di Marco Ricci
Il superamento della crisi di Banca Marche sembra ormai essere questione di ore. Dopo gli incomprensibili stop della Commissione europea a qualsiasi intervento diretto del Fondo Interbancario nei capitali di BM, Carife, Popolare dell’Etruria e Carichieti, e dopo un analogo niet all’utilizzo di risorse considerate pubbliche da Bruxelles come garanzia per la cessione dei crediti deteriorati, la via che si starebbe percorrendo è una procedura di risoluzione (cioè di ristrutturazione) nell’ambito delle nuove norme europee – entrate in vigore lunedì scorso – che disciplinano la gestione delle crisi bancarie (Brrd). La risoluzione è un meccanismo studiato per agire in tempi strettissimi qualora, davanti a un dissesto, non vi siano possibilità di mercato o di altri tipi di intervento. E che i tempi siano ormai contingentati lo si presume non solo dalla convocazione per domenica pomeriggio di un Consiglio dei ministri urgente per ritoccare alcuni aspetti normativi, ma anche dal lavoro che procede a ritmo serrato all’interno dei quattro istituti in crisi. Non si può escludere che alla riapertura dei mercati, lunedì mattina, l’operazione sia stata completata. Secondo l’Ansa, i commissari straordinari sarebbero già decaduti. Ciò indicherebbe come il loro posto sia stato assunto dall’Autorità per la risoluzione delle crisi o da commissari speciali e come dunque la risoluzione sia già stata avviata.
Come anticipato già ieri (leggi l’articolo), la soluzione finale prevederebbe per Banca Marche, così come per le altre tre banche in crisi, la creazione di un ente-ponte e di una bad-bank. Nell’ente-ponte, di fatto una nuova società autorizzata a svolgere l’attività bancaria, andranno a confluire le attività migliori della banca (good bank), consentendone il normale funzionamento. Come prevede la direttiva Brrd, sarà il Fondo unico di risoluzione, alimentato dalle banche italiane, a capitalizzare la nuova società, con gli istituti chiamati probabilmente ad anticipare i loro contributi dovuti al Fondo per i prossimi anni. L’entità complessiva di solo questo esborso sarà, per il complesso delle quattro banche, di circa due miliardi di euro. Sempre seguendo la normativa Brrd, nella risoluzione verranno in qualche modo coinvolti gli azionisti e gli obbligazionisti subordinati secondo il principio del burder sharing. Sia le azioni che le subordinate si immagina andranno a confluire nella good bank e al momento non è chiaro quanto saranno coinvolte. Ovviamente non verrà applicato il bail-in, meccanismo in vigore dal 2016, salvaguardando così correntisti e depositanti.
Se l’ente-ponte proseguirà di fatto la normale attività di Banca Marche, nella bad-bank andranno i crediti peggiori dell’istituto, così da permetterne un recupero in tempi medio-lunghi. E’ ipotizzabile – per consentire ai quattro istituti di cedere i loro crediti non performanti ai valori iscritti a bilancio senza dover registrare nuove perdite – come il Fondo unico di risoluzione possa rilasciare una qualche forma di garanzia. Questo paracadute, potenzialmente, potrà però aggravare per le altre banche del sistema il costo complessivo del salvataggio. Al termine della procedura di risoluzione, seguendo quanto stabilito dalla normativa Brrd, le quattro vecchie società, tra cui Banca Marche spa, si avvieranno a scomparire, con il loro posto assunto dalle quattro new-co. Questo passaggio non avrà alcuna ricaduta su correntisti e depositanti, ma neppure sulla normale operatività degli sportelli tanto che i clienti di Banca Marche non se ne accorgeranno neppure.
Si avvia dunque al termine il lungo periodo di crisi dell’istituto marchigiano, un difficile percorso iniziato oltre tre anni fa dopo l’uscita dalla banca dell’ex direttore generale, Massimo Bianconi, e l’emersione di perdite superiori al miliardo di euro dai bilanci della banca. Poi gli oltre due anni di commissariamento per arrivare adesso a una soluzione in grado di salvaguardare dipendenti, correntisti e depositanti, scongiurando il bail-in o scenari ancora peggiori. Non è però un mistero quanto questa soluzione sia probabilmente la più sgradita al sistema bancario italiano – in particolare per i costi da sopportare – ma l’unica percorribile dopo i ripetuti niet della commissione europea agli interventi del Fondo Interbancario i quali, oltretutto, sarebbero risultati meno onerosi. Una posizione, quella della commissione, considerata incomprensibile sia dall’Abi, che dal Fondo Interbancario stesso e in ultimo anche dalla Banca d’Italia e dal Mef. Ma a nulla sono valse le ragioni italiane davanti ai burocrati di Bruxelles, nonostante negli ultimi anni neppure un euro sia stato speso dallo Stato italiano nei salvataggi, a differenza di quanto avvenuto in molti paesi dell’Unione bancaria. Una sconfitta in qualche modo del governo e del sistema-paese.
La nuova società che vedrà la luce, e che in qualche modo prenderà il posto di Banca Marche, opererà libera dal fardello proveniente dalle vecchie gestioni dell’istituto per tutto il tempo necessario ad individuare un qualche sbocco di mercato o finché non si proceda verso forme di aggregazione con altri istituti. Gli azionisti di riferimento, nel breve termine, non saranno più le vecchie Fondazioni marchigiane ma, di fatto, il Fondo unico di risoluzione a cui spetta, con l’approvazione della Banca d’Italia, individuare i nuovi amministratori e gli organi di controllo.
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Sotto l’ente-ponte di Baracca c’è Pierin che fa la cacca.
Cavoli…oramai la vicenda BdM è diventata piú appassionante di un CSI televisivo…..
I poveri correntisti BdM fremono ogni volta che esce un articolo di CM….