di Maurizio Verdenelli
Cosa sarebbe cambiato per Macerata se Dante Ferretti fosse rimasto assessore alla Cultura, accettando a cavallo tra gli anni ’97 e ’98 (“per amore, solo per amore”) l’incarico dalle mani di Anna Menghi, il sindaco ‘della svolta’ (annunciata) succeduta a Gian Mario Maulo? Difficile rispondere visto il tempo trascorso. Probabilmente molto sarebbe cambiato per lo Sferisterio -che, sia detto per inciso, ha aperto le porte al più grande scenografo vivente soltanto una volta, nel 2008 con ‘Carmen’! Non tantissimo, certo, sarebbe cambiato per le sorti del centro storico il cui spopolamento ha riservato, come noto, vivissima ‘impressione’ a Ferretti mentre, seguito dall’equipe di Sky Arte, visitava e commentava ‘alla luce del giorno’ le bellezze della città. Molto invece sarebbe cambiato in riferimento all’arredo urbano (leggi l’intervista).
Perché a Dante ‘nell‘Inferno di Macerata‘ non sono piaciuti neppure sedili e divanetti bianco-finto marmo spuntati pur con l’abbellimento ‘preventivo’ di piante, bacche rosse e pungitopi, lungo vie e piazze nei giorni che hanno preceduto il Natale. Non si hanno notizie, tuttavia, se mai qualcuno li abbia finora utilizzati per una seppur breve sosta. Ma questo non è il punto. Non sono piaciuti e neppure al tre volte Premio Oscar! In ogni caso se Ferretti fosse rimasto assessore comunale, almeno per quell’amministrazione, una ‘cosa’ senz’altro l’avremmo vista. Nel settembre 1998 ci sarebbe stata infatti la prima edizione di un radioso festival del cinema con l’arrivo previsto di Leonardo Di Caprio, Brad Pitt, Robert De Niro e Martin Scorsese. Macerata sarebbe venuta otto anni prima di Roma che ha inaugurato il suo Festival nel 2006, premiando proprio Di Caprio e Scorsese, una celebre accoppiata che ora punta all’Oscar con “The wolf of Wall Street”. Per Macerata il Festival del Cinema fu un’immensa occasione gettata al vento perché ‘ci’ perdemmo l’Uomo dei Sogni che l’avrebbe resa concreta: Dante Ferretti. Che, sabato scorso osservando la realtà come nella favola di Andersen, il bambino, ha avuto ‘il coraggio’ di esprimere con chiarezza e forza (e la consueta elegante ironia) ciò che tutti vedono e pochi in realtà dicono: il declino di M Schiavo al ricevimento della cittadinanza onoraria
Perché ‘ci’ perdemmo il mago che avrebbe potuto dare un brand sicuro al capoluogo? Perché così a cuor leggero ‘ci’ siamo liberati di un talento che tutto il mondo ‘ci’ invidia e stentiamo anche a riconoscergli una laurea honoris causa che davvero lo illustri nella sua arte, l’architettura? Fu l’invidia ‘delle corti’ e delle ‘logge’, variamente intese -destra, centro e sinistra, poco importa- nel timore che talune rendite di ‘posizioni’ così immeritatamente conquistate potessero essere messe in discussione. Il nuovo assessore alla Cultura fu letteralmente ‘crivellato’ dalle critiche, non solo da parte dell’opposizione, ma anche interne mentre la sindaco che sinceramente l’aveva voluto (sulle prime per dire ‘no’ ad autocandidature poco digeribili, che con gli anni in ogni caso hanno fatto carriere abnormi) sembrava una ‘Letta anti litteram’. C’erano uno, dieci, cento Renzi ad incalzarla da ogni lato. Inoltre Dante, che veniva accusato genericamente di ‘starci poco a Macerata’ -pur essendo questo nei patti- aveva fatto ‘scandalo’ quando alla dirigente del servizio Cultura aveva chiesto quanti soldi ci fossero e alla sua risposta (“60 milioni”), aveva risposto magari un po’ improvvidamente: “Con questa cifra ci organizzo al massimo il compleanno di mio figlio!”. Il calembour fu utilizzato contro di lui provocando fariseici commenti sdegnati che non consideravano il fatto che Ferretti non era certo l’assessore chiamato a gestire contributi a fondo perduto per questa o quell’altra associazione! Tanto che Anna Menghi provvide, con giunta e consiglio, ad innalzare ad un miliardo il budget a disposizione della Cultura. In questo contesto nacque il progetto-Cinema con la collaborazione, a Roma, di Raffaele Curi, potentino, attore di una certa fama, caro a Pupi Avati e Giancarlo Menotti, già pierre della Stagione Lirica negli anni d’oro 1984-85, quelli di ‘Boheme’ e via elencando.
Tuttavia gli attacchi a Ferretti, che non aveva vinto finora neppure …un Oscar, continuavano: note, dichiarazioni, comunicati e perfino affissioni murali dei quali Dante aveva puntualmente notizia a Roma o in qualsiasi altra parte del mondo tramite l’adorata sorella Mariella, dal fax dello storico negozio di famiglia in Piaggia della Torre. Di pari passo con quegli invii, si affievoliva l’entusiasmo dell’assessore. Il quale, nel frattempo aveva ricevuto la doppia nomination, scenografia e costumi, per ‘Kundun’: nascita e giovinezza dell’attuale Dalai Lama.
