Ai saluti Luciano Goffi, il direttore generale che ha condotto Nuova Banca delle Marche nella difficilissima fase che l’ha portata ieri al closing per la fusione in Ubi banca che la trasformerà in Banca Adriatica. Prima di fare spazio ad Alberto Pedroli, il manager che fino alla fusione in Ubi Banca Unica guiderà la rinominata Banca Adriatica, l’ex amministratore rassicura sull’Information Technology, polo informatico di Macerata che non dovrebbe essere smantellato come paventato in una prima fase delle trattative. «L’intenzione della nuova proprietà, già comunicata al personale, sarebbe quella di lasciare sul territorio alcune attività che saranno rivolte all’intero gruppo».
Sul rischio di licenziamenti nelle tre good banks (oltre a Banca Marche, banca Etruria e Carichieti), interviene invece il consigliere delegato di Ubi Banca, Victor Massiah: «Non faremo licenziamenti, intendiamo gestire gli esuberi su base volontaria«. I nuovi tagli dichiarati da Ubi Banca si avvicinano al migliaio di unità, in quanto dei 1.569 esuberi dichiarati più di 500 sono già stati oggetto di accordi sindacali nelle tre banche. «Oltre 500 di questi 1500 esuberi hanno già sottoscritto un accordo per uscire dalle banche di appartenenza per cui se si vuole ragionare in termini incrementali ci si deve orientare sui 1000».
«Recentemente – ricorda Goffi – abbiamo raggiunto un accordo per definire il primo nucleo di esuberi, già pronte ad uscire sono 270 persone ma poi il bacino effettivo supera i 300 dipendenti in termini di adesioni raccolte. E’ il primo esempio di come questo problema verrà gestito da Ubi: in caso di necessità non si pensa ai licenziamenti ma all’uso del fondo esuberi, della solidarietà e del part time».
«Portare Nuova Banca Marche dentro un gruppo con le caratteristiche di Ubi ha ridato normalità a questo istituto – prosegue l’ex direttore – è il risultato principale di questa operazione, in un momento in cui il sistema bancario sta facendo una ristrutturazione generale pesante. Certo – ha aggiunto – cambia, e non solo per le Marche, il modo di concepire l’idea di banca locale. Il mercato è cambiato in questi anni, la piccola dimensione di banca si scontra con le sfide che il mercato impone. Dimensione più grande però non vuol dire non essere attenti al territorio. Se il salvataggio di Nbm (1,5 mld di patrimonio perso e un’infusione di 2,5 mld messi dal sistema bancario a fondo perduto) è stato un grande sacrificio per gli ex soci e il sistema bancario, i contribuenti non hanno versato un euro. E che con il passaggio al gruppo Ubi non vengono meno le azioni legali intentate da Nbm a carico degli ex amministratori che hanno condotto l’istituto ad un default da un miliardo di euro. «Sarà sempre Ubi – ha spiegato – a farsi carico di tutti i procedimenti aperti da Banca Marche nei confronti degli ex amministratori per il dissesto dell’istituto di credito, in primis l’azione di responsabilità varata da Banca d’Italia durante il commissariamento, e le azioni legali nelle inchieste della Procura di Ancona che vedono appunto in Banca Marche la parte lesa”.
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Una vergogna cambiare far scomparire denominazione banca marche,nessuno fatto nulla almeno per questo minimo segno di marchigianita’