Il presidio della comunità nigeriana con la moglie Charity Oriaki
di Giovanni De Franceschi (foto e video Fabio Falcioni)
«We want justice, vogliamo giustizia». E’ il grido della comunità nigeriana che questa mattina ha fatto sentire la sua voce lungo le vie centrali di Civitanova, bloccando pacificamente anche corso Umberto I. Un presidio nato spontaneamente quando alcuni amici di Alika Ogorchukwu – ucciso ieri pomeriggio lungo la principale via dello shopping civitanovese – in presenza di diversi passanti, si sono ritrovati sul luogo dell’omicidio. Si è svegliata così stamattina Civitanova. E se non fosse stato per loro e per questa manifestazione spontanea, agli occhi di un qualunque passante sarebbe sembrato un normale sabato mattina in città. Con le commesse fuori dai negozi a cercare di attrarre clienti, come un qualunque giorno di mercato. Con la violenza e il dolore a far semplicemente da sottofondo.
Con i primi manifestanti c’era Amen Richwarrant, pastore della chiesa evangelica di Potenza Picena. «Alika non lo conoscevo bene – ha detto – ma tutti mi hanno detto che era una brava persona. Sono sorpreso del fatto che nessuno è intervenuto. Abbiamo intenzione di organizzare una manifestazione, non so quando, ci riuniremo e decideremo. La famiglia e i figli come fanno adesso? Noi vogliamo evitare che tra qualche giorno ci si dimentichi di tutto».
Amen Richwarrant, il pastore della chiesa evangelica di Potenza Picena
A dar loro manforte anche gli avvocati Ilaria Narducci e Giuseppe Lufrano, che tra gli altri hanno assistito il fratello della moglie di Alika, Charity Oriaki, per le pratiche del permesso di soggiorno. «E’ assurdo che i negozi siano aperti, che la vita vada avanti come se non fosse successo nulla – hanno sottolineato – Questo non è l’atteggiamento di una città civile. Una tragedia nella tragedia è stata l’indifferenza di chi non ha fatto nulla, c’è chi ha filmato e non ha prestato soccorso. Ma cosa siamo diventati? E’ come se le persone si siano assuefatte alla alla violenza, è sconcertante».
Vicino al luogo dell’omicidio gli amici di Alika hanno creato un angolo con fiori e cartelli. Uno di questi recita: “Invece di correre dietro tante sciocchezze, chiediamoci: dov’è finita l’umanità”. E anche qualche civitanovese si è fermato per deporre un mazzo di fiori, come Alessandra Eleuteri. «Mi sembra il minimo – ha spiegato – dimostrare solidarietà a questa comunità, perché penso che loro non si sentano molto accettati. Quello che è successo è una ferita per tutti. Non si può uccidere così una persona e soprattutto non si può essere così indifferenti. Nel video che è stato girato si sentono delle voci, qualcuno che dice: “Così lo ammazzi”, ma nessuno è intervenuto. Sono sconvolta. Loro sono qui con noi, vivono e lavorano qui con noi». Nel corso della giornata poi l’angolo dedicato ad Alika si è arricchito sempre di più di fiori e messaggi.
L’abbraccio tra la vedova Charity Oriaki e e il sindaco Fabrizio Ciarapica
Pian piano sono iniziate ad arrivare sempre più persone della comunità nigeriana, con le foto stampate di Alika e del luogo dell’omicidio. Così è partito una sorta di corteo spontaneo, sicuramente non organizzato, né autorizzato. Un corteo che mano a mano ha letteralmente invaso il corso al grido di «We want justice, vogliamo giustizia», tra bandiere della Nigeria e foto della vittima. E i manifestanti sono arrivati ad essere una cinquantina, forse 60. Tra gli sguardi dei civitanovesi che stavano affollando il centro. A loro si è aggiunta poco dopo la vedova Charity in lacrime. Sconvolta, gli occhi gonfi di pianto, il viso una maschera di dolore. Con lei il figlio Emmanuel, e la figlia della sorella Princes che vive con lei. La donna si è seduta a terra e con lei anche altri manifestanti. Il traffico completamente bloccato, clacson, sirene e urla a fare da contorno. Caos, ma nessun incidente. Solo qualche attimo di tensione, quando un gruppetto di manifestanti se l’è presa per errore con un ragazzo che tra l’altro stava sostenendo le loro ragioni. Il giovane è stato costretto a rinchiudersi al bar Maretto scortato dai carabinieri.
