Nell’Abbazia di San Claudio è stata posta una lapide che, tradotta dal latino, afferma: “Qui sotto è situato il corpo di Carlo Magno Imperatore morto nell’anno 814”. Il tono perentorio – lapidario, appunto – non ammette dubbi: altro che la tedesca Aquisgrana di Aachen, ai confini col Belgio e l’Olanda, dove da dodici secoli la storia colloca con certezza la sua residenza, il luogo della sua morte e quello della sua sepoltura! Non Aquisgrana, dunque, ma San Claudio! O meglio: Aquisgrana era San Claudio! E lì Carlo Magno edificò la sua reggia! Purtroppo, nel 1.166, l’Imperatore Federico Barbarossa fu colto da un soprassalto di ultranazionalismo germanico e non tollerando che le vestigie dei Carolingi stessero dalle parti di Corridonia arraffò quanto ne restava (non il corpo, che per nostra fortuna non gli riuscì di trovare, e ne prese uno qualsiasi e lo chiamò Carlo Magno) e trasferì tutto nella città di Aachen facendola diventare una falsa Aquisgrana. Questa è, grosso modo, la tesi che con dovizia di libri sostiene da oltre vent’anni don Giovanni Carnevale, già stimatissimo docente ai Salesiani di Macerata e appassionato indagatore delle nostre vicende di 1.200 anni fa.
Un lavoro molto complesso, il suo, con mille intrecci, mille situazioni e mille rimandi, che a descriverlo tutto farei venire l’emicrania ai lettori. Fra l’altro c’è di mezzo pure Pipino il Breve, padre di Carlo Magno e pure lui Re dei Franchi, che secondo Carnevale e altri storici locali stabilì la sua residenza nella magnifica Collegiata di Sanginesio dove morì e fu sepolto, sovvertendo anche in tal caso dodici secoli di storia, che invece l’hanno dato per morto e sepolto a Saint Denis, presso Parigi (ma Denis è Dionigi non Ginesio, e San Dionigi non è San Ginesio: beh, non importa, si procede lo stesso). A proposito di toponomastica storica, del resto, da un’idea di don Carnevale ho appreso che perfino Torino, così definita per gli originari popoli celto-liguri detti “taurini”, non era Torino ma Pieve Torina! Ai posteri, ora, l’ardua sentenza? D’accordo, se non fosse che di posteri, dall’anno 814, ce ne sono stati un’infinità e a nessuno era mai venuto in testa di affermare che Aquisgrana è San Claudio.
Intendiamoci, io non sono all’altezza di poter contestare le tesi del professor Carnevale, che poggiano su argomenti meritevoli, come minimo, di rispettosa curiosità. Ma in base a ciò che ho appreso da vecchie lezioni scolastiche e da meno vecchie letture oso chiedermi per quali capricci del fato Pipino il Breve e ancor più Carlo Magno, due fondamentali protagonisti del Medio Evo europeo, avrebbero scelto di trasferirsi stabilmente nelle nostre terre abbandonando quelle che gli erano naturali per nascita, consuetudini, prerogative sovrane, situazioni geopolitiche e gravosi impegni di guerra. Forse per ragioni climatiche, nella speranza che loro ipotetici dolori reumatici ottenessero sollievo dalle più miti meteorologie mediterranee? No, giacché Aachen andava anche allora famosa per certe taumaturgiche e antireumatiche acque termali, tanto che ben prima dell’era cristiana le legioni romane la chiamarono “Aquae Granni” – più o meno Aquisgrana – in omaggio a Grannus, il dio celtico della salute. E allora?
Qui mi fermo, limitandomi semmai a ricordare la macroscopica gaffe che feci dieci anni fa in occasione del matrimonio del figlio di un mio caro amico celebrato proprio a San Claudio. Eravamo in parecchi, di fronte alla chiesa, in attesa degli sposi dopo la cerimonia, e stavamo ammirando la straordinaria bellezza di quella facciata turrita. Bene. Accanto a me c’era un signore vestito di scuro al quale dissi: “Un pazzerello sostiene che questa era la reggia di Carlo Magno”. E lui, sorridendo: “Quel pazzerello sono io, Giovanni Carnevale, e le consiglio di documentarsi un po’ meglio”. Rimasi di sasso, mi scusai e mogio mogio andai a nascondermi nel gruppo, impressionato però da quel cortese e disarmante candore che somigliava a una fede.
