“Decreto Ristori” Cna chiede un approccio diverso: «Basta con le liste di codici Ateco, come criterio per i contributi occorre adottare il calo di fatturato». L’avanzata dei contagi, l’ingresso della regione Marche nella fascia arancione e la giustificata paura delle persone di contrarre il virus secondo l’associazione di categoria hanno generato e genereranno un drastico calo di tutti i parametri economici, diffuso oramai in tantissimi ambiti e settori. «Questa nuova situazione impone, quindi, un profondo ripensamento dei criteri di assegnazione dei ristori». A giudizio della Cna i meccanismi individuati nei decreti ristori non riescono a dare adeguata tutela alle imprese, agli autonomi e alle professioni che compongono le filiere colpite dalle misure restrittive e dai ridotti flussi di denaro in circolazione. «L’allargamento delle restrizioni su base territoriale rende superflua la distinzione tra le attività chiuse per ordinanza e quelle che, pur rimanendo aperte, vedono il proprio giro d’affari fortemente ridimensionato. Il crollo della domanda sta interessando segmenti sempre più ampi di mercato, tali da rendere chiaramente inadeguato il meccanismo dei codici Ateco, che richiedono quotidiani aggiustamenti e quindi perdite di tempo nonché incertezze interpretative. Diventa indispensabile adottare come criterio per acceder al contributo a fondo perduto il calo di fatturato, l’unico strumento che effettivamente fotografa l’andamento delle imprese. In questa logica, però, il riferimento non può essere limitato allo scorso mese di aprile ma dovrà tenere in considerazione un periodo più congruo, considerando la ciclicità di molti settori dell’economia e la possibile asincronia delle conseguenze. Il sistema produttivo è diventato negli ultimi vent’anni particolarmente complesso e per aiutare con assoluta precisione chi veramente è in difficoltà, è assolutamente necessario un cambio radicale dell’approccio; occorre quindi abbandonare in fretta le liste dei codici Ateco valutate a tavolino come in probabili situazioni di crisi. È evidente che dovranno essere stanziate ulteriori e robuste risorse finanziarie per fronteggiare una situazione in rapido peggioramento. Senza interventi tempestivi e incisivi rischia di chiudere i battenti fino a un quarto del sistema produttivo».
Alla data del 31 ottobre 2020, nella provincia di Macerata le attività economiche attive risultavano essere 34mila. Ben 22 sono i settori maggiormente rappresentati nella nostra provincia; agricoltura, commercio, attività manifatturiere e settore edile ne raccolgono il 70% circa, ma oltre 10 mila aziende appartengono a settori ed hanno i codici Ateco tra i più diversi.
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