di Fabrizio Cambriani
Infine, il Partito Democratico regionale ha deciso per il suicidio assistito. Dopo una gragnola di incontri e dichiarazioni che indicavano il riconoscimento di un candidato civico alla presidenza della regione, hanno optato per una soluzione interna. Porteranno agli alleati la proposta di Maurizio Mangialardi, sindaco di Senigallia e presidente regionale Anci. Una decisione apparentemente unitaria che occulta, in realtà, una serie di veti incrociati tutti interni a un sempre più dilaniato e vetusto gruppo dirigente. Le facce, sempre le stesse da venti anni a questa parte – a parte le teste sempre più incanutite e spelacchiate o i volti provati dalle rughe del tempo che passa – raccontano sempre la medesima storia: l’incapacità di fare una sintesi sui reali interessi dei loro elettori.
Il dipanarsi degli eventi ci dicono tutto e tutto il loro contrario. Quella che solo ieri era una granitica certezza diventa oggi anacronistica facezia. Dal campo largo si passa al piccolo recinto. Dalla risorsa proveniente da una eccellenza come quella della Politecnica si zompa al rassicurante uomo di partito. Purché, beninteso, garantisca precari equilibri. E poco conta se ne va del governo della regione Marche. Che importa se così si spalancano le porte a perniciose derive destre. Quello che più preme è chiudere, nelle segrete stanze, un accordo tutto interno che assicuri a qualcuno almeno cinque anni di sopravvivenza. Un patto che blindi la gestione futura dell’intero partito ai medesimi figuri. Gli stessi che lo hanno eroso come topi, dal di dentro e fino a consumarlo tutto, come una forma di parmigiano. Una gestione assurda, quella degli ultimi cinque anni, dove quelli che avrebbero dovuto verificare e valutare l’operato del governo regionale erano gli stessi che ne facevano parte. Fino all’esplosione di un inaudito conflitto istituzionale – proprio l’altro giorno – col governo sul coronavirus. Dove ambosessi assessori regionali, incapaci di trattenere le loro pulsioni belluine, si sono precipitati a scaricare tutta la loro rabbia sui social contro un ministro del loro stesso partito. Roba che manco un manipolo di camionisti uzbeki, in un’osteria del porto vecchio.
Al vertice di tutto il governatore ridens, Luca Ceriscioli, noto alle cronache per la sua totale incapacità politica e per il suo serafico immobilismo. Dopo quasi cinque anni di opaca letargia, è assurto improvvisamente alle cronache nazionali come spietato avversario e oppositore intransigente del presidente del consiglio Conte. E per ciò acclamato e osannato da tutte le tifoserie destrorse locali. A lui l’intero partito ha lasciato in mano il pallino, assecondandolo in ogni passaggio. Il vicesegretario nazionale Andrea Orlando ha il volto del notaio che firma questo atto di rinuncia. Una faccia seria e preoccupata, la sua. La direzione regionale di oggi mette il sigillo a una resa incondizionata. Dietro i volti sorridenti dei partecipanti trapela nervosismo. Sono consapevoli che, sull’altare del dio Ceriscioli hanno sacrificato le risorse migliori. Bruciandole, una via l’altra, come cerini. Sanno che è suonata la campanella per l’ultimo giro e che se si vuole evitare un sanguinoso redde rationem, bisogna stare uniti e compatti. Che adesso è il momento dei corifei, dei tamburi della propaganda. Ma sentono pure, in lontananza, i rombi dei tuoni che annunciano tempesta.
Domani si presenteranno al tavolo degli alleati con questo straordinario capolavoro sicuri di spuntarla grazie al loro peso politico. Anche se, in un colpo solo, hanno azzerato speranze ed entusiasmi di quanti ambivano a poter contribuire a realizzare una fase nuova per queste terre. Non si capisce infatti come si possa raccontare che chi sia stato protagonista di un imbarazzante immobilismo, possa pretendere di proporsi come dinamico innovatore. E che, se c’è bisogno di una decisa sterzata alternativa, come essa non possa provenire dallo schieramento avversario di destra.Argomenti che troverebbero asilo ed elaborazione in una dinamica politica logica e razionale che, tuttavia, cozza con le inqualificabili decisioni di bottega assunte all’interno di un ristretto circolo il cui interesse non è il bene comune, ma la sistemazione di sodali e accoliti.
A questo punto sta al resto della coalizione la prossima mossa: assecondare questo squallido disegno, oppure – in un sussulto di dignità – buttare in aria il tavolo. Morire, anche se per un’ideale, è l’estrema ratio, ma sacrificarsi per manifesta incapacità altrui è peccato mortale e si va all’inferno.
il pd litiga sul candidato in Regione Marche. stanno al potere da tempo immemorato ma non basta, sono allo sbando consapevoli dei misfatti ma non basta, vorrebbero stravincere. fanno tenerezza...
Un applauso
Il PD ha discusso sul territorio, ha litigato (troppo) e alla fine ha trovato un candidato che rappresenta un'ampia sintesi e che ha riscosso ampio consenso tra oltre 90 sindaci tra i quali molti civici. Avete notizie del candidato della destra? La Meloni e Salvini decideranno qualcosa a breve sulla testa delle loro marionette locali?
Complimenti! L'articolo è una disamina ineccepibile dell'autolesionismo piddino.
Articolo bellissimo
Che fine ingloriosa
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A confronto di quello che è riuscito a fare il PD a livello regionale, inanellando una serie infinita di contraddizioni e di avvitamenti con triplo salto mortale, le incertezze e i casini del centrodestra a Macerata sono roba da educande. E le spacciano pure con la faccia seriosa di chi ha prodotto alta politica!
Forse solo una batosta elettorale farà rinsavire il PD marchigiano (ma non è detto).
Peccato che a pagarne il prezzo saremmo tutti noi, perché la giunta di destra che emergerà dalle prossime elezioni sarà come un cadere dalla padella nella brace.
CERTE VOLTE E’ BENE METTERE I PUNTINI SULLE I.INFATTI QUALCUNO (INCONSAPEVOLE DEI GIOCHETTI DEI POLITICANTI )POTREBBE NON ESSERE CONVINTO DI QUELLO CHE HANNO SCRITTO CAMBRIANI, BOMMARITO E VALENTI. POTREBBE DOMANDARSI: ” MA PERCHE’ DOVREBBERO CANDIDARE UNO CHE PERDE?”.
LA RISPOSTA E’ CHE LASCERANNO LA REGIONE ALLA DESTRA, MA ALCUNI DI LORO SPERANO DI ESSERE, COMUNQUE, ELETTI CONSIGLIERI. ED IL PIU’ SICURO E’ PROPRIO MANGIALARDI. E’ UNA STRATEGIA DA ACCATTONAGGIO? SI.
Siamo ancora in una fase interlocutoria sotto ogni angolatura.Azzardati giudizi definitivi.