Il convegno dei giorni scorsi a San Claudio
Ora l’argomento è tornato alla ribalta della cronaca grazie all’ultimo libro di Carnevale intitolato “Il ritrovamento della tomba e del corpo di Carlo Magno a San Claudio” e presentato in un convegno svoltosi presso l’Abbazia (leggi l’articolo) nel corso del quale sono state elencate le prove che ad avvalorare la sensazionale scoperta e quindi la lapide sarebbero venute da uno strumento scientifico – il georadar – capace di individuare ciò che si nasconde nel sottosuolo. Ebbene, nella relazione finale dei geologi Massimiliano Mazzocca e Maurizio Ercoli si legge testualmente che all’altezza dei gradini di San Claudio sono stati intravisti “elementi architettonici che possono far pensare a una struttura muraria preesistente o a un cunicolo”, ma si allude alla “possibilità di falsi sia positivi che negativi” e si conclude suggerendo nuove “indagini con video ispezioni, saggi e carotaggi”. Cioè, in sostanza, piccoli scavi, che tuttavia lo stesso Carnevale escluderebbe in quanto fattibili solo se autorizzati dalla Soprintendenza regionale ai Beni storici. Niente, insomma, che in forza di quelle vaghe e spettrali forme di muri possa testimoniare “Il ritrovamento della tomba e del corpo di Carlo Magno”. Perché, allora, quella lapide che rischia di trarre in inganno i visitatori dell’Abbazia? Le lapidi apposte in edifici pubblici non dovrebbero fondarsi su incontestabili elementi di fatto? Mi arrendo, non so che dire.
Don Giovanni Carnevale
Eppure, sembrerà un paradosso, non me la sento di dissociarmi dall’entusiasmo col quale don Carnevale porta avanti la sua missione culturale o paraculturale, una missione che è anche civile e sociale. Oltre a Pietro Marcolini, assessore regionale alla cultura, che ha dato a quel convegno un ufficiale e magari opinabile patrocinio istituzionale, erano presenti più di duecento persone –non docenti universitari ma gente comune, alla quale appartengo – che hanno seguito le parole di don Carnevale come si segue la sognante verità di una fiaba e ne hanno tratto una ulteriore ragione per amare l’Abbazia di San Claudio considerandola parte della loro vita, traendone motivi di orgoglio patrio e convincendosi che sia sacrosanto proteggerla dalle minacce del cosiddetto progresso (non si dimentichi che la lottizzazione “Valleverde” è giunta, pericolosamente, a poca distanza).
Gli argomenti di don Carnevale sono assai discutibili ma se non esiste la prova che siano giusti – e ritengo che lui sia il primo a saperlo – non esiste neanche la prova che siano tutti (proprio tutti, dal primo all’ultimo) di pura fantasia. Anche la storia romanzata, al limite, è storia. Si pensi alle tante ipotesi sul Graal contenente il sangue di Cristo, sui Templari, sulla Tavola Rotonda di Re Artù, su Robin Hood. E “Il nome della rosa” di Umberto Eco non è forse un “trattato” di storia romanzata? Non a caso Leopardi diceva che senza il potere dell’immaginazione il mondo degli umani diventerebbe un deserto. E immaginare che le corti di Pipino il Breve e di Carlo Magno – grandi sovrani della notte dei tempi che Carnevale ha trasformato in principi azzurri delle nostre emozioni – abbiano avuto sede nelle valli e nelle colline maceratesi ci fa avere il sollievo che, almeno 1.200 anni fa, eravamo prediletti dal destino.
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Poiché io non sono un esperto in cose eccelse mi limito a ricordare che Carlo Magno in tre ore andava al mare, si faceva una nuotata, una fritturetta di pesce e poi ritornava ad Aquisgrana. Ora, da San Claudio a Civitanova Marche in tre ore ce la fai ad andare. Da Aachen al Mare del Nord no.
In due giorni Carlo Magno andava a Roma dal papa. Da San Claudio poteva farcela, col cambio di cavalli. Da Aachen no. A meno che non fosse Superman.
Nelle zone dove abitava Carlo Magno si coltivava l’ulivo. Ad Aachen no.
Carlo Magno beveve il vino cotto, da antica data prodotto nel Piceno. Oggi lo beviamo ancora noi. Ad Aachen il vino cotto non si produceva, non si produce e quindi non si beve, a meno che non venga importato dal Piceno.
