Il dolore di Charity:
«Nessuno ha aiutato mio marito,
non era un animale»

OMICIDIO SUL CORSO - La moglie di Alika Ogorchukwu ammazzato ieri lungo corso Umberto I: «Voglio giustizia, non si può morire così. L'ho visto per l'ultima volta ieri mattina, gli ho dato una brioche, ci siamo salutati e lui è venuto a Civitanova». L'avvocato Mantella: «Non c’è margine per pensare a un'ipotesi diversa dall'omicidio volontario»

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In ginocchio, Charity Oriaki oggi alla manifestazione di Civitanova

di Giovanni De Franceschi

L’ultimo gesto, dargli una brioche per colazione. Poi l’ha salutato come ogni mattina. L’ha rivisto ore dopo, sotto un telo bianco. Charity Oriaki è una donna distrutta, parla a fatica, sul volto i segni indelebili di una ferita che probabilmente non si rimarginerà mai.

WhatsApp-Image-2022-07-30-at-16.49.281-325x217Suo marito Alika Ogorchukwu, 39 anni, è stato ucciso lungo corso Umberto I a Civitanova, dopo una brutale aggressione. Quasi ogni giorno partiva da San Severino per arrivare nella città costiera e chiedere l’elemosina. Ieri non è più tornato. Entrambi originari della Nigeria, la prima ad arrivare in Italia è stata lei, poco più di una decina d’anni fa. Dopo uno o due anni è arrivato anche lui, si sono conosciuti, si sono innamorati e si sono sposati nel nostro Paese. Otto anni fa è nato il loro bimbo, Emmanuel. Per un po’ di tempo hanno vissuto a Tolentino, poi dal 2016 con il terremoto si erano trasferiti a San Severino. Con loro anche il fratello di lei Wilson Ogiegade e la figlia della sorella di lui, Princes. Erano in cinque in casa, e lui ogni mattina partiva per racimolare un po’ di soldi. Neanche dopo che era stato investito ed era costretto ad usare una stampella per camminare, rinunciava ad andare a Civitanova. In città negozianti, baristi e diverse persone lo conoscevano. A volte era un po’ invadente, dicono, ma pare non avesse creato mai particolari problemi.

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Charity Oriaki seguita dall’avvocato Francesco Mantella mentre entra in Comune

Lei ieri è corsa a Civitanova appena le hanno detto cosa era successo, non ha fatto in tempo a salutarlo per l’ultima volta. Lui era già morto. Nell’indifferenza di chi ha assistito, ha filmato anche, ma non è intervenuto. Oggi Charity è tornata in città, alla manifestazione organizzata dalla comunità nigeriana per chiedere giustizia. Con lei i due bimbi, di cui ora si dovrà occupare senza il marito. Le sue urla di dolore sono riecheggiate per il corso bloccato dai manifestanti. Le sue lacrime hanno scandito il tempo della manifestazione.

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«Voglio giustizia, non si può morire così – ha detto Charity piangendo – Vai a lavoro e vieni ammazzato. L’ho visto per l’ultima volta ieri mattina, gli ho dato un brioche, ci siamo salutati e lui è venuto a Civitanova.

Poi mi hanno chiamato dicendomi che sarei dovuta correre a Civitanova. Sono arrivata e l’ho trovato lì per terra. Io lo voglio vedere in faccia questo uomo. Voglio chiedergli guardandolo negli occhi perché ha ucciso mio marito, perché tanta cattiveria. Voglio giustizia – ripete – io adesso sono rimasta sola. Il nostro bambino ancora non si rende conto di quello che è successo». Secondo lei l’hanno ucciso perché nero? «Certo – risponde – perché sennò tanta violenza. Non c’è nessuno che l’ha aiutato, perché così? Non è un animale».

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La vittima, Alika Ogorchukwu

«Ha detto che veniva a Civitanova e che poi sarebbe tornato – ha raccontato Wilson Ogiegade, fratello di Charity – Ancora non ho realizzato quanto accaduto, chiediamo giustizia. Lui era un bravo ragazzo, tranquillo, non dava problemi a nessuno. Era un buon padre e pensava solo al lavoro e alla famiglia. L’indifferenza di chi non ha fatto niente? Mi lascia senza parole, non è umano, è contro natura».

Al fianco della donna, anche l’avvocato Francesco Mantella, che segue la famiglia da tempo e non l’ha mollata praticamente un attimo. Martedì alle 11 ci sarà l’autopsia sul corpo di Alika a Civitanova e loro hanno già nominato due consulenti per assistere, Stefano e Francesca Tombesi. Il legale è tornato poi sull’aggressione di ieri, per cui è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario e rapina il 32enne Filippo Claudio Giuseppe Ferlazzo, metalmeccanico originario di Salerno, da qualche tempo a Civitanova.

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L’abbraccio tra la vedova Charity Oriaki e e il sindaco Fabrizio Ciarapica, con loro anche l’avvocato Francesco Mantella

«I suo gesti erano orientati a sopprimere – ha spiegato Mantella – non c’è margine per pensare a un’ipotesi diversa dall’omicidio volontario. L’azione mostra un desiderio che va al di là di qualcuno che vuole vendicare uno sgarbo, difficile trovare qualche elemento per ritenere che la morte sia legata ad un incidente di percorso che l’aggressore non aveva valutato. Anzi, se probabilmente ci fosse stato qualcosa che lo avesse fermato, Alika sarebbe ancora con noi. E’ grave che nessuno ha ritenuto di andar a dare un calcio all’aggressore, spingerlo o spostarlo via. E’ un atteggiamento inaccettabile».

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Fabrizio Ciarapica con l’avvocato della moglie di Alika, Francesco Mantella



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