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di Gabriele Censi
(foto di Andrea Petinari)
Alle 21 l’orchestra è già sul palco, solo 10 minuti dopo arriva in uniforme Vinicio Capossela con il primo dei tanti copricapi che visualizzano i brani scelti, unica scenografia, insieme agli abiti, di una serata che gode di quella naturale dello Sferisterio. Lo sottolinea l’artista che ricorda la sua familiarità con le Marche fin dai tempi del Barfly di Recanati. Il pubblico sta ancora affluendo e alla fine riempirà l’arena durante l’esecuzione del Grande Leviatano, simbolo dell’autoritarismo. Così inizia una serata da non dimenticare, parte integrante del Macerata Opera Festival perché si tratta di una vera sinfonia e perché lascia un segno anche politico dopo quello di Vick con il Flauto. Al mostro biblico Capossela contrappone un’orca con 51 denti, l’Orcaestra che riempe il palco con 7/8 file di musicisti: «Un animale di grandi proporzioni che divora il passato e la musica e la risputa fuori in forma di canto». Un palco che sembra una grande nave con due alberi maestri e veleggia in armonia per più di due ore prima di lasciare una scialuppa in mano al capitano, per la conclusione al piano con un abbraccio al pubblico che “Ovunque protegge”.
Con il maestro Stefano Nanni
Sinfonia che mette insieme in armonia favole, leggende, epica e poesia. C’è Omero e Dante, Cenerentola e Pinocchio, il canto delle sirene, la saggezza atavica e la forza dell’uomo della montagna, di quella montagna ferita maceratese che viene omaggiata da Capossela: «Da quando si è messa a tremare questa terra si fa ancora più amare per la tenacia della sua gente». Una nave che solca un mare agitato dal tema attualissimo dell’immigrazione e il cantautore irpino si schiera: «Ogni uomo che attraversa il Mediterraneo è un nuovo Ulisse», parla anche dei fatti di Macerata: «Mi ha colpito l’uso di quella bandiera, la bandiera italiana che è anche mia (con riferimento a Traini, ndr). Per fortuna che c’è una sapienza nelle terre dell’interno, terre antiche abituate alla fatica. Credo nell’umanità e nel buon senso». Non ci sono fischi come per il trattore della prima dell’opera, ma qualcuno si è sentito comunque colpito e tra il pubblico si sente sommessamente dire da un militante leghista e suo fan: «Non si cita mai Pamela…», come se quell’orrendo delitto fosse stato compiuto in nome di un’altra bandiera contrapposta. Dunque c’è anche la politica in un concerto in cui è l’uomo protagonista, e non può mancare perché da Aristotele in poi “l’uomo è un animale politico”.
C’è l’uomo della gioia con la coinvolgente ballata del Cristo risorto, “L’Uomo Vivo” riarrangiato dal direttore Stefano Nanni: «Lui ha trasformato una zucca in carrozza, anche se arriverà la mezzanotte, e tutto svanirà, è bello vivere questa favola». Si commuove Capossela e percorre in lungo tutto l’immenso palco dello Sferisterio per ringraziare il pubblico in piedi a cantare con lui. Commozione che non era mancata prima con l’esecuzione della “Santissima dei naufragati”, ancora il mare e la Sicilia fonte di ispirazione, non a caso lì, davanti alla Cattedrale di Noto lo stesso concerto aveva preceduto questa serata.
C’è l’uomo che «ci vogliano molti anni per farlo, mentre bastano pochi giorni di disattenzione per farne un fascista». C’è l’uomo dell’amore e dell’amicizia con “Modì” e “Dove siamo rimasti a terra Nutless”, «Ma cosa avrà voluto dire quel sorriso di De Niro nel finale di “C’era una volta in America”?». Poi “Bardamù” e ancora mare con la sirenetta Pryntil e il tema del viaggio con Le Pleiadi, Nostos. In scaletta, sempre rispettando quell’armonia delle riletture per orchestra dei suoi brani, anche “Nella Pioggia”, “Con una rosa”, “Marajà” e “Camminante”. Dopo il travolgente bis di Marajà l’orchestra esce ma lui torna con il maestro Nanni al piano, perfetto accompagnatore senza prove di “Ultimo amore”. Prima dell’abbraccio finale, Capossela torna a parlare di Macerata e del momento politico: «Ci sono grandi cose come l’amore, il senso del soccorso, la fratellanza. Le piccole cose, invece, se mal manovrate possono generare odio, intolleranza e violenza. Qui siamo in un luogo in cui si palesa come, fin dall’antichità più remota, l’uomo affrancato dal bisogno ha scelto due attività: il gioco e l’arte. Lo Sferisterio nasce per un gioco ed ora ospita l’arte che è anch’essa un gioco».
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..’c’è Omero, Dante, Cenerentola e Pinocchio’; vero, ma c’è soprattutto..Pinocchio. Ipocrisia allo stato demenziale. Giuseppe.
Ci sono anche migliaia di clochard di casa nostra, di cui nessuno parla e che nessuno (forse tranne, un po’, i servizi sociali comunali) aiuta.
L’uomo è un animale politico ma il politico è il male, il politico rende il mondo inabitabile, per accedere al mondo dell’arte bisogna smettere di essere un animale politico.
E la donna è politica almeno quanto l’uomo. Infatti l’uomo è il capo e la donna il collo che lo fa girare.
Tutti dicono la loro senza neanche vivere a Macerata.
Intanto, da quando se ne sono andati quelli del GUS, l’immobile dove risiedo non sembra più l’hotel house e si è rivalutato.
Grazie Matteo.
Dopo il flauto poco magico ( sembra che la tomba di Mozart abbia avuto dei sussulti…) ora riecco il capo popolo irpino ( ma questo sta sempre qua?) che glorifica i nuovi Ulisse magari qualcuno fornito di machete ,di professione macellaio, altri dediti al commercio ambulante di polveri ed erbe tra i giardini Diaz e parco fontescodella , che riscalda la solita minestra fascista……. l’intellighenzia perdente disperata schiera l’artiglieria pesante……