L’INTERVISTA – Francesco Micheli, 41 anni, di Bergamo, è alla sua seconda stagione da direttore artistico del Macerata Opera Festival (foto Lucrezia Benfatto)
di Maria Stefania Gelsomini
È iniziato il conto alla rovescia. Manca una settimana al debutto della 49ª edizione della stagione lirica maceratese. Giovedì sera Francesco Micheli era a Venezia per la prima del suo Otello a Palazzo Ducale. Venerdì alle 10 era già al lavoro alla scrivania nella sede dell’Associazione Sferisterio in via Santa Maria della Porta, pronto per questa intervista.
Come va? Ultimamente è sembrato un po’ stanco, più dell’anno scorso…
Sì ma diciamo che l’anno scorso ero più stressato, perché era la prima volta…
Sì era un rischio, una scommessa. Quest’anno invece parte con la piena fiducia dell’amministrazione e la responsabilità forse è maggiore, ci si aspetta una conferma…
Sì sì anche, però nel concreto quest’anno 2013 era per me già dal 2011, prima della nomina a Macerata, un anno pieno di altre cose. Molte ho cercato di annullarle e contenerle, altre era impossibile: proprio giovedì c’è stata la prima dell’Otello a Venezia.
È andata bene?
Molto, l’opera è bellissima e poi Palazzo Ducale è un posto incredibile e le due cose andavano veramente molto bene insieme.
Al Teatro romano Helvia Recina di scena la Festa dell’Opera. Sul palco il direttore artistico Francesco Micheli per un gustoso aperitivo della 49ma stagione lirica. In scena arie e concerti tratti dalle due opere in cartellone di Giuseppe Verdi, Nabucco e Il Trovatore, con cantanti, pianisti e la banda Salvadei Brass, protagonisti della 49° stagione lirica, dal 19 luglio allo Sferisterio.
(Foto Alfredo Tabocchini)
Quest’anno anche il lavoro qui è stato maggiore: tante più iniziative da tenere sotto controllo, da seguire, e tutto sotto la sua responsabilità…
È vero, è che nel nostro staff siamo oggettivamente pochi. Per fortunata il cda ha minimamente aumentato il personale con una persona a mezzo servizio, precarissima però respiriamo. Tutti soffriamo molto di un carico di lavoro che ci piace, che ci siamo scelti, però tenuto conto che il bilancio è stato molto ridotto, che le persone son sempre le stesse e che l’attività è quantomeno triplicata… non è che solo quantitativamente le cose sono di più, è che sono anche molto particolari, innovative. Un’opera sai come farla, vai quasi in automatico, invece ad esempio tutto il festival OFF richiede un impegno triplo, ed è come dissodare un campo.
Ci sono stati problemi particolari, intoppi, o è filato tutto liscio?
Bè all’inizio è stato spiacevole, in autunno, e questo ci ha fatto perdere tanto tempo, vedere che il bilancio non tornava rispetto al progetto artistico, cioè fare tre opere con un budget che non lo consentiva…
Bohème era una produzione già pronta, quindi se il problema era economico è sembrato strano vedere l’inserimento di due produzioni nuove al posto di una ripresa… ma il dittico su Britten era già in previsione o è entrato al posto di Bohème?
In conferenza stampa ad agosto 2012 annunciammo Nabucco, Trovatore e la ripresa di Bohème. Che è effettivamente una ripresa, ma bisogna tener conto che il cast, l’orchestra, la produzione costano. L’allestimento in fondo incide di 75mila euro su un bilancio di diverse centinaia di migliaia di euro. E quindi era oggettivamente insostenibile per i cachet degli artisti e per le poche giornate di lavoro che ci potevano consentire, quindi avremmo dovuto rischiare compromettendo il lavoro, rischiare di rifare uno spettacolo molto meno bene dell’anno precedente: proprio ieri è saltata un’intera giornata di prova d’assieme per il tempo. E allora, come è un po’ nello spirito di questo festival, abbiamo cercato di fare di necessità virtù: l’innovazione, la ricerca, nuove esperienze possono essere meno costose, altrettanto interessanti e decisamente nuove, per cui uniche, quindi anzi diventare molto arricchenti per il nostro festival. Quello che rischiamo di fare con il dittico Britten non lo fa nessuno.
A proposito di Britten, quest’anno Francesco Micheli si mette in gioco anche come regista con i Sogni di una notte di mezza estate, si farà giudicare anche da quel punto di vista…
Sì infatti, essendo un progetto molto sperimentale credo, con i pochi tempi e mezzi che abbiamo, di esser sicuro di poterlo fare io perché avendolo concepito so esattamente cos’è.
