Oseghale contro l’adottabilità della figlia,
la Corte d’appello respinge il ricorso:
«E’ l’unica misura per tutelarla»

SENTENZA - Il nigeriano, condannato all'ergastolo per l'omicidio di Pamela Mastropietro (pende la Cassazione), ha chiesto di non rendere definitiva la misura del tribunale dei Minori. Per il legale del tutore della piccola: «Non esercitava le funzioni genitoriali neppure prima di andare in carcere, tale improvviso interesse appare fortemente strumentale». I giudici: «La bimba ha bisogno di un ambiente accudente»

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Innocent Oseghale

 

di Gianluca Ginella

No di Innocent Oseghale all’adottabilità della figlia, ma i giudici della Corte d’appello di Ancona (sezione minori) bocciano il ricorso. Oseghale, nigeriano, 32 anni, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della 18enne Pamela Mastropietro (che è accusato di aver ucciso il 30 gennaio 2018, a Macerata), sia in primo che in secondo grado. Pende la Cassazione (il 14 gennaio). Intanto però Oseghale ha perso un’altra causa. L’uomo ha una figlia che in questo momento è affidata ai Servizi sociali e ad un tutore. Il tribunale dei Minori ne ha dichiarato l’adottabilità. I giudici di primo grado hanno evidenziato che la figura paterna «presentava gravissime carenze, perché l’uomo, pur dichiarandosi affezionato alla bambina, era apparso, all’esito delle valutazioni, inconsapevole della criticità della propria posizione e della precarietà della propria vita, incapace di descrivere in maniera adeguata e consapevole una possibile funzionale organizzazione di vita familiare che veda alla base l’impegno genitoriale a garantire la cura, la stabilità e la sicurezza alla minore». Inoltre il Tribunale aveva rilevato anche che oltre al resto si era inserita la vicenda dell’omicidio di Pamela.

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L’avvocato Luca Froldi

Oseghale ha impugnato la sentenza e presentato ricorso chiedendo di non dichiarare ancora definitivo lo stato di adottabilità della figlia. Il procuratore generale e il tutore (assistito dall’avvocato Luca Froldi) hanno chiesto il rigetto del ricorso di Oseghale. Le ragioni proposte da Oseghale, assistito dall’avvocato Simone Matraxia, sono che per ora non c’è stata ancora una condanna definitiva per l’omicidio «certamente, le terribili circostanze che lo hanno interessato suscitano ogni dubbio sulla sua personalità e ciò è incontestabile. Malgrado ciò, appare opportuno insistere affinchè Oseghale sia sottoposto ad una scrupolosa ed attenta analisi psicologica prima di disporre un eventuale affido della minore ad altra famiglia. Altresì, sarebbe auspicabile attendere la definizione di ogni stato e grado del processo per cui è imputato» scrive il legale nel ricorso. Inoltre, aggiunge che «l’essere detenuto già da molto tempo, potrebbe rivelarsi costruttivo per un proprio ravvedimento interiore, finalizzato ad una futura riabilitazione e, in ogni caso, anche se la condanna dovesse diventare definitiva, l’appellante potrebbe comunque costruire un rapporto con la minore, con il dovuto ed opportuno sostegno per entrambi, supportati da figure di riferimento».

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L’avvocato Simone Matraxia

Il legale del tutore ha sostenuto: «sin dalla nascita, la bambina non ha costruito alcun rapporto col padre, quando invece la responsabilità genitoriale si traduce proprio su tale potere-dovere di controllo, custodia, cura, istruzione ed educazione. Gli spiacevoli fatti che hanno visto coinvolto in prima persona Oseghale, anche nel caso di una eventuale riduzione della pena, impediranno comunque allo stesso di assolvere alle sue principali funzioni genitoriali: protettiva – affettiva – normativa. Funzioni che lo stesso non esercitava neppure prima del suo ingresso in carcere, tanto da far apparire tale improvviso interesse all’esercizio della propria paternità come fortemente strumentale: la rivendicazione del proprio ruolo di padre in esecuzione penale si oppone nettamente al senso di responsabilità. La bambina si trova inserita in un ambiente sano e sereno, lontana dai riflettori che indubbiamente avrebbero travolto negativamente la sua esistenza e, allo stato attuale, il tutore ritiene di dover continuare a fare tutto il possibile affinché tale stato delle cose venga preservato e custodito gelosamente, nel pieno ed esclusivo interesse della minorenne».

I giudici dell’Appello hanno sottolineato la «condizione di grave criticità del padre, rispetto alla quale non sono definibili i tempi di un eventuale recupero che peraltro non coincidono, necessariamente, con i tempi del processo a carico dell’Oseghale, sicché le soluzioni prospettate dall’appellante non possono ritenersi compatibili con le esigenze di una bambina che sta percorrendo le prime tappe del suo sviluppo. Lo stesso intervento di sostegno ipotizzato dall’appellante, anche nell’ipotesi in cui la sua condanna dovesse diventare definitiva, finalizzato a costruire un rapporto con la figlia mediante il supporto di figure di riferimento per entrambi, richiederebbe tempi che appaiono incompatibili con l’esigenza della minore di poter conseguire una equilibrata crescita psico-fisica». In conclusione hanno respinto il ricorso: «sussistono i presupposti per la pronuncia di adottabilità, risultando tale misura l’unica idonea a tutelare la minore, la quale ha assolutamente bisogno di vivere in un ambiente accudente che, allo stato, è stato adeguatamente garantito alla stessa con il collocamento in una idonea famiglia, ambiente atto a consentire il suo corretto ed equilibrato sviluppo psicofisico».

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