Giacomo Buoncompagni
di Giacomo Buoncompagni*
L’emergenza sanitaria e la crisi economica sembrano aggravarsi e mescolarsi sempre di più a livello regionale, nazionale ed europeo con le relative micro-emergenze “di contorno”, come ad esempio i confusi dibattiti politici e l’assenza di una chiara comunicazione istituzionale in continuo mutamento ogni 2 o 3 giorni, completamente stravolta nel suo contenuto e significato rispetto a quanto detto in precedenza.
Operare in modo equilibrato in questa situazione, tutelando cioè la salute dei cittadini-lavoratori da un lato, e allo stesso tempo valutando e attivando misure economiche in grado di coprire momentaneamente le lacune finanziarie dall’altro, sembra impossibile. Così il discorso pubblico si divide al momento in due parti: quelli che suggeriscono di mantenere attiva la cosiddetta fase 1, caratterizzata dalla presenza della maggior parte degli scienziati e dei cittadini più prudenti che suggeriscono di mantenere un controllo costante dei dati e delle misure di restrizione intraprese, e quelli invece a favore dell’attivazione immediata della fase 2, composta da politici e lavoratori appartenenti alle medie-grandi imprese. Semplificando e ragionando per macro-categorie l’attuale dibattito è caratterizzo dallo scontro “Salute o Economia? “, nonostante ci si trovi ancora in piena fase emergenziale. Di fronte allo scenario di crisi attuale ognuno è motivato ad agire secondo i propri bisogni, la propria esperienza, professione, cultura, appartenenza politica e sulla base della propria capacità di leggere i dati comunicati ogni giorno e sul livello di emergenza attuale nella città in cui vive. Non tutti siamo esperti ad esempio di crisi, o di economia, di Eurobond o Mes. Ma lo strumento che potremmo però utilizzare, per avere un quadro più lucido della situazione e mantenere il controllo di noi stessi senza covare rancori immotivati o cadere in depressione, è quello del buon senso. A volte l’approccio più corretto da adottare di fronte alla complessità è quello più semplice. Una frettolosa e totale ripartenza, la mancanza di misure di sicurezza, il ritorno ai continui flussi di persone “iper-attive” nelle strade, nei contesti industriali, aziendali o addirittura scolastici, sarebbe effettivamente rischioso a tal punto da generare una ricomparsa dell’epidemia, dunque un’ulteriore possibile ritorno alle attuali misure restrittive, con conseguenze psicologiche devastanti e un nuovo sovraccarico dei malati negli ospedali (e nelle proprie abitazioni). Allo stesso tempo però il prolungamento di misure restrittive porterebbe la maggior parte delle famiglie italiane e l’economia nazionale al collasso. Dunque come se ne esce? Il buon senso, che non è sinonimo di ovvietà e di superficialità, suggerisce di trovare un equilibrio tra questi due scenari. Solo alcune attività, e quindi non le scuole per esempio, potrebbero riprendere con le dovute precauzioni, mentre la “quarantena” sarebbe auspicabile prolungarla per quei soggetti che possono lavorare da casa o che hanno di recente frequentato posti a rischio contagio. Lo Stato potrebbe rinnovare quelle coperture economiche già avviate (pensiamo ai 600 euro) magari ripensando una distribuzione differente questa volta (in termini di quote e destinatari) e, allo stesso tempo, operare in maniera preventiva all’interno di tutti quei luoghi a rischio che prevedono nei prossimi mesi affollamento di persone e difficoltà nel mantenere una pulizia dello spazio occupato e la giusta distanza sociale suggerita: uffici pubblici, scuole ed università, ad esempio. I malati in casa dovrebbero essere portati in ospedale o i team di sanitari potrebbero essere maggiormente supportati per un ipotetico lavoro di cura domiciliare costante; la politica attuata del curarsi autonomamente in casa sta portando a due conseguenze: maggior numero di morti per coronavirus nei contesti privati e l’esclusione questi, in termini di dati, dalle statistiche nazionali istituzionali. Inoltre l’informazione, che sta alla base di ogni buona pratica politica e istituzionale, dovrebbe evitare di dar voce a centinaia di esperti provenienti da ogni parte del paese o criminalizzare alcune situazioni, interventi o personalità. Non è una questione di “democrazia dell’informazione”, in un contesto di emergenza servono punti di riferimento, sono necessari coordinamento e ordine nella comunicazione. Di fronte a tutto questo potrebbero essere numerose le discussioni, i ragionamenti e le critiche, cosi come potremmo continuare a costruire decine di inutili task force per ogni minima questione sollevata. Ma continuare a mettere in contrapposizione “Salute Pubblica ed Economia” è un grave errore politico e una mancanza di rispetto per ogni singolo cittadino italiano ( ed europeo). Ogni individuo, giovane o anziano, ricco o povero, italiano o straniero, deve e essere curato nel miglior modo possibile, cosi come ha diritto di essere supportato e di supportare in tutti i modi se stesso e la propria famiglia proteggendola da ogni rischio economico e/o di salute. La storia umana è caratterizzata purtroppo da vincitori e vinti, da deboli e forti, da furbi e onesti, ma quando accadono situazioni di emergenza come queste, a livello globale, che coinvolgono allo stesso modo ogni individuo sul pianeta, disuguaglianza e indifferenza sono termini che dovremmo escludere dal nostro vocabolario di vita. Non esistono giustificazioni di alcuna natura: salute ed economia vanno salvate entrambe allo stesso modo e con gli stessi tempi perché questo significa agire per il bene di ogni singolo cittadino, senza distinzioni di alcun tipo. Se il mondo riparte, si riparte insieme e questo non è un discorso utopico, populista, complesso, inconcepibile o banale, è semplicemente buon senso.
*Dottorando in Sociologia all’Università di Macerata
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“Salute o Economia” da sostituire con “Salute e Economia” in un mix equilibrato di interventi da parte del Governo e di risposte dei soggetti, sia privati cittadini che di aziende, il più responsabile possibile in modo da attenuare i riflessi negativi che sarebbero devastanti se si privilegiasse la Salute a discapito dell’Economia o viceversa, buon senso da parte di tutti come perfettamente spiegato nel l’intervento.
Ovviamente, se ci si riflette un attimo, economia della salute non c’entra nulla con la salute dell’economia!
…un altro Mestofante ancora, oppure…parole in libertà!? Mah!! gv