E per Il Piccolo Spazzacamino c’è un regista come Henning Brockhaus che è una sicurezza…
Esatto, mi piace molto che un grande maestro, un grande professionista come lui si misuri con un’opera apparentemente per bambini. Io in questa espressione ci metto tutta l’ammirazione e la serietà del caso, ma tendenzialmente viene purtroppo riconosciuto da molta parte del pubblico e dagli addetti ai lavori come un genere minore, un po’ amatoriale. Invece tutto ciò che riguarda i bambini è maledettamente serio, va fatto bene. Quindi uno zio, un papà o un nonno come può essere Brockhaus credo possa fare il lavoro che serve fare per un capolavoro che non è solo per bambini ma è, come Moby Dick e Pinocchio, un testo musicale grandissimo.
Il concerto per Gigli fortunatamente è andato a finire bene…
Sì una fatica però, una gran fatica…
Bisogna sempre spronarli questi maceratesi?
In questo devo dire che Macerata è Italia, in pieno, nel bene e nel male. Paghiamo un atteggiamento, un modo di porre l’opera alla cittadinanza, alla gente in una forma sempre estremamente snob ed elitaria. In questo il concerto lirico lo è ancora di più, diventa una sorta di sfilata di moda dove al posto degli abiti sfilano le voci, e si coglie l’aspetto solo mondano. Che poi c’è, non voglio deprimere la componente glamour…
Perché il teatro è anche questo…
Sì certo però non solo, e nella fattispecie fa impressione vedere quanta poca affezione ci sia nei confronti di un grande come Beniamino Gigli.
È come se non volessimo mai valorizzare le risorse che abbiamo…
Magari le si dà per scontate, oppure c’è un po’ di imbarazzo. Di base credo proprio che purtroppo in questi anni è stato fatto un lavoro sull’opera estremamente antiquato, per cui l’opera è stata vista come un oggetto estraneo, che non riguarda i cittadini. A maggior ragione se è locale, per cui si tende a guardarla con ancora più semplicismo e faciloneria di quanto magari non accada fuori.
Rientrano nello stesso discorso anche la creazione del nuovo sito internet e del museo virtuale. Basti pensare a tutto il materiale che c’è e che nessuno finora ha mai pensato o voluto valorizzare e rendere patrimonio comune. Ma qui ci vorrebbe un museo vero e proprio…
Sì sì ci stiamo lavorando. Confido che l’anno prossimo, per i cinquant’anni, sia uno degli obiettivi da realizzare.
Francesco Micheli con Romano Carancini, sindaco di Macerata e presidente dell’Associazione Sferisterio
È il secondo anno che lei è qui. Oltre alle tantissime persone che ha conosciuto per lavoro, sono nati anche dei rapporti di amicizia più profondi?
Purtroppo di fatto quando vengo qua la mia vita privata è ridotta a zero, sono continuamente preso dalle cose che devo fare, ma penso che dall’anno prossimo le cose cambieranno un pochino, perché il 2014 è un anno che io ho programmato sapendo di essere a Macerata, quindi ho diradato gli impegni. Sì, ho voglia di poter stare un po’ a Macerata da privato cittadino, perché qui respiro un clima molto amichevole, le persone sono tutte estremamente affettuose, gentili, disponibili. Un po’ il contrario di quello che spesso sento dire di questa terra, che è fredda, ostile, diffidente, la chiusura è solo una scorza iniziale. È oggettivo che siete un po’ isolati, e che manca un sentimento di appartenenza. C’è molto forte a livello civico: i singoli abitanti di un paese, di un comune si sentono molto legati allo stesso, ma è molto poco riconosciuta Macerata come capitale del territorio e quindi l’isolamento diventa doppio, sia a livello nazionale perché oggettivamente non è semplice raggiungere la città, sia a livello locale.
Ha la percezione che il lavoro iniziato l’anno scorso con i ragazzi e gli studenti e proseguito quest’anno per cui lei si è speso tantissimo, perché poi è da lì che parte la passione per l’opera, stia cominciando veramente a dare i primi frutti concreti? Questi ragazzi verranno all’opera al di là delle serate a loro dedicate, che comunque rappresentano già un grande passo in avanti? Che tipo di risposte ha avuto?