Allora, vediamo la realtà. Ad Aachen oltre un milione di persona va ogni anno a visitare la Cappella Palatina di Carlo Magno, mai esistita. Anzi, la bufala di una cupola sotto la quale ci sarebbe il sarcofago di Carlo Magno, non esisteva nel 1500. Lo dimostra un disegno del Albrecht Durer, che riportava fedelmente ogni particolare: ebbene, la cupola attuale all’epoca del pittore tedesco non esisteva.
I MISTERI di AQUISGRANA sono molti: il professor Carnevale ha iniziato a svelarli. Elisabeth de Moreau continua ad indagare e il comitato per Aquisgrana a San Claudio continuerà a dare battaglia. Per Aachen il tempo si è fermato. Per la nostra Aquisgrana è iniziata l’era della sua scoperta. Quanto all'”Aque Granni” ce le avevamo anche noi. Era un santuario di tutto rispetto, tanto che ci vene pure l’Imperatore Caligola a passare le acque.
Recentemente,dopo 26 anni di studi, alcuni scienziati tedeschi hanno certificato che le ossa custodite ad Aquisgrana sono quelle di Carlo Magno e questo chiude per sempre l’equazione San Claudio = Aquisgrana……ma,soprattutto,quello che lascia perplessi è il fatto che si sia potuto affiggere all’interno dell’abbazia e sotto gli sguardi compiaciuti di autorità locali e regionali una lapide che asserisce senza ombra di dubbio che “corpus Karoli Magni”riposa in quel luogo..Ritengo che la Soprintendenza dovrebbe vigilare con maggior oculatezza prima di consentire tali iniziative,che rischiano di impoverire la valenza storica di un sito cosī importante.
Giancarlo, una cannonata per ammazzare un passero.
Io non sarei poi così sicuro che il sonno della ragione generi soltanto lapidi innocue.
Credo che prima di dare giudizi così affrettati sia il caso di leggere la ventina di libri scritti in proposito e di leggere attentamente anche gli articoli sui quotidiani. I titoli sono da locandina pubblicitaria o da “strillone” ma nel testo c’è che dopo 26 anni di analisi i tedeschi hanno detto …forse…. potrebbe…
@ Filippo Corridoni: sulle ossa di Carlo Magno, che era stato sepolto in trono, mentre ad Aachen sono messe alla rinfusa, forze qualcuno che segue la cosa da esperto dirà qualcosa…
@ Luciano Magnalbò: sono passati 15oo anni dall’epoca carolingia e le bugie consolidate dalla Storia ufficile sono dure a morire. Quanti anni ci sono occorsi per fare accettare a tutti il crimine delle foibe? Veramente fu Garibaldi a vincere a Calatafimi, oppure a Calatafimi vinsero i quattrini dei Savoia e della Massoneria e gli accordi con la mafia? Tra quanti anni riusciremo ad accettare che senza l’attentato di via Rasella non ci sarebbe stata la rappresaglia – già conosciuta come conseguenza dei 10 a 1 – dei nazisti alle Fosse Ardeatine? Tra quanto tempo riusciremo a capire che il “santo” Mandela era in galera perchè ordinava gli attentati terroristici dell’ala militare dell’ANC contro civili bianchi e neri?
Non si può liquidare con una battuta ciò che è dentro l’articolo di Liuti. Se ha prove concrete, basate non sul libro del professor Carnevale, ma sui documenti carolingi che dimostrano che l’Aquisgrana di Carlo Magno era ad Aachen e non in Val di Chienti, le tiri fuori, oppure taccia per sempre.
La storia ci ha insegnato che spesso delle certezze consolidate siano poi state demolite: è fuori discussione che nel complesso puzzle di Carlo Magno in Val di Chienti molti tasselli stiano combaciando perfettamente pezzo dopo pezzo confermando delle tesi che, se all’inizio non erano minimamente prese in considerazione, ora stanno ottenendo via via maggiore consenso. La cosa più saggia da fare sarebbe quella di terminare “il puzzle” con l’aiuto di tutti gli strumenti tecnologici a disposizione così da avere approfondito tutto ciò che si poteva approfondire e non lasciare nulla al caso.
Veramente io ho un’antichissima tunica di lana di capra che,a detta del mio pusher,è la prova provata che Cristo è morto di freddo dalle parti di Ussita. Dan Brown, dalle nostre parti sarebbe solo un dilettante!
