Ce la faremo, anche da soli
Forza Maceratesi

IL TERREMOTO CI HA PIEGATI, MA NON CI HA DISTRUTTI: RIPARTIAMO INSIEME - Se in questa immensa tragedia possiamo trovare un elemento positivo è la conferma della nostra eccellente diversità. Siamo un popolo gentile e ostinato, capace e deciso. Tocca a noi spiegare al mondo la nostra forza, e con questa forza costruire la speranza

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Carlo Cambi

Carlo Cambi

 

di Carlo Cambi

Ce la faremo, come tante altre volte nella Storia; dobbiamo farcela. Da soli. Perché è bene ne siamo consapevoli: noi maceratesi siamo figli di un Dio minore. Ne volete una prova? Pensate al decreto del dopo 24 agosto: ci sono 5 comuni abruzzesi e nella lista non c’era Castelsantangelo sul Nera. In attesa di avere i benefici fiscali il paese è crollato al suolo. Sappiate che siamo figli di un Dio Minore perché le telecamere sono tornate ad Amatrice e ad Accumoli, ma della tragedia di San Severino o di Tolentino non s’è visto nulla. Siamo figli di un Dio Minore perché la ministra dell’educazione telefona al Rettore di Camerino per annunciare che verrà a portare la solidarietà. Ma di quell’università nessuno parla come neppure di quella di Macerata. Intanto c’hanno già pensato gli studenti a rimettere in piedi le loro aule.

La titolare del salumificio Cappa di Villa Sant'Antonio di Visso domemica mattina dopo la scossa

La titolare del salumificio Cappa di Villa Sant’Antonio di Visso domemica mattina dopo la scossa

Siamo figli di un Dio Minore perché Matteo Renzi è andato giustamente alla Tods da Della Valle per ringraziare del futuro stabilimento che sorgerà ad Arquata del Tronto, ma in questi giorni da Cappa – per dirne uno – che ha perso tutti i suoi ciauscoli e un secolo e mezzo di attività (leggi) lì nella Visso splendente di Paolo da Visso e della natura dei Sibillini non s’è visto nessuno. Siamo figli di un Dio Minore perché fa scalpore la facciata della cattedrale di San Benedetto a Norcia venuta giù, ma di Macereto – quel santuario eretto a gloria e conforto dei pellegrini lauretani che è di una bellezza unica- nessuno parla. Siamo figli di un Dio Minore perché il Commissario Straordinario Vasco Errani viene e dice: cercheremo di farvi fare l’anno scolastico, ma a vedere che i nostri ospedali sono crollati, che i nostri anziani sono dovuti scappare dalle case di riposo senza sapere bene dove andare, non ci va. Né s’interessa delle nostre fabbriche, dei nostri allevamenti, dei nostri campi. Siamo figli di un Dio Minore perché i nostri 22 mila sfollati pesano poco, perché di Fiastra, di Bolognola, di Pieve Torina, di Pievebovigliana, di Sefro, di Muccia, di Fiuminata, di Montefortino, di Pievefavera, di Serrapetrona, di Cingoli, di Gualdo, di Treia, di Mogliano, di Castelarimondo, di Gagliole, di Corridonia, di San Ginesio, di Sarnano nessuno parla. Così delle cento frazioni dimenticate. Hanno dovuto per forza interessarsi di Ussita, di Castelsantangelo, di Visso e di Camerino, ma è un circo Barnum perché i bagni chimici non ci sono, perché i pasti li preparano ancora le nostre vergare, perché le tende non le mandano, perché i soldi non ci sono, gli ingegneri non ci sono e non si sa se le case si possono abitare o no. Ci raccontano che la macchina dei soccorsi è efficientissima: non è vero. Potrei continuare all’infinito a elencare ciò che non funziona, ma non è questo il nostro fine.