I manifestanti hanno iniziato ad urlare: “Sindaco, sindaco”. Diverse le persone che si sono avvicinate alla vedova per mostrare vicinanza e farle le condoglianze, tra cui anche un bimbo. E il padre ha anche donato una discreta somma di denaro al figlio della vittima. Auto e mezzi pubblici bloccati a tratti. Nel frattempo sono arrivati anche gli agenti del commissariato, la polizia locale, i carabinieri.
Fiori sul luogo del delitto
I manifestanti hanno raggiunto il palazzo comunale, poi sono tornati indietro. E appena ha potuto è sceso anche il sindaco Fabrizio Ciarapica, che stamattina è stato prima impegnato in prefettura al Comitato di ordine e sicurezza pubblica convocato proprio dopo il brutale assassinio di ieri. Come prima cosa il primo cittadino è andato dalla moglie della vittima, sempre seguita e assistita anche dall’avvocato Francesco Mantella. Le ha fatto le condoglianze, l’ha abbracciata e ha condannato quanto avvenuto e soprattutto anche l’indifferenza di chi non ha mosso un dito mentre una persona stava morendo. Poi ha parlato un po’ con i manifestanti, quindi è salito in Comune con la moglie della vittima, il fratello di lei, l’avvocato Mantella e i bimbi.
Il corteo della comunità
Dopo un po’ sono riscesi e il sindaco si è fermato ancora una volta a parlare con i manifestanti, questa volta spostandosi in piazza XX Settembre. A far da interprete Patrick Goubadia, vice segretario della comunità nigeriana in Italia, arrivato a Civitanova dall’Abruzzo dove vive. Alcuni manifestanti hanno chiesto al sindaco rassicurazioni sul fatto che Charity non resti sola, che venga aiutata dal Comune. Altri si sono chiesti cosa sarebbe successo se fosse stato un nigeriano ad uccidere un italiano, altri ancora hanno ricordato il raid di Luca Traini a Macerata, qualcuno l’aggressione che a Fermo nel 2017 costò la vita ad Emmanuel Chidi Nnamdi. C’è chi ha voluto garanzie sul fatto che il responsabile dell’omicidio di Alika paghi fino in fondo per quanto fatto. Il sindaco li ha rassicurati: ha detto che anche lui spera che l’assassino finisca i suoi giorni in carcere, che il Comune non lascerà sola Charity, che verrà indetto un giorno di lutto cittadino e che l’amministrazione si farà carico delle spese del funerale del 39 nigeriano.
(ultimo aggiornamento alle 17,16)
Momenti di tensione
Il sindaco Fabrizio Ciarapica incontra i manifestanti
È giustissimo ..come per Pamela Mastropietro
Mancia Rita infatti
Mancia Rita infatti è stata fatta giustizia per lei
Francesco Clerico certo
Il problema è che in Italia non esiste giustizia, non esistono pene esemplari,tutto all'acqua di rose
Io sono d'accordo con la comunita' nigeriana seria quella che si integra e lavora....non con la comunità nigeriana tutta....quella delinquente quella mafiosa e quella che spaccia
Solidarietà alla vedova.
Tutti bravi a riprendere con il telefonino, ma nessuno a salvarlo, solo a guardare, e guel delinguente te in galera a vita .
Certi partiti istigano la violenza.
