In attesa di grandi fatti che consentano all’Italia di uscire dal dramma della crisi economica, può funzionare da conforto, distrazione o passatempo rifugiarsi nelle grandi parole, quelle che per il loro clamore vanno a occupare i primi posti della cronaca quotidiana. Ecco dunque la polemica, non sui fatti ma di sole parole, fra Ivo Costamagna, presidente del consiglio comunale di Civitanova, e Romano Carancini, sindaco di Macerata, a proposito, secondo Costamagna, delle “magnifiche sorti e progressive” di Civitanova, rispetto alle quali le sorti di Macerata sarebbero assai meno magnifiche e assai meno progressive, e Macerata, sempre secondo lui, se ne dovrebbe quasi vergognare.
Questa, molto in sintesi, la sostanza (ahimé, la sostanza?) della cosa. Se n’è parlato parecchio, negli ultimi giorni, ma credo sia utile un rapido riassunto dei fatti (pardon, delle parole). L’occasione, per Costamagna, è stata l’ebbrezza che lui ha provato all’inaugurazione del cosiddetto “Cuore Adriatico”, un grande centro commerciale di cui Civitanova, forse, non aveva un pressante bisogno vista la presenza, in città, di altre e numerose imprese del genere, ma questo è un giudizio che non mi compete e che lascio volentieri ai civitanovesi (pure Macerata, del resto, è piena di supermercati, come lo è mezza Italia, e vien da riflettere sia sul paradosso per cui diminuiscono i consumi ma aumenta la roba da consumare, sia sulla un po’ misteriosa provenienza delle risorse impiegate in tali realizzazioni).
Quello stato di euforia, dunque, ha indotto Costamagna ad annunciare l’inaugurazione, il prossimo 31 agosto, del Palasport nel quale sarà ospitata la Lube, che da “Lube Macerata” diventerà “Lube Civitanova”, e a sfoderare una battuta che sia pure addolcita da un pizzico d’ironia è suonata irridente verso Macerata. Ed ecco il senso autentico di tale battuta: il 31 agosto Civitanova crea un’importante opera pubblica e Macerata celebra San Giuliano. Come dire: noi facciamo cose concrete e voi vi trastullate con le processioni.
Sappiamo che la vicenda Lube continua ad essere, per il Comune di Macerata, un nervo scoperto, ma è evidente che nell’improvvida uscita di Costamagna c’era qualcosa di denigratorio e bene ha fatto Carancini a reagire se non altro per un moto di legittimo orgoglio civico. Ma in che maniera ha reagito? Troppo seriamente, forse, parlando di “scherno all’identità, al valore religioso e alla partecipazione popolare dei maceratesi”. Nei suoi panni avrei scelto un tono più adatto alla pochezza delle parole di Costamagna, usando, ben più di lui, l’arma dell’ironia, se non altro per dimostrare che fra le due posizioni c’è un abisso culturale e personale. Rispondergli? D’accordo. Ma al tempo stesso ignorandolo.
E la cosa sarebbe potuta finire lì, se Costamagna non avesse compiuto un passo ulteriore – una indebita invasione di campo – denunciando la “inerzia amministrativa” del Comune di Macerata e accusando Carancini di essere più inadeguato dei sindaci che l’hanno preceduto. Ma allora non era, la sua, una semplice battuta. E allora gatta ci cova. E qual è la gatta che ci cova? Una radicale e viscerale insofferenza da parte di alcuni o molti civitanovesi rispetto alla circostanza che Macerata sia il capoluogo della provincia e che Civitanova debba accettare, nei confronti di Macerata, un ruolo di secondo piano. La qual cosa, per loro, grida vendetta al cospetto di Dio: “Noi non siamo affatto inferiori. Anzi, siamo superiori!”
Questa gatta, signori, è parecchio che cova. Non a caso, commentando il battesimo di quell’ imponente centro commerciale, alcune autorevoli voci locali hanno parlato di Civitanova come “baricentro” della provincia (trecentomila anime da Visso, Camerino e Serravalle fino all’Adriatico) e insomma di un nuovo capoluogo. E non a caso, quando l’università di Macerata trasferì a Civitanova la sede del corso di laurea in mediazione linguistica, sempre in loco si parlò di “nostro ateneo” (sic!). E non a caso, anni fa, scoppiò la battaglia civitanovese contro la segnaletica autostradale in cui “Macerata” figurava più in grande di “Civitanova”, una battaglia di mera facciata nel profondo della quale, però, c’era, ancora e sempre, la contestazione del ruolo di capoluogo attribuito a Macerata. Siamo alla vigilia di un referendum popolare che come nel Veneto proclami la secessione di Civitanova da Macerata? Sto scherzando, ovviamente, ma è proprio questa la gatta che cova nelle parole di Ivo Costamagna.
