Filippo Ferlazzo mentre aggredisce Alika
di Gianluca Ginella
«Siamo tutti molto dispiaciuti per la famiglia di Alika, per la situazione in cui si trova tutta la città. Siamo al centro di un turbinio mediatico fuori controllo. Io sto malissimo perché l’evento non è stato legato al razzismo. Questo assolutamente, e sentirlo dire è una cosa che mi sta facendo impazzire», sono le parole della compagna di Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, Elena.
La donna, che vive a Civitanova, oggi ha trovato la forza di raccontare a Cronache Maceratesi, in esclusiva (finora non aveva rilasciato interviste), quello che è successo e ciò che sta vivendo in questi giorni. Elena (omettiamo il cognome), ha alcuni anni più di Ferlazzo e vive a Civitanova (dove l’abbiamo rintracciata). La sua relazione con il 32enne era iniziata circa sei mesi fa.
Alika Ogorchukwu
Poi venerdì «un fulmine a ciel sereno» dice Elena. Ferlazzo, dopo che il 39enne nigeriano Alika Ogorchukwu, aveva fermato la coppia, intorno alle 14, nella zona della stazione di Civitanova, per chiedere l’elemosina, lo ha seguito, gli ha preso la stampella che usava per camminare dopo un incidente stradale, e prima l’ha colpito con quella, poi lo ha gettato a terra, gli si è seduto sopra e ha iniziato a premergli la testa. Quattro minuti di follia in cui lo ha ucciso.
Ma Elena non ha assistito a nulla di tutto questo, e si dispera: «Purtroppo non ero nelle vicinanze, sennò lo avrei fermato, non sarebbe successo nulla». Dov’era in quei minuti? «Dopo che ci aveva fermato (Alika, ndr) ho proseguito. Io parlavo con Filippo, che era tranquillo, e sono entrata in un negozio con la convinzione che fosse ad un passo dietro di me. Quando mi sono resa conto che non c’era pensavo fosse rimasto fuori a fumare o che fosse andato a prendere le sigarette – continua Elena -. E saranno passati una decina di minuti».
Quello che è accaduto glielo ha detto lo stesso Ferlazzo dopo l’aggressione. «Penso che nessuno al mondo vorrebbe trovarsi in una simile situazione, in un evento fuori dal proprio controllo. È stato un fulmine a ciel sereno, non avrei mai pensato che arrivasse a questa reazione. Con me è sempre stato una persona dolce, premurosa, attenta. Sempre educato, sempre “per favore, grazie”. Però si rendeva conto della sua malattia e voleva farsi curare». Ad aprile era andato in ospedale a Civitanova, di sua iniziativa, perché stava male. La compagna lo ha raggiunto e Ferlazzo aveva concordato con i medici per prendere un appuntamento con uno psichiatra. Poi era tornato a Salerno, dalla famiglia, per delle questioni personali e i tempi si sono allungati e l’appuntamento è slittato.
«Lui riconosce i suoi problemi, li ha da tempo, ma non aveva mai avuto reazioni di quel tipo» aggiunge Elena. Che ribadisce «il razzismo con c’entra nulla, è stato un evento fuori controllo dovuto alla malattia del mio compagno. Sono veramente vicina alla famiglia della vittima – aggiunge -. Sono una donna distrutta, mi trovo in un evento fuori dal mio controllo, ho un’altra famiglia che devo tutelare. In questo momento sono davvero in difficoltà». Preferisce non raccontare come si sono conosciuti ma spiega che «è una persona a cui sono legata». Andrà a trovarlo in carcere? «Non ci ho pensato, in questo momento penso minuto per minuto».
L’avvocato Roberta Bizzarri, legale di Ferlazzo
Domani mattina Ferlazzo comparirà davanti al gip per la convalida dell’arresto (che si svolgerà nel carcere di Montacuto di Ancona). Con lui ci sarà il suo legale, l’avvocato Roberta Bizzarri che in questi giorni è subissata di richieste di interviste non solo dall’Italia ma persino dagli Stati Uniti (anche il New York Times si è interessato alla vicenda).
