Abitazione della famiglia di Alika Ogorchukwu a San Severino
di Monia Orazi
Era una presenza familiare quella di Alika Ogorchukwu, il 39enne brutalmente ucciso ieri pomeriggio a Civitanova, per gli abitanti di San Severino. Lo si vedeva spesso in giro, camminare claudicante appoggiandosi alla stampella, con la sua sagoma corpulenta, andava alla stazione a prendere il treno, per raggiungere Macerata e più spesso Civitanova, per vendere fazzolettini, accendini e altre chincaglierie.
La vittima, Alika Ogorchukwu
L’ambulante di origine nigeriana, risiedeva in città da alcuni anni con la sua famiglia, la moglie un figlio di otto anni, la nipote di dieci, in una casa in località San Michele, presa in affitto dal titolare di una ditta di marmi settempedana. Oggi le serrande marroni della casa erano sbarrate, non c’era nessuno (la moglie era a Civitanova per un presidio dove il marito è stato ucciso a Civitanova). Lo sgomento e l’incredulità sono i sentimenti predominanti nelle parole dei settempedani, tra i banchi del mercato settimanale.
Al bar ricevitoria 6259 in via San Michele, a poche decine di metri dove viveva il 39enne con la sua famiglia, è una cliente che ha chiesto di rimanere anonima a raccontare qualche episodio legato alla presenza di Alika: «Sono una cliente fissa di questo bar e lo incontravo spesso. Aveva il viso buono, veniva spesso con il figlio e la nipotina, ci eravamo affezionati a lui. Aveva un modo di fare tranquillo, a volte era un po’ insistente, ma niente di eccessivo. Abitava qua vicino, a volte si vedeva anche la moglie o il fratello di lei, tutte bravissime persone. E’ una tragedia che ci ha sconvolto, non ce lo aspettavamo, non ci credo ancora che sia accaduto».
«Lo incontravo spesso – le fa eco l’ex consigliere comunale Claudio Scarponi – era buono, una brava persona, spero che ci sia l’impegno economico del Comune per sostenere la sua famiglia, inoltre spero sia proclamato il lutto cittadino».
La vita di Alika Ogorchukwu si divideva tra la sua famiglia e l’attività di venditore ambulante di piccoli oggetti. Per spostarsi usava il treno, tante le testimonianze sui social di persone che lo hanno riconosciuto, per averlo incontrato. Saliva con il suo zainetto pieno di merce, arrivava il più delle volte a Civitanova e cercava di vendere i suoi piccoli oggetti, a volte chiedeva qualche moneta in elemosina. «Solo ieri mattina abbiamo scherzato – racconta un’altra settempedana – era un uomo bravissimo e buonissimo, non dava fastidio a nessuno, che riposi in pace e la sua morte non sia vana».
Charity con il sindaco Fabrizio Ciarapica
A San Severino il sindaco Rosa Piermattei dice che il Comune sarà vicino alla famiglia della vittima: «La nostra città è sconvolta da quanto accaduto, un omicidio brutale ed efferato, che non ha alcuna giustificazione.
Alika lo incontravamo spesso, specie da quando ha avuto l’incidente, un anno fa è stato investito mentre era in bici, aveva problemi alla gamba e camminava appoggiandosi ad una stampella.
Era buono e tranquillo, insieme alla sua famiglia era perfettamente integrato, non ha mai dato nessun problema. Ha chiesto aiuto solo due volte ai servizi sociali, quando ha usufruito di due buoni spesa per il Covid, un aiuto per pagare una bolletta un po’ alta, ma niente altro. Era orgoglioso e voleva essere indipendente per provvedere alla sua famiglia».
Rosa Piermattei ha già contattato l’assistente sociale: «Vogliamo essere vicini alla sua famiglia, faremo un incontro con l’assistente sociale, prenderemo contatto con la moglie, per poter rispondere alle sue necessità. E’ un nostro dovere non solo istituzionale, ma anche umano, verso una persona ben inserita, che aveva un viso buono, un modo di chiedere tutto suo, ma non era capace di fare del male a nessuno.
Protesta a Civitanova
Siamo addolorati e sconvolti, per una tragedia in cui si è perso ogni senso di umanità, cercheremo di fare tutto il possibile per essere vicini a sua moglie e al suo bambino, che frequenta regolarmente le scuole primarie a San Severino».
L’arcivescovo di Camerino e San Severino, Francesco Massara, dove risiede la famiglia di Alika ha assicurato assieme al parroco di San Severino e direttore della Caritas: «La comunità cristiana di San Severino si stringe a questa famiglia così colpita del dolore ed assicura, come si è sempre operato con tutti, la piena disponibilità ad aiutare la signora Charity ed il figlio in questa situazione di prova».
Fiori per Aika
Condoglianze alla famiglia
Condoglianze alla famiglia
Condoglianze alla famiglia
Condoglianze alla famiglia. Detto questo, la colpa é delle istituzioni. Nella nostra epoca così moderna e allavanguardia é impensabile trovarsi davanti a dei mendicanti. Molto spesso molesti e aggressivi. Sono persone che vanno aiutate. Vergogna
Condoglianze
Che cosa orrenda ma in che mondo viviamo.
Condoglianze alla famiglia
Dio consoli e riempia i cuori dei familiari
Riposa in pace
Riposa in pace
Condoglianze alla famiglia R.I.P
Anna Raponi
Condonianxa ripoza ine pace
Cordoglianse alla famiglia spero che le istituzioni aiuti i figli e la moglie prego per tutti loro
Condoglianze alla famiglia
Mi dispiace molto per l,indifferenza dei passanti vergogna perché non lo avete aiutato riposa in pace c
Condoglianze
Condoglianze alla famiglia
Un paese dove si può morire ammazzato per chiedere l'elemosina....non si può considerare un paese civile.
Vivissime condoglianze
Riposa in pace
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Povero Alika. Si parla del nigeriano come di uno bene integrato nella sua San Severino. Eppure si spostava a Macerata, Civitanova e nel territorio della provincia per mendicare. Solo nel 1999 è stata abrogata dalla Corte Costituzionale la legge che prevedeva l’arresto fino a 3 mesi e 6 per chi praticava l’accattonaggio. Rimane in piedi la condanna per chi a questa pratica unisce mezzi vessatori, quale: violenza, insistenza fino ad impedire un attività etc. Alika, perciò si arrangiava come poteva e certe volte lo faceva anche in modo abbastanza stringente ed insistente. Mi chiedo, al di la di queste considerazioni, che non vogliono in alcun modo porre in cattiva luce il Nigeriano morto assassinato, cosa significhi per alcuni le parole integrazione, accoglienza etc. Cosa significhi per il Sindaco di San Severino o per i tanti che lo hanno riconosciuto per la sua incessante attività di accattonaggio, se l’integrazione prevede che un soggetto debba per anni dedicarsi all’accattonaggio per mantenere la propria famiglia, invece di avere un lavoro e non aspettare che le bollette o altro le paghino i cittadini di San Severino, Macerata, Roma o Milano? Questo il punto. Come faremo ad integrare veramente e dignitosamente queste persone che ogni giorno sbarcano in Italia senza avere neanche un paio di scarpe? E’ giusto imporre tasse comunali, regionali, statali che obblighino alla solidarietà milioni di italiani compresi quelli poveri o che sono precari nel lavoro? Quale modello si propone per una vera integrazione di milioni di disperati come il povero Alika. E’ possibile? Esiste una reale integrazione che non sia solo uno slogan??