi.
La Cgil lamenta che in tanti mesi non è mai stato richiesto un tavolo di istituzioni e associazioni: «Nessuna riflessione – scrive il sindacato – sulle inevitabili concentrazioni geografiche e di prodotto, sulle attività, sui servizi e sul prezzo dell’offerta bancaria conseguente alla cessione della proprietà, sulla “ concorrenza “ tanto cara al mercato. Straripanti i boatos su esuberi e licenziamenti, tanto perché i lavoratori intendano. Gli stessi lavoratori che ci hanno creduto, che hanno accettato di farsi carico di sacrifici economici e di riduzioni di diritti, che ci hanno “messo la faccia” con i clienti e con i risparmiatori. Chiusure e spacchettamenti di sportelli, di servizi, di presenze nei territori: di questo si sente parlare, senza che uno straccio di progetto sia stato reso noto.
Anche noi chiediamo creazione di valore, valore a doppia cifra per i lavoratori, salvaguardia e rispetto delle condizioni di lavoro e delle professionalità. Dopo le macerie di precedenti gestioni, l’amministrazione straordinaria, i “ provvedimenti di risoluzione “ del novembre 2015, 1 anno da banche ponte e l’ assoluta discrezionalità da parte dei “ decisori “ ( tanti ). Ma i lavoratori ( quelli delle 4 Nuove Banche, quelli del gruppo acquirente, quelli dell’indotto ) ci sono e intendono chiedere conto per sé e per i territori, dove le realtà interessate costituiscono una “ infrastruttura “ fondamentale per l’economia e per l’occupazione».
(a.p.)
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Confesso di essere ormai stanco di continuare a leggere proclami, proposte, minacce da parte sindacale senza che in oltre quattro anni nulla di concreto sia stato posto in essere per porre fine allo scempio di Banca Marche.
Dipendente ormai in zona Cesarini della Banca, negli ultimi cinque anni ho visto dimissioni, riassunzione immediata e nuove dimissioni definitive e onerosissime del D.G. Bianconi, amministrazione straordinaria, commissariamento, risoluzione (!) con prima e finora unica applicazione in Europa del bail in, scadenze via via prorogate per la vendita della ‘banca ponte’, l’ultima delle quali è riportata nell’articolo e casualmente rimanda a dopo il giorno del giudizio universale referendario…
Tutte le diverse sigle sindacali e la debolissima classe politica locale hanno a più riprese pontificato su come si sarebbe dovuto operare per salvare oltre 170 anni di storia del risparmio marchigiano ma nulla di concreto è seguito alle parole se non ulteriori pontificazioni, l’ultima delle quali è quella che leggo nell’articolo ad opera di una autorevolissima sigla sindacale.
A nessuno sfugge che ciò che finora è accaduto a Banca Marche rappresenta un disastro economico per il territorio marchigiano (e non solo) e la sua popolazione ma questi continui rinvii senza nemmeno l’ombra di un’idea di soluzione comincia a diventare un incubo per gli oltre 2500 attuali dipendenti (che non sono più i privilegiati del solito stereotipo bancario) con famiglia da mantenere e mutuo casa sulle spalle.
Il rammarico personale è ancora più grande nel vedere che l’Azienda nella quale ho lavorato per una vita è a terra in balia degli sciacalli di turno mentre intorno chi dovrebbe e potrebbe salvarla guarda e parla di massimi sistemi facendo sapere a tutti che sta facendo il proprio dovere.
Non c’è fretta, nella grande svendita banche così potranno venir buone per darle di resto.