@…
Con l’atto di “credo quia absurdum” !
Che ad Achen non ci sia la cappella palatina questo lo ammettono sotto sotto anche i tedeschi, per il semplice fatto che è stata costruita dopo e non ci sono strutture preesistenti.
Se gli studi di Carnevale fossero stati fatti in un altro stato europeo, sarebbero partite ispezioni, controlli, scavi. E alla fine comunque (anche con esito negativo) se ne sarebbe fatto un’attrattiva turistica. Qui invece sembra che di fronte a forti dubbi, non si voglia verificare nulla.
Perchè?
Con tale mentalità staremmo ancora a dire che il sole ruota intorno alla terra.
Il metodo scientifico è fatto di verifiche, non di atti di fede.
Filippo Corridoni,fossi in lei non mi proporrei come referente storico perché le sue informazioni sono inesatte e superficiali.
Lei parla di scienziati tedeschi che hanno certificato che le ossa di Carlo Magno custodite ad Aachen sono di Carlo Magno.
Si tratta invece di professori di una università di Zurigo che, guarda caso, dopo circa 28 anni di studi, solo nelle settimane successive alla celebrazione del 1200° della morte di Carlo Magno, si sono sentiti in dovere di dare una mano ai loro Committenti tedeschi ed hanno affermato che con grande probabilità la ossa conservate nella urna di Aachen sono di Carlo Magno. Questo intervento non chiude assolutamente nessuna equazione.
Per quanto riguarda il consiglio che viene dato dal sig. Filippo alla Soprintendenza, forse sarebbe stato più opportuno che avesse riguardato la conservazione di strutture o aree archeologiche. Gli scarsi interventi di controllo e di salvaguardia favoriscono una dissennata cementificazione del territorio o la distruzione di strutture significative dei Centri Storici
Dall’inizio della vicenda carolingia in val di chienti sono ancora in attesa di un commento o di un contraddittorio in merito alla tesi del prof.Carnevale,che provenga da conoscitori della storia alto medioevale. Comprendo l’atteggiamento oramai diffuso di autofregiarsi dell’abilitazione a disquisire su qualsiasi argomento; è il nostro sport nazionale. Peccato però che ogni hanno l’Istat ci pone di fronte alla condizione da terzo mondo circa il livello di scolarizzazione media del Bel Paese (non parlo di cultura che è tutt’altra cosa!!).
Certo che ” HANNO”anzichè “anno……
Anch’io ho commesso un errore: anzichè invece di anziché ,ma non ho potuto correggerlo nonostante la richiesta effettuata alla redazione immediatamente.
Egregio ingegner Morresi,senza assolutamente voler portate avanti una polemica,che,in mancanza di dati certi,non può che essere sterile poiché basata su ipotesi non completamente a tutt’oggi avvalorate da rilevazioni inconfutabili,mi permetto di farle notare che il fatto che gli scienziati non siano tedeschi ma svizzeri di una università di Zurigo ( e non di Roccacannuccia) non fa che rafforzarne la credibilità e l’autorevolezza.Quanto alla perizia col georadar ,La rimando allo scritto del dottor Liuti,che testimonia di una relazione piuttosto generica dei tecnici preposti.Riguardo ai miei rilievi sulla Soprintendenza,non penso che esprimendo il mio parere su un argomento ben delimitato ,dovessi allargare il discorso a temi ben più ampi,sui quali ,sebbene dalla mia modesta posizione di superficiale disinformato,mi permetto di concordare pienamente con la Sua sacrosanta denuncia
Distinti e cordiali saluti.
Bene Liuti, lei ha utilizzato termini come “fantasia” e “storia romanzata”… tutto ciò infatti dovrebbe essere relegato nella sfera del mito e della leggenda (magari, chissà, il buon Iginio Straffi potrebbe attingere a piene mani per una prossima sceneggiatura). La supponenza di riscrivere la storia basandosi su pure mistificazioni può anche starci, ma concedere il permesso di appendere quella lapide è una vera offesa. Di questa storiella se ne parla da molto tempo e già sul web era stata ampiamente demolita; chi vuol divertirsi può leggere gli articoli, scritti una decina di anni fa nel newsgroup “free.it.storia.medioevo”, dall’utente Piero F. dal titolo “Le cappelle di Aquisgrana”, mai titolo fu più azzeccato: https://groups.google.com/forum/#!searchin/free.it.storia.medioevo/aquisgrana
Saluti!