Poi martedì ci sarà l’autopsia all’obitorio di Civitanova, affidata al medico legale Ilaria De Vitis, nominata dal procuratore facente funzioni Claudio Rastrelli, che coordina le indagini di Squadra mobile e commissariato di Civitanova. La difesa ha deciso che non nominerà nessun perito di parte, in quanto ritiene la dinamica dell’accaduto sia pacifica e ha già annunciato l’intenzione di chiedere una perizia psichiatrica. Omicidio volontario e rapina (del cellulare di Alika) sono le contestazioni mosse al 32enne che a Civitanova lavorava da circa un mese come operaio metalmeccanico in una azienda. Nato in Austria, Ferlazzo risiedeva a Salerno e ora viveva con la compagna a Civitanova.
Alika, 39 anni, viveva a San Severino da quando, nel 2016, aveva dovuto lasciare Tolentino dopo il sisma del 2016. Sposato con Charity, la coppia ha un figlio di 8 anni. Con loro, nella casa di San Severino vivevano anche il fratello di Charity e la nipote di Alika, figlia della sorella. La mattina il 39enne prendeva il treno e andava in giro, a volte a Macerata, altre a Civitanova, a vendere un po’ di merce (calze, piccoli oggetti) o se uno non comprava chiedeva magari un euro o due per mangiare e aiutare la sua famiglia.
Il commissario Fabio Mazza, il capo della Squadra mobile Matteo Luconi e il procuratore facente funzioni Claudio Rastrelli sul luogo del delitto
L’angolo dedicato ad Alika su corso Umberto I
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Altra importante testimonianza che il razzismo non c’entra nulla come motivazione dell’assassinio ma esclusivamente problemi psichiatrici e pertanto chi si serve ed accusa di razzismo organizzando manifestazioni lo fa in malafede e per propaganda politica di parte ma non si rende conto che è solo un boomerang di credibilità
Il problema maggiore che fa male, è stata l’indifferenza. Possibile che non si trovassero 2 o 3 uomini in grado di fermare l’omicida? Quel ragazzo si è rovinato la sua vita, oltre ad averla distrutta quella della famiglia del poveretto morto.
Si può manipolare l’accaduto sia se si vuole parlare di razzismo sia dicendo che il razzismo non c’entra. Detto questo, un giornale del sud ne parla come di una bomba atomica pronta ad esplodere e dove c’è chi dice che non si meraviglierebbe se prima o poi uccidesse qualcuno. Problemi di testa, di droga, di scarse cure ne hanno fatto un pericolo ambulante, licenziato anche dal titolare di Civitanova Alta dove lavorava per un attacco nevrastenico di cui parlava ieri ad un tg.
Si manifesti contro la malattia del povero ragazzo e contro la malattia dell’indifferenza che potrebbe anche essere d’origine virale.
Facile parlare dal salotto di casa di indifferenza di fronte ad un energumeno del genere che avrebbe potuto uccidere anche qualcun altro aggravando la situazione, tanto che in casi simili neanche le FF.OO. intervengono a mani nude ma usano il TASER per bloccare chi minaccia; inoltre risulta che diversi presenti hanno chiamato le FF.OO. intervenute subito ed uno di questi ha seguito il folle che ha cercato di allontanarsi come se nulla fosse avvisando per la sua cattura e lo stesso filmato è stato utile per le indagini.
Leggo adesso sul CORSERA di oggi a pagina 19 ed aggiungo al precedente mio commento: “ad assistere all’aggressione c’erano solo quattro persone non una folla, fra loro una ragazza moldava di 28 anni che ha ripreso tutto con il telefonino e gli investigatori l’hanno già ringraziata per il contributo alla ricostruzione della dinamica. E gli altri tre, due anziani ed un impiegato dell’ufficio dogane, chiamavano aiuto e gridavano “fermati” a Ferlazzo”.
Se ci fossero stati diversi giovani fisicamente forti e magari qualcuno esperto di arti marziali sarebbe stato molto diverso….
…qualcuno si sta chiedendo se con tutto questo parlare di razzismo, come stanno facendo “allegramente” moltissimi quotidiani, si possa innescare una fase di violenza e di odio (come questo pomeriggio, in centro a Civitanova, mi pare stia già accadendo) molto ma molto pericolosa? Tutto ciò senza un motivo valido, senza vere ragioni, ma per questo assai più pericoloso. I giornalisti, se così li vogliamo chiamare, si rendono conto di ciò!!? gv