Già l’anno scorso quello che ci ha colpito è che alle rappresentazioni ma anche alle prove, nel complesso abbiamo avuto un incremento dei giovani con dei valori geometrici incredibili. Anche il fatto che dall’anno scorso sia più che raddoppiato il numero dei ragazzi partecipanti ai laboratori è incredibile. Vero è che non sono loro a scegliere di partecipare ai laboratori, sono gli insegnanti, però essendo un’attività in più la volontà degli studenti è importante, e tutti gli insegnanti hanno detto che i ragazzi dell’anno scorso erano molto contenti. E lo percepisco, nell’empatia che si crea nel corso di queste conferenze. È un lavoro difficile: la puericultura è come l’agricoltura, chiede tempo e pazienza, i risultati immediati ci sono ma bisogna perseverare perché questo si leggerà nel pubblico di domani. È anche per questo che puntiamo molto alle anteprime e che poi vengano anche alle opere e agli spettacoli allo Sferisterio. Però l’OFF è il festival ideale per loro, è il loro territorio d’elezione. Sono molto curioso quest’anno che l’OFF è potenziato nei numeri e nelle attività, c’è il lunedì young per loro, però in generale un po’ tutti gli spettacoli OFF hanno uno spirito giovane che serve a guardare i ragazzi come spettatori privilegiati, ma anche in generale perché il pubblico dei melomani si scuota, si elettrizzi un po’.
MACERATA-ROMA E RITORNO- Micheli presenta l’opera in corriera (Clicca sull’immagine per guardare il video)
Il cartellone di quest’anno è sì costruito intorno alla lirica ma dà anche l’impressione di essere stato pensato per rilanciare più in generale la città, al di fuori dello Sferisterio e della lirica. Un discorso più ampio, con iniziative che servono a dare a Macerata un appeal turistico maggiore…
Sicuramente. L’opera è cultura e l’amore per l’opera dev’essere aperto agli effetti che un fenomeno culturale così importante ha su tutta la vita di una comunità. Nella fattispecie l’opera lirica è la forma di comunicazione più antica e più autorevole che noi italiani abbiamo nel mondo, quindi credo che dobbiamo avere una cura dei confronti dell’opera.
All’estero si parla italiano solo grazie all’opera…
Esatto, è “cosa nostra”! A me colpisce sentire al Metropolitan di New York la gente che applaude dicendo “bravo!”. Qui l’opera ha caratterizzato la storia del Novecento nelle sue espressioni più vistose, più internazionali, ed è impensabile che Macerata non ripensi la propria identità di grande città a partire dall’opera. Tranquillizzando chi teme che lo Sferisterio monopolizzi la vita culturale della città, e senza volerci sostituire all’ottimo assessorato alla cultura, per cui bisogna dare voce a tutti quanti i soggetti davvero interessati a fare cultura. Però credo che noi possiamo essere una sorta di portale informatico dal vivo in cui le varie attività culturali possono trovare visibilità e voce, anche fuori dalla città.
L’enorme partecipazione all notte dell’opera dello scorso agosto è stata la cieliegina sulla torta della nuova storia del Macerata Opera Festival (CLICCA SULL’IMMAGINE PER GUARDARE IL VIDEO)
La Notte dell’Opera 2013: sarà molto diversa dalla passata edizione?
Lo spirito è lo stesso. La sua forza legata al sostegno totale delle associazioni dei commercianti e del Comune altrettanto. Cambia l’ambientazione perché l’anno scorso era legata alle tre opere ed era una mia idea totalmente nuova, sconosciuta, e magari difficilmente comprensibile all’inizio, per cui la gente ha aderito in corsa. Mentre quest’anno, prima ancora della stagione, c’era già il comitato della Notte dell’Opera. Ci si sta lavorando da molto più tempo, con molta più cura, con ancor maggiore legame ai titoli operistici. Di fatto è ispirata al Trovatore ma il finale è diverso da quello dell’opera: sarà un finale alla Nabucco, in cui le due fazioni opposte fanno la pace, in qualche modo il “Va’ pensiero” ne diventerà l’inno, e l’azione da Babilonia si trasferirà ad Aragona in Spagna. Confido che come l’anno scorso ci sia una bella affluenza e non solo in termini quantitativi. Anzi i numeri un po’ mi spaventano, perché se nel 2012 quando nessuno sapeva niente e abbiamo annunciato la cosa davvero in corsa c’è stata quell’affluenza…
Neanche alla festa del patrono si era mai vista tanta gente così a Macerata…
Per cui vedi che i maceratesi hanno un attaccamento all’opera, magari meno evidente di quello che appare…
Francesco Micheli nella sede dell’Associazione Sferisterio durante l’intervista a Cronache Maceratesi
Le cose non sono strettamente correlate anche se me lo auguro: il fatto stesso che sia venuta più gente a questo evento dimostra una curiosità vera, sincera. E poi il modo in cui la gente l’ha vissuta: c’era una civiltà, c’era un atteggiamento di ascolto e di rispetto, di voglia di farsi stupire che non è qualunque, che non trovi sempre. E rispetto a una notte bianca qualsiasi, che comunque è una bella invenzione, qua c’era una storia, c’era un filo conduttore che magari l’anno scorso era un po’ più precario, però era chiaro. Era la bellezza di poter avere un cantante lirico che ti regala il suo personaggio, la sua arte senza mediazioni. Un conto è quando uno dice io il cantante ce l’ho a una spanna, non sul piedistallo in palcoscenico, un conto è in teatro, con l’orchestra. E anzi per certi versi uno può amare un’esperienza così e non amare l’opera lirica, però chi se ne importa. È per questo che ci sono Patti Smith, e il festival OFF.