Un po' presto per chiedere giustizia, semmai aspettate che si faccia ol processo, se poi giustizia non sarà fatta allora si può scendere in piazza a chiedere giustizia. Ora tutte le manifestazioni che si possono fare sono inutili. Vanno fatte prima semmai
Ve la faranno.....
Nella vita ci vogliono molte cose
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Una pagina dolorosissima, dove non c’entra il colore della pelle; mentre invece si evidenzia una regressione grave del livello di civiltà della nostra terra. Supponendo anche l’insistenza invadente di Alika, non è pensabile di poter arrivare all’omicidio per tenerlo al suo posto.
Ma quello che è più angosciante, grave, terrificante, è il “pubblico non pagante” che registra video, si siede e guarda, commenta a distanza, fino all’esito letale. Ti vuol venire in mente di chiamare il 112, se proprio manca il coraggio di lanciarsi nella mischia per fermare un momento di assoluta pazzia?
Nella tragedia, è’ questa del contorno la pagina agghiacciante. Per la quale non si trovano parole al di là di un diffuso orrore.
Ho assistito al “presidio spontaneo” e, sinceramente, stavolta ho paura a commentare e, come “inizio”, basterebbe a capirne le ragioni (per chi ne è capace o per chi vuole farlo). gv
useranno l’omicidio di questo signore Alika come hanno usato l’omicidio di George Floyd nel 2020 in USA contro Trump e a favore dei DEM di Biden/Obama, schifo totale strumentalizzare la morte per propaganda elettorale ma tanto sono decenni che si è toccato il fondo della scorrettezza…
Sottoscrivo in pieno le espressioni di Filippo Davoli. E aggiungo che Civitanova Marche si è fatta conoscere in tutto il pianeta, soprattutto per le immagini del momento criminale. Come Macerata per il caso Pamela.
Dovranno essere gli psichiatri, gli psicologi e i sociologi a darci una risposta scientifica su cosa ha scatenato l’inconscio dell’italiano bianco contro il nigeriano nero.
Ma tutti dovranno interrogarsi, per primi i politici e per secondi la Chiesa.
I politici per il senso di insicurezza totale in cui stiamo vivendo, malgrado tutti i proclami di solidarietà con il Terzo Mondo, di diritti per tutti, mentre assistiamo all’invasione da Sud, con molti criminali in libera uscita dal loro paese d’origine, dove non li trattano con il nostro spirito di solidarietà. Sì, abbiamo paura di camminare per le strade anche di giorno, sperando di non incontrare chi nelle grandi città ha occupato determinali luoghi in cui è meglio non passare, neanche di giorno. Sono decenni che ciò avviene e lo Stato ormai non sa più che pesci pigliare per giustificare tale politica di accoglienza.
La Chiesa dovrebbe interrogarsi se ormai, oltre ad essere “Mater”, è ancora “Magistra”. Nel senso che deve dare indicazioni ai fedeli e non inseguire le ormai sclerotiche indicazioni progressiste sui diritti per tutti, come invece faceva nei secoli passati per regolare i rapporti tra le popolazioni dell’epoca.
Alika non era qui come turista. Era qui solo perchè nella ricchissima Nigeria non aveva futuro. E’ venuto qui con il miraggio di una vita migliere, come facevamo noi un secolo fa andando via dall’Italia. E qui in Italia Alika, pur non entrando nel traffico di droga, magari era regolato da una organizzazione che gli forniva la merce da vendere, magari con un pizzo sul denaro che riusciva a raccogliere come elemosina. Sembra che che ci sia una organizzazione guida i questuanti davanti ai supermercati e per le strade.
La Chiesa smetta infine i minuetti politici e indichi chiaramente chi sono gli sfruttatori del Terzo Mondo e chi è il Potere Mondiale che da noi, oltre a cambiarci i connotati naturali, vuole renderci schiavi. Tra poco saremo in molti ad essere come Alika.
Andiamo sul pratico: il Comune di Civitanova Marche e la Diocesi di Fermo organizzino una raccolta di fondi per sostenere la famiglia di Alika.