Ridicolo, un tale complesso d’inferiorità. E ridicola, la voglia di riscatto che ne consegue. Vero è che nel 1971 Civitanova aveva circa 26 mila abitanti e adesso ne ha 40.500, con un impressionante salto in avanti che dimostra la vitalità della sua comunità. Vero è che Macerata ne aveva 41.600 e adesso è pressappoco rimasta al palo, con un’altalenante crescita di appena duemila persone. Soprattutto vero è che le stimmate caratteriali delle due popolazioni sono diverse: a Macerata prevalgono la prudenza, il fatalismo, il senso oculato della vita che provengono dai valori della civiltà contadina (proprietaria o dipendente non fa differenza), mentre a Civitanova spiccano il coraggio, la baldanza, l’accettazione del rischio in cui si riflettono i valori della civiltà del mare (“Il mare ha sempre vent’anni”, mi diceva un amico pescatore per significare che ogni giorno, per lui, era una sfida).
Conseguenze a livello socioeconomico? Più equilibrio e più compattezza, a Macerata, fra i ceti popolari, un maggior affidarsi al ruolo comunitario del “pubblico” rispetto a quello più individualistico del “privato”. Forse non si “vola alto”, a Macerata, e magari saltano fuori un tunnel senza capo né coda e un palazzetto dello sport che è poco più di una palestra. Ma volare con gli occhi attenti alla terra – il cosiddetto passo secondo la gamba – comporta pur sempre il vantaggio di non essere impallinati dalle implacabili doppiette della storia. A Civitanova, invece, il volo è a quote più alte, le ali sono quelle, più individuali che collettive, dell’iniziativa, dell’impresa, di un intravisto, sognato e perseguito progresso. Sono due diverse “filosofie” d’intendere la vita, entrambe espressione della natura umana. Che senso hanno le dispute per stabilire quale sia la migliore? Nessuno. Nel caso di Costamagna, per esempio, sono frutto di un antistorico campanilismo paesano. E ben lo sanno gli stessi imprenditori civitanovesi, che debbono confrontarsi col mondo globalizzato e non certo, figuriamoci, con Macerata.
Ci sono dei prezzi che le due città debbono pagare? Certamente sì. Civitanova il prezzo dell’impatto quotidiano col fluttuante andamento dell’economia internazionale (non è forse vero che alcune aziende vacillano per effetto della crisi?) e quello dipendente dalla sua forte mobilità, o frazionamento, sociale, un prezzo che si traduce in meno sicurezza per i cittadini, meno legalità, più diffusione della droga. Macerata, invece, ama il quieto vivere – è un prezzo anche questo, in tempi che quieti non sono – e per sua atavica indole lascia che la propria storia gliela facciano gli altri, affidandosi alla stabilità (finché dura) occupazionale delle pubbliche istituzioni e cullandosi sulla straordinaria ma purtroppo insidiata bellezza del suo centro storico, senza preoccuparsi del rischio di essere scavalcata, lei un po’ ferma, dal rapido procedere di tutto ciò che avanza su scala planetaria. Più sicurezza, però, e più compattezza o continuità in quanto a rappresentanza politica (non è singolare che negli anni sessanta sindaco di Civitanova divenne il senatore maceratese Rodolfo Tambroni?).
Considerando tutto questo, la contestazione del capoluogo di provincia diventa a mio avviso risibile. Macerata non lo è diventata per un destino cinico e baro o per un complotto di Angela Merkel, ma per una molteplicità di ragioni storiche riguardanti la sua collocazione territoriale e il suo plurisecolare prestigio istituzionale, culturale e un tempo anche economico (quest’ultimo, ora, non più, ma il passaggio, a metà Novecento, dall’agricoltura all’industria manifatturiera è stato un evento epocale e non attribuibile né a colpe di Macerata né a meriti di Civitanova). E adesso? Non sappiamo ancora che fine faranno le Province, ma una fine la faranno di sicuro. E vogliamo metterci a litigare su questo all’insegna di miseri campanilismi vecchia maniera che davvero, oggi, non hanno alcun senso? Civitanova è più ricca di Macerata? Beata lei, anche se non appare dalle statistiche fiscali. Macerata è più “sicura” di Civitanova? Beata lei, anche se il futuro è gravido di incognite. E allora? Procedano insieme. E se sono diverse, ciò significa che non c’è concorrenza. Lube, San Giuliano, Ivo Costamagna? Lasciamoli perdere, per favore. C’è ben altro di serio a cui pensare.