Per conto di Elisabeth de Moreau invio il seguente articolo:
Rispondo all’articolo del giornalista Giancarlo Liuti nel mio nome personale e in nome del Presidente del Centro Studi San Claudio al Chienti, l’Ing. Alberto Morresi.
Lei, molto onestamente, dice che le “vecchie lezioni scolastiche” non sono sufficienti e ammette di non essere “all’altezza di poter contestare le tesi del professore Carnevale”.
La mia domanda è: “allora perché lo fa”?
Senza voler mancare di rispetto, non è migliorato col passare dei anni se aveva già fatto lo stesso errore di superficialità 10 anni fa.
Invece, non bisogna neanche entrare nei dettagli di un campo di studio vastissimo, perché le incongruenze saltano subito ai occhi. Per cominciare: come mai non c’è nessuna tomba nella cattedrale gotica di Aachen (che chiamate Aquisgrana)? Un milione e mezzo di turisti all’anno vengono a vedere la tomba di Carlo Magno che non c’è. Manca anche la tomba di Ottone III. C’è una lapide che porta il suo nome, ma non c’è nessuna salma sotto.
Dalle prime verifiche, uno si rende conto che qualcosa non quadra.
Andando ad analizzare vediamo che, all’epoca di Carlo Magno, Aachen era in Gallia Belga nella diocesi di Tongres che sarebbe diventata quella di Liegi. Poi volendo controllare nella storia di Liegi, troviamo che Aachen, chiamata così proprio dai Franchi, non si è mai chiamata Aquisgrana.
Peggio: Dione Cassio nella Historia Romana LXXVII, 15, narra che l’Imperatore Romano Caracalla (212-217) si recò in pellegrinaggio ad Aquisgrana al santuario di Apollo-Granno sulla Via Salaria, non in Germania, ma nel Piceno.
Non è finita.
Nessuna parte del Duomo di Aachen risale all’ottavo secolo dal momento che non sono stati ritrovati reperti archeologici più antichi del 12°-13° secolo durante i ultimi scavi condotti sotto la direzione dell’architetto Andreas Schaub.
E dunque non c’è nessuna cappella palatina con la sua cupola all’interno del Duomo gotico.
Anzi, la cupola non esisteva ancora nel 1520 quando Albrecht Dürer faceva il disegno che segue.
“http://en.wikipedia.org/wiki/Aachen_Cathedral”
Comunque, Carlo Magno nelle sue lettere, e i suoi contemporanei, parlavano di una cappella quadrata con quattro colonne o pilastri e una cupola, non ottagonale con otto colonne.
Peggio ancora: il palazzo di Carlo Magno e la sua capitale la Nuova Roma non sono mai stati trovati. Invece, se fossero sotto la città di Aachen, li avrebbero trovati quando hanno messo le fogne, costruito parcheggi sottoterranei ecc. La fondazione della Nuova Roma è poi descritta dall’autore Franco nonché amico di Carlo Magno e il suo missus più potente: Angilberto.
Per finire questa breve risposta, vorrei chiederle di aver fiducia nell’onestà dei studiosi che, invece, sta superficialmente deridendo. Ormai è ovvio che la nostra storia è stata manipolata dai potenti di turno, ed è ancora manipolata oggi. Sarebbe forse il caso di ricercare la nostra vera storia, senza pregiudizi, invece di spacciare leggende per storia.
http://centrostudisanclaudioalchienti.blogspot.it/
Molto cordialmente,
Elisabeth de Moreau d’Andoy
Scrittrice pubblicata in Francia e in Italia
http://elisabethdemoreauit.wordpress.com
http://elisabethdemoreau.wordpress.com
Il nostro mal dispensato buonumore si schianta miseramente a terra sotto il peso dell’autorevolezza aggiunta da una scrittrice dal nome nobiliare e sognante, e pubblicata sia in Francia che in Italia (che poi – se alle nostre deboli menti plebee fosse dato attingere alla comprensione dei lineamenti della Contro Storia – dovrebbero essere marchigiancarolingiamente pensati come lo stesso luogo).
Condotti al suo paradisiaco cospetto c’è ora d’obbligo trasumanar, senza poterlo significar per verba poiché un tanto essemplo ci basta.
