Appello degli studenti al rettore:
«Parole della prof Ferranti ci offendono»

MACERATA - Officina Universitaria ha scritto una lettera a Francesco Adornato invitandolo a prendere posizione e a schierarsi dalla loro parte. «L’intera vicenda urta profondamente la nostra sensibilità e i valori di cui siamo portatori»

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Una manifestazione di Officina Universitaria

 

Officina Universitaria chiede l’intervento del rettore Unimc Francesco Adornato dopo le parole della professoressa Clara Ferranti, intervenuta dopo l’omelia di don Andrea Leonesi. «Una docente della nostra Università, la professoressa Clara Ferranti  – scrivono – in difesa di Don Leonesi paragona l’aborto all’omicidio e all’eugenetica. L’intera vicenda urta profondamente la nostra sensibilità e i valori di cui siamo portatori in qualità di rappresentanti degli studenti. Queste parole relegano il femminismo ad un semplice capriccio, ignorando il tortuoso percorso di conquista dei diritti che c’è dietro, portando alla luce una visione della società arretrata e patriarcale, travisando le parole dei Testi sacri per rafforzare l’idea di necessaria sottomissione della donna all’uomo».

Officina chiede, con una lettera indirizzata al rettore una presa di posizione necessaria e di schierarsi al fianco degli studenti. «Il paragone aborto-pedofilia e aborto-omicidio – scrive Officina – accendono un dibattito non ancora superato che vede al centro le donne e le scelte sui propri corpi, di cui ancora non sembrano essere legittime proprietarie. Nessuna argomentazione sarebbe comunque valida per provare a decriminalizzare un reato, perché di questo parliamo se citiamo la pedofilia. Don Leonesi, ergendosi a giudice supremo ed appropriandosi indebitamente delle parole dei Testi Sacri, inneggia alla sottomissione della donna all’uomo, senza considerare che è pericolosamente alla base della violenza di genere, da cui spesso scaturiscono quegli abusi da cui senza il diritto di aborto è impossibile tutelarsi. Inoltre la lotta per la conquista del diritto di interruzione di gravidanza in Polonia viene impropriamente citata come un esempio negativo da condannare. Questa “condanna” genera in noi l’effetto opposto, convincendoci ancora di più a seguire la scia polacca, scendendo in piazza al fianco di “Non Una di Meno” per rivendicare l’autodeterminazione femminile che le sopracitate becere affermazioni tentano di annientare. Invitiamo, pertanto, tutta la comunità studentesca e cittadina ad unirsi a noi in questa battaglia, volta a denunciare un problema e una mentalità ancora troppo radicati».

Di seguito la lettera aperta al Rettore dell’Università di Macerata.

Magnifico Rettore, ci permettiamo di scriverle per sollecitare la sua attenzione su una questione che ci sta particolarmente a cuore e che speriamo, così, di non far passare inosservata. Come sicuramente già saprà, la nostra amata città è finita sulle prime pagine di cronaca per delle parole che hanno fatto a dir poco discutere pronunciate da Don Andrea Leonesi durante un’omelia, qualche giorno fa, in cui è stata posta la fatidica domanda “È peggio l’aborto o la pedofilia?”. Il contesto in cui si inserisce questo interrogativo è quello della Polonia, che negli ultimi anni è vittima di una sempre maggiore deriva autoritaria e una sempre crescente limitazione dei diritti, culminate nei giorni scorsi con una forte stretta sul diritto all’aborto che ha fatto sì che la popolazione scendesse in piazza per protestare contro la recente legge che limita il diritto all’interruzione di gravidanza per malformazione del feto. Come se non bastasse, a questo interrogativo del tutto fuori luogo, che mette sullo stesso piano un diritto ed un reato, hanno fatto eco quelle di supporto del Vescovo di Macerata, Nazzareno Marconi e cosa ben più grave, quelle di una docente della nostra Università, la professoressa Clara Ferranti che in difesa di Don Leonesi paragona l’aborto all’omicidio e all’eugenetica. L’intera vicenda urta profondamente la nostra sensibilità e i valori di cui siamo portatori in qualità di rappresentanti degli studenti. Queste parole relegano il femminismo ad un semplice capriccio, ignorando il tortuoso percorso di conquista dei diritti che c’è dietro, portando alla luce una visione della società arretrata e patriarcale, travisando le parole dei Testi Sacri per rafforzare l’idea di necessaria sottomissione della donna all’uomo. Non solo, con le sue pesanti affermazioni, la docente insulta apertamente gran parte della platea studentesca con tutti i giorni si interfaccia. Come studentesse, come donne e come femministe ci sentiamo offese dalle sue parole, che lasciano trapelare un vero e proprio giudizio nei confronti di quelle che potrebbero benissimo essere le scelte di sue alunne. Parla, inoltre, di “sinistroidi” e definisce “oscurantisti della società civile” tutti quelli che difendono il diritto all’aborto, perché – ricordiamo alla docente – di “diritto” si tratta, al contrario dell’infanticidio, reato con cui lei stabilisce un termine di paragone. Come Officina Universitaria riteniamo che il ruolo del docente non finisca al termine della lezione, ma che esso continui anche fuori dalle mura universitarie. Il docente dovrebbe farsi portatore di buon esempio, di rispetto per gli altri e di difesa del diritto, invece la professoressa sminuisce e denigra i “sedicenti progressisti dell’era civile” …noi, gli studenti, siamo questi progressisti. Libertà di scelta, parità di diritti, diritto alla salute, autodeterminazione, diritto all’aborto, sono solo alcuni dei valori in cui crediamo, per questo prendiamo le distanze da queste parole che non ci rappresentano, pronunciate da chi ancora una volta non ha perso l’occasione per macchiare l’immagine della nostra Università. Le portiamo quindi il nostro grido di protesta, e ci appelliamo a lei, rettore, affinché la vicenda non resti impunita: la invitiamo a schierarsi al nostro fianco, ad esporsi pubblicamente e a condannare l’accaduto, rivendicando i valori di quella Università “dell’umanesimo che innova” che stiamo costruendo insieme.

 



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