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Per non dimenticare l’opposizione dura ed immotivata (?) di Costamagna e altri come lui (socialisti e democristiani) alla fusione tra le Casse di risparmio di Macerata e di Ancona nel 1987-1988 che avrebbe anticipato Banca delle Marche di 7 anni, evitando forse che oggi fosse nello stato in cui è e dove è. Chi ha anni a sufficienza, ricorda quando Civitanova Marche era solo Porto Civitanova, squallida zona marina di una città sulla collina, con le pompe dell’acqua in cucina ed i barchetti sulla spiaggia. Oggi è una grande città, cresciuta troppo in fretta e spesso senza un supporto culturale, con il solo mito del successo economico a tutti i costi. Ma quando sarà possibile concludere che, comunque si chiami, la provincia, la più grande delle Marche alla metà del XIX secolo, è oggi la più piccola e, soppressa o no, non può più permettersi divisioni che non consentono di mettere insieme tutte le proprie risorse? “sfruttando” le diversità e non facendole bandiera di campanilismo, dallo Sferisterio alla rassegna di danza, dal mare alla montagna, dai musei ai centri commerciali, dimenticando che non è importante come si chiama il casello autostradale, ma che ci sia e garantisca a tutti una mobilità facile ed efficace.
Noi a Macerata abbiamo la Cultura e i beni culturali, biblioteche e musei, abbiamo il vescovo, mentre a Civitanova hanno cacciato il museo polare di Zavatti. Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco: aspettiamo di vedere come finirà il megamuseo del consumismo e la Lube.
Ai nostri politici locali (e localistici) piace montare polemiche sul nulla, facendo affermazioni che si potrebbero tranquillamente evitare (nel caso di Costamagna) oppure ostentando risentimenti che sarebbero ben minori se le condizioni attuali del capoluogo fossero migliori (nel caso di Carancini).
Tutto questo serve a cercare di riguadagnare consensi agli occhi delle rispettive cittadinanze di fronte a un operato delle rispettive amministrazioni comunali che credo sia giudicato, in entrambi i casi, non esaltante. Nel caso di Macerata, per l’inerzia e il caos che stanno contraddistinguendo l’operato dell’attuale sindaco e della sua giunta; in quello di Civitanova, perché Corvatta non ha affatto rappresentato il cambiamento che la sua elezione avrebbe dovuto portare e che il suo elettorato, in primis quello di centrosinistra (che, non a caso, lo preferì a Silenzi in occasione delle primarie) gli chiedeva. Tanto è vero che, a giudicare dalle cronache, Corvatta si sta dimostrando un sindaco quanto meno evanescente, a differenza del suo vice Silenzi e del presidente del consiglio comunale Costamagna. Dubito fortemente che chi votò per Corvatta l’abbia fatto per ritrovarsi con un’amministrazione in cui i due personaggi dominanti si sono rivelati proprio Silenzi e Costamagna.
Le cose di cui i politici locali dovrebbero parlare, e delle quali dovrebbero essere chiamati a rispondere, sono ben altre; per esempio il fatto che, a quanto pare, le occasioni in cui hanno maggiore visibilità pubblica e in cui si mostrano più soddisfatti siano inaugurazioni di centri commerciali; ma su quelle si tace.
A proposito: forse ricordo male, ma mi pare che un tempo i politici intervenissero nella loro veste pubblica soprattutto quando s’inauguravano opere pubbliche, non centri commerciali.
Se la politica nostrana vola così basso, stiamo messi bene… 🙁
Un bravo capo-comico intennente
sai chi cce ll’ha? la Compaggnia Stamagna
che ssa ttiené ddu’ piedi in una stagna
pe ffà cquadrini e cojjonà la ggente.
A ttirà ggonzi nun ce mette ggnente.
Pijja un fojjo de carta, te lo sbaffa
de ggiallo o rrosso, e ssopra te sce schiaffa:
lu volley o lu gran Portu de sta jente
E ssempre, o ccarta vecchia o ccarta nova,
c’è un sproloquio p’er popolo cazzaccio
su la grannezza de Civitanova.
Vorà èsse ppiú ggranne de Macerata?
Io fo er zartore, e ho ssempre visto er braccio
piú lungo de ‘na manica girata.
Mi fa molto piacere che tanti maceratesi siano solidali con i civitanovesi che devono subire questa subdola amministrazione rappresenta da Corvatta, Silenzi e Costamagna.
Un cammello non prende in giro un altro cammello per le sue gobbe.
(proverbio africano)
Dal libro del profeta Baruc
Ah sì, Macerata che vola basso, Macerata prudente, fatalista, con senso oculato della vita….non so, Liuti, come conciliare queste sue osservazioni con “l’intraprendenza edificatoria” delle ultime Giunte cittadine (lì per lì mi viene in mente Valleverde, ma non solo….)
L’assurdità vera è aver risposto a Costamagna che di investimenti (senza odore) in centri commerciali, centri ludici, sportivi e spettacolari certamente se ne intende. D’altra parte non sa nulla di musei, biblioteche, processioni, scuole e formazione, arte e bellezza. Per lui e la sua Giunta la salute della città si misura dal numero delle gru in movimento.