Detto sommessamente e senza alcuna ironia: fino ad oggi ero convinto di vivere in una remota contrada dell’impero abitata, tutto sommato, da brava gente, ma con qualche limite sotto il profilo culturale. Dopo aver assistito inerte alle dotte dissertazioni di coloro che hanno risposto alle sollecitazioni di Giancarlo Liuti, debbo ricredermi: ho trascinato la mia esistenza in una piccola Arcadia, una Città del Sole in salsa marchigiana e non me ne ero mai accorto.
Non solo adesso ma anche 4 anni fa ci fu una conferenza a San Claudio in cui il professor Carnevale mostrava gli ultimi studi e parlava delle sue ipotesi avvalorate da una rivelazione effettuata con il georadar (chiamola una ecografia fatta al terreno, passatemi l’analogia) proprio all’ingresso della abbazia dove supponeva si dovesse trovare l’ipotetico Carlo Magno. Dalla valutazione del grafico dell’analisi effettuata con lo strumento si vedeva una chiara discontinuità nel terreno sottostante che mostrava un’area “diversa” sottostante l’ingresso. Siccome il metodo scientifico non è una opinione è chiaro che dopo l’aver trovato un punto di partenza del genere sarebbero dovuti seguire scavi e tutto l’iter necessario perchè lì sotto qualcosa c’era. Non sto dicendo che ci fosse Carlo Magno ovviamente ma dico semplicemente che bisognava VERIFICARE, come farebbe ogni serio scienziato, cosa fosse quella discontinuità trovata con il georadar. Da quel che vedo ci si è basati solo su analisi indirette di questo tipo: perchè non si prosegue in modo diretto?
Trovo francamente ridicolo nonchè imprudente che qualcuno si sia permesso di mettere una lapide del genere senza prima chiarire alcuni piccoli dettagli come il DIMOSTRARE che la propria tesi era verificata. Sono proprio stupidaggini come queste che rovinano il buon modo di fare scienza e ricerca, senza contare il ridicolizzare una possibile scoperta epocale solo perchè si preferisce essere incompetenti e imprudenti piuttosto che meticolosi e critici.
CON ELISABETH DE MOREAU D’ANDOY VE LA SIETE PRESA IN QUEL POSTO…
Caro Mari, saremo imprudenti, nonchè ridicoli, per aver messo la lapide della tomba di Carlo Magno (che non dovrebbe esserci), ma sull’argomento ci fregano ad Aachen dove la tomba di Carlo Magno non c’è, e da secoli. La differenza è che ad Aachen ci fanno i soldi con l’oltre il milione di turisti all’anno, mentre qui noi ci stiamo scannando, spaccando il capello con l’aria fritta, senza farci un euro. Capisco, siamo Italiani, ossia una razza “meticcia” (secondo la Kyenge) di bastardi idioti (secondo la mia opinione), mentre i tedeschi sono una nazione da 500 anni e ce lo stanno introducendo sia con Carlo Magno, che con l’euro..
Non è una questione di nazionalità perchè a mio avviso la serietà e la razionalità non hanno altra carta di identità se non l’istruzione ed il buon senso. La visione mainstream della storia è dalla loro parte e spetta a “noi” dimostrare che le cose sono andate in maniera diversa. Io ero alla conferenza di 4 anni fa proprio perchè trovavo del senso in quello che diceva e poi sono una persona dalla mente aperta e mi piacciono le idee ardite e coraggiose MA alle idee DEVE seguire una analisi corretta.
Io non critico il pensiero e la tesi di Carnevale, affatto. Non sono un esperto in materia, sia chiaro, però nel mio piccolo non l’ho trovata così assurda ed ecco perchè trovo ridicolo il fatto della lapide. E’ buttare alle ortiche e prestarsi a critiche inutili quando bastava proseguire e verificare. Se poi si dovesse mai confermare una tesi così grande allora sarò il primo a darvi una mano a mettere tutte le lapidi e targhette che volete! Purtroppo sino ad allora e con solo il georadar NON SI PUO’ scrivere “situm est”.
A conclusione di tutto l’accesso dibattito su Carlo Magno (lasciando da parte per il momento Matteo Renzi) devo dire che Cronache Maceratesi, quando vuole creare una battaglia, ci riesce e bene.
Per il momento facciamo una tregua. Noi non molleremo e ci aggiorneremo nei tempi brevi/medi per continuare la pugna.