Patti Smith: come mai il suo concerto è stato inserito proprio dentro il cartellone lirico del Macerata Opera Festival e non considerato come evento dello Sferisterio a sé stante, come è sempre avvenuto per i concerti pop o rock negli anni passati?
Perché è una visione viva dell’opera. E per me l’opera lirica da Monteverdi a Patti Smith è il bisogno di raccontare delle storie non solo a parole. Perché le parole e gli accenti non ti bastano a un certo punto, nutri una tale urgenza di dire delle cose significative che devi aprire la bocca e cantare. Allora se è così Patti e Verdi sono colleghi, e invece ritenere che opera lirica sia solo il repertorio classico ereditato nel Sette e Ottocento è una visione museale, morta che secondo me tradisce l’amore per l’opera lirica. Anzi, il mio desiderio è che torniamo a scrivere opere che abbiano quel carattere comunicativo, popolare che aveva la Traviata.
E che forse alcuni autori del Novecento non sono riusciti ad avere…
Sicuramente c’è stato bisogno nel XX secolo di chiudersi un po’, di serrare i ranghi per capire meglio anche i tempi strani in cui vivevamo.
Obiettivamente molto di ciò che è stato scritto nel Novecento è difficile da capire…
Sì, e invece io confido che si possa tornare a riempire lo Sferisterio con storie di oggi e quindi Patti Smith in questo momento è la cosa migliore che c’è: è una grande poetessa, così come i libretti di Boito, di Piave, di Cammarano sono poesia animata da un canto che traduce bene quelle parole con il suono, ma nel contempo ti riguardano e ti toccano sia la testa che il cuore. Non vedo l’ora di poterlo fare non solo con una serie di arie e di canzoni, ma con storie, con tanti personaggi, fare nuove opere che riempiano lo Sferisterio. Purtroppo oggi non credo sia possibile e in questo senso l’operazione Sogni è una sfida: cerchiamo di fare uno spettacolo con musica scritta in tempi recenti confidando che questo riempia lo Sferisterio, perché comunque è un’esigenza sia istituzionale che ho, sia di piacere, di volontà. È un dovere e un piacere. Lo Sferisterio con 500 persone per un’operazione culturalmente molto chic ma che non interessa è uno spreco di risorse ed è una serata persa. Purtroppo nel nostro passato dello Sferisterio abbiamo visto operazioni anche molto intelligenti ma fallimentari, e quindi il fatto che già adesso lo sbigliettamento dei Sogni vada molto bene mi conforta. Certo c’è molto da lavorare perché nulla è scontato.
I CENTO ALL’OPERA – Nei giorni scorsi gli appassionati melomani hanno potuto assistere alle prove del Nabucco di Verdi, con la regia di Gabriele Vacis
Ci sono festival simili in Italia, o il MOF è stato strutturato e articolato in base alla fisionomia particolare di questo territorio?
È nato sull’onda dell’Arena di Verona, però l’Arena di Verona è un teatro, nasce come tale, mentre lo Sferisterio era uno stadio. Quindi questa anomalia è in qualche modo il nucleo centrale del segreto del festival. Perché creiamo uno scollamento fra l’oggetto in quanto tale, l’opera lirica, e la sua fruizione. Ha costretto da sempre gli artisti, dai registi ai cantanti, a giocare lo spettacolo in termini diversi, creando spettacoli memorabili. L’altro elemento importante che ha fatto la fortuna del festival in un territorio apparentemente periferico rispetto alle grandi tratte del movimento turistico- commerciale, è che qua c’è un territorio magnifico e con un grande orgoglio locale, che non è un sentimento provinciale ma di grande attrattiva. Macerata è una località slow food che per questo può attirare tutto il mondo: è uscita la Lonely Planet di Umbria e Marche e ha dedicato al nostro festival pagine e pagine, c’è addirittura una finestra apposita. Ciò è indicativo di come questo festival abbia davvero le credenziali per essere festival del terzo millennio e di conseguenza, quando sono arrivato, mi sono trovato molto a mio agio nel fare le attività che stiamo facendo.
