Violetta e Artur, fratellini coraggiosi:
da soli attraversano l’Europa
mentre la loro città viene bombardata

CIVITANOVA - Hanno 17 e 12 anni e sono arrivati in città dove vive la zia, Marina. I genitori nascosti in uno scantinato in Ucraina pur di salvarli li hanno messi su un pulmino e fatti partire verso l'Italia. «I miei nipotini hanno alle spalle una condizione drammatica: i familiari rinchiusi perennemente in uno scantinato, senza cibo e con un solo telefono»

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Violetta e Artur a casa della zia

 

di Claudia Brattini 

Sono scappati dalla loro città, hanno attraversato il confine ucraino vincendo paura, freddo e solitudine e da lì con un pulmino ed un viaggio lungo mezza l’Europa hanno raggiunto Civitanova dove ad attenderli c’era zia Marina. E hanno appena 17 e 12 anni e al loro arrivo un piatto di spaghetti ha restituito loro parzialmente il sorriso dopo la violenza delle bombe e lo strazio dello status di profughi.

A raccontare quello che è successo è la zia di questi due bimbi cresciuti troppo in fretta e costretti a viaggiare per mezza Europa in condizioni precarie. Violetta e Artur hanno trascorso una giornata intera al confine, sotto la neve, al freddo e da soli. Il coraggio e la paura si sono mescolati. A Civitanova ad attenderli i familiari col timore ulteriore per il piccolo Artur che è affetto da autismo e che aveva come unico appiglio la sorella Violetta.

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La fuga al confine

«I miei nipotini – spiega Marina – hanno alle spalle una condizione drammatica: i familiari rinchiusi perennemente in uno scantinato per ripararsi dai bombardamenti, senza cibo e con un solo telefono. I primi aiuti arrivati sono stati sottratti insieme ai telefoni dai soldati russi, per fortuna avevano un telefono nascosto».

La scelta di far viaggiare due minori non è stata presa a cuor leggero, soprattutto per il timore che Artur potesse avere crisi di panico durante il lungo viaggio. «Eravamo davvero nel dubbio se farli arrivare qui – racconta la zia – ma i genitori hanno poi preso la decisione perché la scelta finale è stata quella di salvarli. Nella loro zona sono iniziati i bombardamenti, anche verso i civili, ed era davvero troppo pericoloso».

Il viaggio non è stato facile, Artur ha avuto momenti critici ma fortunatamente altri rifugiati che erano con lui, pur non conoscendolo, sono riusciti a calmarlo. Hanno impiegato due giorni, in condizioni climatiche proibitive, ora sono in salvo, frastornati ma tranquilli. All’arrivo a Civitanova l’accoglienza è stata calorosa – racconta Marina – ho portato i miei nipoti in Questura dove sono stati gentilissimi, sono stati assicurati con la copertura sanitaria e dopo la quarantena si spera possano tornare a vivere una sorta di normalità anche per quanto riguarda il percorso scolastico. La realtà che stanno vivendo in Ucraina è drammatica i civili sono colpiti duramente, le persone muoiono e fra queste anche i bambini, ci sono zone dove gli aiuti non riescono ad arrivare, i cadaveri giacciono nelle strade. I corpi dei soldati russi non vengono rimpatriati per oscurare la realtà dei fatti». Il contatto tra gli ucraini che vivono in Italia e i familiari intrappolati sotto le bombe per fortuna è stretto e ci si rassicura a vicenda, le storie che emergono, però, sono strazianti e l’apprensione è comprensibilmente fortissima. «Sono molto orgogliosa di essere ucraina, lo sono sempre stata – conclude Marina con commozione – ora ancora di più, lì ci sono anziani, donne e bambini e tutti si fanno coraggio, li sento ogni giorno e mi dicono che si aiutano fra loro.  La cosa che mi solleva è che mio nipote, nonostante l’autismo, qui finalmente sorride, osserva il mondo scortato dalla mia cagnolina e vedo che ha ritrovato la serenità».

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