Noi vogliamo non solo riportare la verità a galla, ma il nostro obiettivo è pure il “vino cotto”, che era una antichissima bevanda picena, poi romana ed infine di Carlo Magno (il “vin cotto” viene citato al n. 34 del “Capitulare de Villis” di Carlo Magno e non veniva prodotto nella zona di Aachen), nonchè ai giorni nostri.
Vogliamo portare il “VIN COTTO” di Carlo Magno in tutta l’Europa e in tutto il mondo consociuto, onde conquistare tutti – amici e nemici – con la bevanda di Carlo Magno, farli diventare allegri e magari ubriachi. E far fare soldi ai nostri produttori locali. Metterlo in mostra per i turisti, che se lo possono portare nelle nebbie del Nord Europa per riscaldare le loro tristi serate con il “vin cotto” nel nostro Carlo. Nel ristorante di San Claudio – e pure nei ristoranti dei luoghi del Maceratese e dell’Ascolano ove ancora sono gli edifici carolingi dovranno essere presentati durante l’itinerario turistico i piatti che mangiava Carlo Magno, insieme ai carolingi e ai Franchi, poichè sappiamo quanto ben di dio veniva prodotto nelle tenute di Carlo: alcuni erano prodotti agricoli che non potevano aversi nelle nebbie del nord Europa, ma solo QUI, nel più bel posto del mondo: la vallata del Chienti.
Desidero, infine, svelare un piccolo segreto: alle riunioni della nostra Loggia occulta nell’ospitale casa parrocchiale di San Claudio, non manca mai il “vin cotto” di Carlo Magno, prodotto da un nostro associato ed esperto del settore. Dopo le decisioni storiche su come fregare i tedeschi, dopo secoli in cui i teutonici ci hanno invaso e torchiato, terminiamo con brindisi sostanziosi al “vin cotto” di Carlo Magno e chiudiamo la serata al grido di “siamo orgogliosi di essere italiani e belgi e tutte le mète saranno raggiunte!”. Di questi tempi, avere una fede politica, non è poco.
Caro Giancarlo Liuti,
se Don Carnevale pecca di “amore per la sua terra” (peccato sia di Capracotta e non di Macerata né di Corridonia…), mi spiace che tu possa peccare del sentimento opposto: impossibile che qualcosa di così enorme possa essersi svolta proprio qui. Ma poniamoci la domanda più intellettualmente onesta possibile: perché sì? (E Don Carnevale – ma non solo lui: ormai la schiera di storici, archeologi e studiosi a vario titolo si è allungata di molto, coinvolgendo positivamente anche cattedre ragguardevoli del mondo accademico sia italiano che europeo – risponde, col candore ma anche con la precisione filologica di una Sweda). E poi l’altra domanda, alla quale a questo punto invito a rispondere te, con lo stesso candore e però anche la stessa precisione filologica di Carnevale: perché no?
Un caro saluto.
Da più parti e ripetutamente si sente la parola “scavare”. Sembra quasi si voglia addossare al professor Carnevale ed ai suoi seguaci una specie di mancanza di coraggio nel prendere, una volta per tutte, la pala. Da 25 anni il professore studia e ricerca con una pignoleria che non ha nulla da invidiare ai tedeschi e sono 25 anni che su di lui si ironizza spesso anche in modo pesante. Mai nessuno però, se si eccettua Nando Pallocchini nella sua “LA RUCOLA”, si è degnato di dire qualcosa alle “innumerevoli” Università locali che da 25 anni tacciono. Un sasso antico ritrovato in Germania, in Inghilterra, in Francia o nel Belgio della scrittrice Elisabeth De Moreau d’Andoy, avrebbe dato motivo di scriverci su volumi e volumi. Ma come potrebbe Carnevale ed i suoi avere i titoli per scavare. Deve essere una Università a farlo. Perché non prendono iniziative? Ha forse ragione Carnevale nel dire che i medievisti italiani stanno a quello che gli hanno propinato quelli tedeschi manipolando a loro comodo l’interpretazione dei documenti? Per evitare inganni il professore ha letto e studiato i testi direttamente nelle lingue originali, compreso il tedesco per documenti della M.G.H. Mi fa rabbia che siano un molisano ed una belga a remare contro alcuni maceratesi che tirano dalla parte opposta. Gli stessi tedeschi mettono in dubbio Aachen e tutto quello che gli gira attorno perché trovano nella loro ricostruzione storica infinite contraddizioni, vedi Heribert Illig nel suo “Carlo Magno è esistito veramente?” – Ci tolsero la “tre Valli”, ci tolsero la Cassa di risparmio della provincia di Macerata, ci tolsero la Banca d’Italia, ci hanno tolto la Lube, ci toglieranno la provincia… forse proprio il terribile Barbarossa inconsapevolmente è stato così benevolo da lasciarci Carlo Mano, Sappiamolo sfruttare.