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San SeverinoIl sindaco Rosa Piermattei con il presidente del Consiglio regionale Mastrovincenzo

San Severino. Il sindaco Rosa Piermattei con il presidente del Consiglio regionale Mastrovincenzo

Qui noi dobbiamo sapere che ce la possiamo fare, che ce la faremo. Magari da soli. Forza Maceratesi è il nostro credo, il nostro slogan, il nostro stare insieme ed essere comunità. Ora più che mai. Quel poco o tanto ce lo siamo fatto da soli. E oggi è necessario dirlo: grazie ai nostri Sindaci. A tutti indipendentemente dal colore; sono stati loro i primi a darsi da fare, i primi a non dormire, i primi a organizzare, i primi a testimoniare le città e i borghi feriti, distrutti, ma non piegati. Perché ce la faremo, dobbiamo farcela. Sono stati loro, i nostri Sindaci, a dire al mondo: esistiamo; sono stati loro a farci sentire comunità, sono stati loro a rivendicare il nostro diritto. Sono stati loro – e penso ai sindaci della costa – ad accogliere, sono stati loro – e penso ai sindaci della montagna – a gridare il nostro bisogno, sono stati loro – e penso a Romano Carancini in primis – a farci sentire che la città c’è, anche se ferita: da Macerata a San Severino, da Camerino a Tolentino. Da qui dobbiamo ripartire: dal senso di comunità. Sapendo che dovremo fare molto da soli, ma non stancandoci di rivendicare il nostro diritto.

Loro Piceno, l'intervento dei vigili del fuoco per la campana caduto sul municipio

Loro Piceno, l’intervento dei vigili del fuoco per la campana caduto sul municipio

Siamo gente forte e coesa: lo hanno dimostrato i nostri ragazzi, i Vigili del Fuoco instancabili, i volontari della Protezione Civile, i giovani delle parrocchie e del volontariato, i tanti professionisti che hanno fatto l’impossibile per assistere, soccorrere, per farci sentire non soli. Lo hanno fatto anche qui a Cronache Maceratesi: perché anche l’informazione, quella corretta, in questi momenti è prima di tutto servizio. Quello spirito di servizio che ci anima e ci sostiene.
E con questo spirito occorre leggere il terremoto non come fatto in se pur nella sua enorme tragicità. Dobbiamo capire per confortarci e confrontarci. Da questa comprensione dobbiamo partire per rialzarci.
Il terremoto se ha spazzato via le nostre case, le nostre chiese, le nostre botteghe e le nostre fabbriche sbalzandoci in un cupo presentismo perché erodendo il nostro patrimonio culturale e artistico ha intaccato la memoria concreta del nostro passato e impedendoci di progettare ha nascosto il futuro dietro una cortina di calcinacci e polvere, ha fatto emergere la nostra diversità positiva. Che è il pilastro sul quale dobbiamo poggiare la nostra ricostruzione e al contempo è anche il motivo della mancata comprensione a parte di chi viene da fuori – sia telecronista o tecnico della Protezione civile – delle nostre dinamiche personali, sociali ed economiche.

San Severino, una palazzina sventrata

San Severino, una palazzina sventrata

Nello stesso momento il terremoto ha drammaticamente squarciato il velo di supponente ignoranza che guida il nostro Paese. E viene in mente che lo stillicidio di scosse – quasi si potesse denunciare per stalking la terra – assomiglia all’infernale piovra dantesca che nel terzo girone puniva i golosi, e qui punisce i presuntuosi. Sono convinti gli economisti, i sociologi, i politici, i media nazionali che l’Italia sia fatta solo di metropoli, che il patrimonio culturale stia nei grandi musei o negli studi televisivi, che l’innovazione sia appannaggio delle grandi università e delle grandi fabbriche, che al massimo noi siamo buoni per venirci a trovare in un week end di relax. E badate bene anche in questi giorni quando hanno dovuto parlare delle nostre eccellenze hanno pensato al massimo al mangia e bevi. Sono convinti che l’Appennino (a proposito: è venuto giù anche il paese di Appenino, che è un simbolo, ma nessuno lo sa e se ne cura) sia un luogo di regresso, da rottamare. Non sanno che lì ci vive ancora il 20% della popolazione e che lì si produce tanta innovazione oltre a preservare un doppio patrimonio unico: la biodiversità e la testimonianza d’arte.

