Le ambizioni sbagliate
in scena al “Parcaroli”

IL COMMENTO di Carlo Cambi - Si assiste con un po’ di stupore a una lite continua e strisciante in maggioranza. I partiti non sono capaci di fare un'elaborazione politica. Non c’è la consapevolezza che il centrodestra non ha vinto, ma è stata la passata amministrazione ad aver perso. Possibili ripercussioni sulla Regione. Lo schema: dimissioni, commissario, voto è indice di miopia. La città invece ha bisogno di rilancio perché sta pericolosamente arretrando

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di Carlo Cambi

Osservando dal divano di casa cosa (non) accade attorno alla giunta di Sandro Parcaroli si è presi da due sentimenti uguali e contrari: fare scorta di pop corn e assistere divertiti a questa riedizione di sei personaggini in cerca d’autore con un capocomico tra l’indispettito e l’incerto se licenziare la compagnia; o interrogarsi sulle incognite del futuro. Viene da chiedersi se il nostro primo cittadino non debba, suo malgrado, calarsi nei panni di Amleto e computando nella nebbia passo a passo le mura dell’Albornoz dubitare: “Essere, o non essere, questo è il dilemma”: se sia più nobile nella mente soffrire colpi di fionda e dardi d’oltraggiosa fortuna o prender armi contro un mare d’affanni e, opponendosi, por loro fine?”. Tradotto: vado avanti o mi dimetto?

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Carlo Cambi

L’ottimo collega Luca Patrassi su Cronache Maceratesi – che ringrazio per l’ospitalità – tra assessori che drizzano le antenne, altri che censurano le lapidi, altri ancora che sgomitano per indebolire la maggioranza si domanda se tre indizi non facciano una prova e se non siamo dunque, venticinque anni dopo, alla riedizione della congiura contro Anna Menghi. L’interrogativo non è affatto peregrino ed è così fondato da consentire a Romano Carancini, passato a miglior scranno in Regione, di palesarsi sulla torre civica (o via Trento, sempre di Elsinore si tratta) come lo spettro del fu re di Danimarca.

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Sandro Parcaroli con la sua Giunta poco dopo l’insediamento

L’assessore agli eventi e al turismo, avvocato Riccardo Sacchi, ultimamente ha una reiterata confidenza con i libri. Macerata Racconta non ha avuto discontinuità rispetto al passato e forse per questo ora si dà alla presentazione di volumi freschi di stampa; sarebbe interessante sapere se con i pubblici denari e quindi chiedersi perché quell’autore e quella casa editrice e non altri. Per riequilibrare potrebbe fare per l’imminente Natale dono a sé medesimo e a gran parte degli assessori di un romanzo di Alberto Pincherle (Moravia) scritto nel ‘35 e dal titolo paradigmatico per la giunta maceratese: Le ambizioni sbagliate. La storia è l’immersione nelle miserie piccolo borghesi di una Roma decadente con due protagonisti assetati l’uno di notorietà e l’altra di ricchezza. E di miserie si tratta quando chi fa la voce grossa non ha contezza della propria consistenza consiliare ed elettorale. Si può anche giocare a chi c’ha l’antenna più lunga fin quando non spunta il metro, si può anche tentare un’interdizione continua fin quando qualcuno non fa vedo; e il vedo sono 2 consiglieri su 30.

Del pari si può pure tentare di mettere una pietra sopra ai risultati del 22 settembre di due anni fa e scrivere la lapide funeraria della giunta Parcaroli sperando in una resurrezione più gloriosa, ma i pesi consiliari dicono che il perimetro leghista uscito dalle urne (civica del sindaco più Lega) è quello di maggioranza relativa. Certo chi sta pensando di riproporre a Macerata ciò che accade a palazzo Chigi ha un certo conforto alla propria albagia dall’inconsistenza politica dell’aggregato Lega. Che è peraltro il maggior limite della sindacatura Parcaroli: non avere alle spalle partiti capaci di fare un’elaborazione politica. Lo schema che sotto traccia emerge, ed è così palese e ingenuo dall’essere perfino patetico, è: facciamo cadere Parcaroli, si va al commissariamento poi si vota di nuovo e facciamo un monocolore perché quello che succede a Roma succede a Macerata.