Uno spettro s’aggira per L’Europa: lo spettro della storiografia filoenologica maceratese. Tutte le potenze della vecchia Europa si sono coalizzate in una sacra caccia alle streghe contro questo spettro.
Un solo appunto rivolto a coloro che gridano al complotto e all’azzeramento della metodologia scientifica. Ho postato un paio di giorni fa un link che fa riferimento ad una serie di brevi articoli, scritti da uno studioso di storia medievale, che confuta molte delle asserzioni di Carnevale. Beh, iniziate a controbattere sui fatti e sulle critiche che vi vengono mosse, lasciando stare discussioni a vanvera su come procedere nella ricerca storico-archeologica. Ripeto, dal mondo della ricerca sono state avanzate numerose critiche, iniziate da lì invece di gridare al complotto.
Adesso capite perchè la corrotta DC ha vissuto così a lungo, perchè una onorevole cariatide continua a guidare la baracca, perchè Berlusconi ci ha sputtanato a livello mondiale come “popolo del bunga-bunga” e ancora miete allori, perchè qualcuno toppa con Monti, poi con Letta e forse con Renzi senza spararsi finalmente una revolverata, perchè per giustificare questa dittatura camuffata si tira sempre fuori la Resistenza e l’antifascismo…
La tomba di Carlo Magno e Aquisgrana non sono un argomento su cui scannarsi. Scanniamoci per cose più importanti e rese irrisolvibili da questa Casta politica inetta e parassitaria.
Sig. Rapanelli, questo è il classico modo di sviare le discussioni e le scomode domande. Ma va bene così; è fondamentale, secondo me, l’impegno a contrastare la supponenza e la disonestà intellettuale, poi ciascuno si bagna nell’acqua che preferisce. Comunque ha fatto bene a tirare in ballo la politica…i due argomenti hanno una certa attinenza. E’ proprio l’ignoranza infatti a generare mostri politici. Il problema è anche questo.
Contrordine compagni!
Lo spezzamento delle reni alla Germania è rimandato a data da stabilirsi.
Carlo Magno era di Macerata . Era chiamato Magno non perchè grande ma perchè….magnava, a Villa Magna di URBS SALVS. Lasciamo perdere e beviamoci sopra un bel bicchiere di vino cotto. Le nostre zone sono famose per il buon mangiare, per la belllezza dei luoghi e delle donne ( così dicono gli storici locali, il culto della dea Cupra, i cascioli…) , perchè non crederci? D’altronde anche la Aachen germanica è un atto di fede. Come si cantava prima del Vaticano II, “praestet fides supplementum sensuum defectui”.
Ho un problema con le fonti. La studiosa francese dice: “Dione Cassio nella Historia Romana LXXVII, 15, narra che l’Imperatore Romano Caracalla (212-217) si recò in pellegrinaggio ad Aquisgrana al santuario di Apollo-Granno sulla Via Salaria, non in Germania, ma nel Piceno.” Nella versione che ho potuto consultare di Salaria e di Piceno non si parla. Piuttosto, il capitolo LXXVII, 15, si inserisce nella narrazione della guerra agli Alamanni, in Germania. Caracalla, malato e irrequieto, manda doni, tra gli altri, ad Apollo Granno (Ἀπόλλων ὁ Γράννος). Il culto di Apollo è diffuso nel Piceno (se ne è trovata traccia in un tesoro rinvenuto a Santa Lucia di Morrovalle, e a Rimini c’è un tempio importante), ma dopo Augusto, che lo prende come proprio nume, Apollo è venerato in tutto l’impero. Senza un riferimento esplicito non saprei confermare la collocazione proposta per il tempoi di Granno. Qualcuno ha riferimenti più precisi?
@Piervalerio Mari: “…proprio all’ingresso della abbazia dove supponeva si dovesse trovare l’ipotetico Carlo Magno”. Ma la tomba misteriosa non era nella parte destra della chiesa? No, perché se è all’ingresso non occorre il georadar: posso confermarvi che lì sotto c’è qualcosa.