4 GENNAIO 2012 – Al teatro romano di Helvia Recina la prima intervista a Macerata di Francesco Micheli (Clicca sull’immagine per guardare il video)
Dalle attività più particolari allo Sferisterio, perché lo Sferisterio è un luogo fuori dal comune, all’intero festival OFF, che poteva essere concepito solo a Macerata e nel territorio maceratese che è un teatro a cielo aperto in tutti i suoi vicoli, strade, piazze e teatri. Non possiamo più vivere di rendita. L’anno scorso ho fatto la montagna che va a Maometto, per cui sono proprio andato nelle scuole ed è stato molto bello anche se un po’ impegnativo perché le scuole mediamente, purtroppo, non hanno le attrezzature per un’esperienza audio-video di alta qualità per 300-400 persone, e poi al di là di questo per me era importante portare i ragazzi a teatro. Ho constatato per alzata di mano che ad esempio a San Severino, a Cingoli, a Civitanova, con percentuali diverse, il 50, 70, 80% dei ragazzi non aveva mai messo piede nel teatro della propria città. Siamo ricchi ma le ricchezze non si moltiplicano da sole. È come la parabola dei talenti: se tu tieni il tuo bel gettone sotto il letto chi lo vede? Si svaluta, si perde. E quindi c’è un grosso lavoro da fare, per fortuna il terreno è fertile.
Le prose stanno andando bene? Nessun imprevisto o defezioni nel cast? Anche quest’anno un mix fra nomi affermati e nuove scoperte, anche alcuni ritorni illustri come Machado, Mastromarino…
Tutto bene, se il tempo ci assiste… Sì sono tutti cantanti molto validi. Un dialogo, al solito, tra tradizione e innovazione.
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Bella intervista, belle (e oneste) risposte… Forse l’unica scelta veramente azzeccata in questi anni da Carancini???
Concordo, una scelta veramente azzeccata.
Dopo il DISASTRO Pizzi ne avevamo veramente bisogno!!!
Articolo di parte. Complimenti allrticolista per queste domandine politically correct.
Avete ragione e quasi ora dellopera e qualche articolo di parte serve.
Ma questi aperitivi culturali servono sul serio anche se ci va poca gente?
Il festival off e stato scelto a caso e sempre gli stessi nomi dellassociazionismo maceratese?
I bilanci non dettagliati le sembrano un esempio di correttezza?
Patty smith e stata scelta per appianare un bilancio prevedibile in rosso? Alora con la musica si incassa e con la lirica no?
Pensa che senza un’opera presa in prestito da svoboda registrera tutto esaurito questanno????
Bella la vita del giornalista, quando si passa dall’insolito tea party con ghiaccio alla chiacchierata a tutto tondo col geniale regista, il quale – tanto per continuare ad innovare ed a rendere economicamente produttivo il tradizionale esercizio culturale del saltare di palo in frasca – si appresta ora a spiccare un terzo prodigioso balzo, quello “Da Verdi a Patti Smith”, dopo aver già compiuto in passato quelli “Da Vivaldi a Pasolini” e “Da Verdi a Mina”.
A quando il resoconto su una caccia alla volpe nella Valleverde di Macerata?
A mio parere – ma non solo – il principale problema sono proprio questi “grandi eventi” che poi concretamente ben poco lasciano alla città.
Molto meglio sarebbe investire quei pochi soldi rimasti per la cultura in piccole cose ma più frequenti (se non addirittura a cadenza fissa), in modo da “abituare” la gente a spostarsi a Macerata a prescindere da cosa c’è.
Ad esempio: se tutti i venerdi – da marzo ad ottobre – si facesse musica dal vivo in piazza, col tempo la gente verrebbe… un po’ come il mercoledì universitario: c’è poco-niente, ma è pieno di persone proprio perché è il “mercoledì universitario” ! E’ la “fidelizzazione” la chiave del successo !
All’estero funziona, perché non provare anche qua ?