Ma noi che è così lo sappiamo e da lì noi siamo capaci di ripartire. Noi sappiamo che i Monti Azzurri e Leopardi sono legati dalla stessa poetica, lo sappiamo che Macereto e Loreto sono i punti cardinali della rotta della fede vera, lo sappiamo che Paolo da Visso, i Salimbeni, Lotto, Crivelli, Gentile e su su fino a Pannaggi legano queste nostre terre con un filo di bello assoluto, lo sappiamo che la Georgica di Treia e la biblioteca di Monaldo sono la manifestazione dello stesso collettivo ingegno, lo sappiamo che la Varnelli va a braccetto con la Guzzini, che la Lube va nel mondo come la Faggiolati o la Nuova Simonelli, che la Frau designa uno stile che anche stile di vita come la Manas o Santoni, lo sappiamo che a Camerino c’è uno dei poli di ricerca chimica, farmaceutica, biologica e matematica più importanti d’Europa e che grazie al Rettore Flavio Corradini Unicam oggi è un’avanguardia nella ricerca, lo sappiamo che l’Università di Macerata è un presidio altissimo di cultura e che nelle scienze umane è considerata una “fabbrica di Nobel” e che Francesco Adornato neo-rettore è impegnato a proiettarla in una dimensione internazionale, lo sappiamo che tanti nostri piccoli imprenditori rappresentano nell’agroalimentare un’eccellenza (e penso a Buccolini, a Donnari, alle Gabrielloni, alla Fileni, a Quacquarini per citarne alcuni a cui si affiancano colossi come la Fileni o Brachetti Peretti), lo sappiamo che il nostro tessuto produttivo è fatto di altissima artigianalità e di impegno costante (penso a pastori come gli Angeli o a artisti come Malleus), lo sappiamo che abbiamo terre e prodotti unici. Noi lo sappiamo ma chi viene da lontano e con un po’ di supponenza non capisce perché a Ussita o a Visso a Camerino o a San Severino trovi persone che ostinatamente non vogliono lasciare la loro terra. Perché questa terra è un valore, e la comunità che l’ha determinata, l’ha plasmata e l’ha conformata è una comunità di valore.

Tolentino, sfollati al campo Sticchi

Tolentino, sfollati al campo Sticchi

Sarebbe necessario che il Governo considerasse che in questa nostra provincia oggi così profondamente ferita si generano quasi due punti di Pil nazionale e perciò ci serve un decreto fiscale che sospenda le tasse e ridia immediato slancio alle imprese, sarebbe necessario che si considerasse che in questa nostra terra le abilità professionali sono quelle che hanno determinato il successo delle nostre imprese e che non si può “deportare” quella manodopera senza perdere il valore del lavoro, sarebbe necessario che si considerasse che per noi mandare i figli a scuola è già immaginare un futuro di prosperità e in continuità con il nostro modo d’essere, sarebbe indispensabile che sapessero e si rendessero conto che per noi agricoltura è tutela del territorio, custodia della biodiversità, integrazione con il turismo in un’idea di sviluppo sostenibile delle nostre montagne oggi ferite, che paesaggio è per noi valore aggiunto e riconoscimenti delle nostre radici, che comunità è insieme luogo fisico e metafisico, che casa è per noi è uguale a chiesa: è il tempio dove custodiamo la nostra anima, la nostra identità, la nostra eredità e la nostra speranza.
Tutto questo siamo noi; un popolo gentile e ostinato, capace e deciso. E forse sta a noi farlo capire a chi è venuto ad aiutarci, a chi dovrà fare le leggi, a chi ci sta raccontando. Perché la foto che ci fanno non sia sbiadita, deformata, perché gli aiuti che ci offrono servano davvero, perché il nostro domani sia migliore di questo disperante oggi, ma senza cancellare nulla del nostro passato che anzi dovremo trasformare da maceria di nuovo in custodia del nostro modo d’essere. Noi maceratesi siamo tutto questo e per questo FORZA MACERATESI! Ce la faremo, anche da soli!

 

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