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I parcheggi in piazza della Libertà, uno dei provvedimenti più distintivi della giunta Parcaroli

Si chiama sindrome Meloni, ma non si sa in quale cinema sia in programmazione questo film. Nel frattempo facciamo un rimpasto: fuori quelli della Lega e ci pigliamo la maggioranza che non avevamo nelle urne, ma abbiamo nei sondaggi. Sono tutte ambizioni sbagliate perché c’è uno spaventoso deficit di analisi politica in questo schema. Il primo elemento di cui non tiene conto il centrodestra maceratese è che non ha vinto le elezioni, le hanno perse gli altri. Il voto a Sandro Parcaroli non è di adesione al centrodestra, ma è di saturazione verso il nulla del centrosinistra. Basta rileggere i risultati delle liste per comprendere come i consensi non si siano aggregati attorno a una proposta politica, ma contro una prassi amministrativa di un potere esercitato senza alcun aggancio con i bisogni reali. La lista Parcaroli nata a quaranta giorni dall’apertura dei seggi ha preso cento voti in meno di Fratelli d’Italia, un partito strutturato da lunga pezza sul territorio e con alle spalle anni di militanza comunale. La Lega inesistente come articolazione territoriale ha preso mille voti in più del Pd ed è il partito di maggioranza relativa. Un partito che è sempre in attesa di Godot nonostante abbia più del doppio dei consiglieri degli altri.

Ma se è vero com’è vero che il centrodestra non ha vinto se si ripresenta alle elezioni sfasciando la giunta Parcaroli che avrebbe come conseguenza un evidente tutti contro tutti ha un’alta probabilità di perdere. E’ una giunta ben dotata di avvocati; bene, si ricordino il vetusto broccardo: simul stabunt, vel simul cadent (insieme staranno o insieme cadranno)! Un secondo dato di miopia politica sta nel credere che a Macerata succeda ciò che accade a Roma. E’ esattamente e storicamente il contrario. Se salta Macerata può darsi che salti Roma con buona pace delle Ronzulli de noantri. E anche gli o o le aspiranti Meloni farebbero bene a ricordare che Macerata è una città delle Marche, regione dove il centrodestra non ha vinto: ha perso il Pd che peraltro resta per consistenza elettorale il primo partito regionale.

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Il governatore Francesco Acquaroli e il sindaco Sandro Parcaroli

Il presidente Francesco Acquaroli probabilmente non è affatto contento di come vanno le cose a Macerata ed è consapevole che uno strappo qui minerebbe le fondamenta di palazzo Raffaello. Il presidente della giunta regionale ha un rapporto molto serrato con il presidente del Consiglio la quale ha bisogno di tutto tranne che di vedersi sfarinare strada facendo la compattezza del centrodestra. Anche perché – come dimostra il mesto tramonto del Pd – in politica i consensi non sono mai acquisiti una volta per tutte anche se si costruisce un solido apparato di potere. Cosa che a Macerata peraltro l’attuale coalizione che amministra non è stata ancora in grado di sostanziare avendo di fatto confermato quasi tutti i referenti, quasi tutti gli indirizzi amministrativi financo nei progetti della vecchia maggioranza e non avendo per ora prodotto un profilo autonomo e alternativo al passato.

E qui si lasciano i pop corn per lasciarsi andare alle preoccupazioni. Se si scorrono un po’ d’indicatori emerge che forse è più il tempo del rimboccarsi le maniche per fare piuttosto che per menare le mani. La Camera di Commercio dice che si sono perse nella provincia quasi 4 mila imprese, Confartigianato annuncia che ce ne sono 11 mila a rischio, se si guardano le famose classifiche, sia pure con il beneficio d’inventario, per quel che riguarda la qualità della vita abbiamo perso 21 posizioni con un tracollo soprattutto per cultura e tempo libero (Sole 24 Ore), abbiamo perso 22 posti nella classifica economica stilata da Italia Oggi con arretramenti significativi in tutte le “categorie”. La curva demografica è negativa, così l’emorragia continua di abitanti. In dieci anni abbiamo perso 4 mila euro di reddito pro-capite (24.086 euro nel 2011, 20872 euro ne 2021). E si potrebbe continuare ad analizzare questi indicatori. Anzi stupisce che nessun partito, né di minoranza (ma è trascurabile) né di maggioranza, ed è preoccupante, abbia sentito il bisogno di organizzare una riflessione sulle linee programmatiche del futuro di Macerata. Che pure ha un’opportunità.

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Sandro Parcaroli nelle vesti di presidente della Provincia

L’aver assommato in sé la figura di sindaco del capoluogo e di presidente della Provincia può (poteva) offrire a Sandro Parcaroli l’opportunità di restituire a Macerata una centralità perduta rispetto al suo territorio contribuendo al rilancio complessivo. Non sappiamo quale direzione s’intenda prendere, non sembra vedersi un quadro d’insieme, ma una serie di interventi spot spesso motivati dal desiderio di protagonismo, anche legittimo, dei singoli assessori ma non inseriti in un disegno organico di città e per la città. Dovrebbero impegnarsi su questo i contendenti di maggioranza che invece, sarà un effetto postumo del Covid? Tra liti di Azzecagarbugli paiono i polli di Renzo. Si riteneva che con il cambio di amministrazione che doveva tradursi, e sin qui non è avvenuto o non si è avvertito, in un mutamento d’indirizzo politico-economico ci saremmo affrancati dal modello città-impiegatizia, dalla retorica del paese mio che stai sulla collina. Anche perché la canzone di Jimmy Fontana ha un titolo emblematico: Che sarà?

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