Era così evidente il suo abbassamento d’umore da preoccupare l’amico fraterno (‘il mio eroe’) Scorsese. ‘Marty’, da buon siculo-americano si mostrò reattivamente pragmatico. Temendo che il ‘caso Macerata’, con tutti i suoi veleni, le insidie e i tradimenti incidesse nella creatività del suo scenografo -conosciuto tramite Federico Fellini- fu imperativo. ‘Lascia l’incarico di assessore! Lascia Macerata, che ti far stare male!’ disse il regista al suo talentuoso collaboratore. Il quale, alla fine, ubbidì. Anna Menghi chiese un po’ di tempo per formalizzare un tale addio che venne posposto ed ufficializzato dopo ‘La Notte degli Oscar’. Che fu anche la lunga notte culturale di Macerata, come ormai risaputo, anche se questa pare ‘diventata giorno’ per dirla con lo stesso Ferretti a proposito del ‘vuoto’ della città, paesaggio tradizionale fino a poco fa delle sue passeggiate dopo la cena in casa dei nipoti Federico e Renata. ‘Perduto’ (volontariamente) lo scenografo, l’unico vivente celebrato nella storia del Mo.Ma di NY, definito ‘secondo a Cristoforo Colombo’ da Obama tra i primi dieci italiani negli States di tutti i tempi, tre lustri fa Macerata ancora una volta si rinchiuse su se stessa. Anna Menghi fu il primo sindaco d’Italia, dopo la riforma, ad essere ‘silurata’ di lì a poco da una ‘congiura’ di palazzo dove tornarono altri giovani, e cioè i ‘vecchi’ noti di sempre. L’ordine fu ristabilito a Varsavia. Di Leo Di Caprio, Cameron Diaz, De Niro e dei loro ‘mentori’ Scorsese e Ferretti nessuno più parlò. Il silenzio fu rotto, peraltro, in occasione dei tre Oscar vinti dal maestro che di questa città fu l’assessore.
C’era però qualcuno che non dimenticava. Un anno dopo, infatti, qualcuno scrisse al giornale di cui ero dipendente: il mio “intervento era stato ritenuto determinante in merito alla nomina a sorpresa di Dante Ferretti ad assessore alla cultura. Si dava per certo, infatti, che era stato lo stesso Maurizio Verdenelli a prendere i contatti con il predetto Ferretti, tramite sue conoscenze personali e professionali”. Ciò era naturalmente disdicevole con il mio ruolo ‘super partes’ di capo di una redazione giornalistica che doveva avere, per dirla con Montanelli, ‘con il potere una distanza di sicurezza’. Vero, giusto. Sono passati 16 anni da allora e seppure il giornalismo non si avvalga più volentieri degli insegnamenti del grande Indro, di quel consiglio su Ferretti assessore comunale dato ad Anna Menghi nel ’97 non mi sono mai pentito.
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Non vorrei sbagliare (son passati tanti anni ) ma, all’epoca, non mi pare di ricordare che il patto/accordo dello “starci poco in città” (per ovvi motivi professionali) fosse mai stato avvisato/discusso/comunicato alla città.
Oppure, se tale comunicazione avvenne, forse venne realizzata in modo totalmente sbalestrato in quanto quando (da destra/sinistra/centro/sopra/sotto/avanti e indietro) cominciarono a piovere attacchi/critiche, sull’assenza, non mi par di ricordare di nessuna presa di posizione amministrativa veemente che chiarisse le cose e mettesse a tacere la discussione.
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Ad onor del vero ci sarebbe da ricordare che la Carmen del 2008 (realizzata veramente in economia, con 4 soldi) ha dato sicura dimostrazione della Grandezza del personaggio: un allestimento, per così dire, minimale che occupava magnificamente tutto il palco.
Anche a me quei sassi a corso Matteotti non piacciono proprio..grazie Maurizio a presto.
Un saluto al grande maestro Ferretti.
Non penso che ci serviva il parere di Dante Ferretti per sapere che l arredamento di corso Matteotti É OSCENO!
Va be’… è andata così, ma Macerata si rifarà senz’altro con Carlo Magno il quale, essendo mummia, difficilmente potrà assentarsi da Macerata.
quella del festival del cinema e’ una delle tante occasioni perse da Macerata nel corso degli anni.Basti pensare ad un progetto fatto giungere una decina di anni fa’ presso l’assessorato alla cultura che prevedeva di organizzare,utilizzando lo Sferisterio un festival delle musica del cinema dove in piu’ serate si sarebbero ascoltate ,suonate dall orchestra filarmonica marchigiana le musiche che accompagnano le pellicole con conferenze degli autori che sarebbero stati invitati in loco .Un apposita giuria avrebbe poi votato la colonna sonora vincitrice.A quel punto sarebbe stata suonata ed al termine dell’esibizione si sarebbe consegnato il premio al compositore .Si prevedeva anche come supporto all’iniziativa la proposta delle pellicole contenenti le varie colonne sonore che sarebbero state proiettate all’aperto in piazza della liberta’ o nelle piazze limitrofe.I commercianti poi avrebbero partecipato con un iniziativa che prevedeva la cfreazione di vetrine a tema cinematografico magari con un premio da destinare alla vetrina piu’ bella.Il tutto ovviamente avrebbe dovuto aver risalto sui media locali e non.Ma come al solito…siamo morti e non ce ne siamo proprio accorti…
E invece dovevi pentirti, Maurizio carissimo. Non per l’idea geniale che avesti e di cui fummo, come ricorderai, entusiasti sin dalle prime battute. Ma per la città che non lo meritava e che, come sempre ha fatto e continua a fare, riconosce il genio dopo che l’hanno consacrato altri. E mentre attende che il mondo si pronunci, riesce a spendere e spandere ben più di quanto avrebbe fatto per il genio vero, per assecondare vezzi di raro provincialismo. Un vero peccato.
mi sorprende Verdenelli che ho conosciuto da poco in occasione della presentazione del suo libro su Mattei, adesso capisco meglio il suo atteggiamento distaccato quasi supponente che mi aveva infastidito