di Gianluca Ginella
E’ il 28 agosto dello scorso anno quando Guido Garufi e il fratello Giuseppe si incontrano. E sulla loro auto hanno una conversazione, alle 16,10 di quel giorno. Guido e Giuseppe non sanno di essere sotto intercettazione. E così Guido dice: “Qualcosa Lorenzo (non è chiaro a chi si riferisca, ndr) ha grattato, ma una sua percentuale di merda”. Il fratello allora gli domanda: “Quanti soldi vi intascavate?”. E Guido Garufi: “Trentacinquemila euro, ma erano per 52mila metri cubi”. Questo il passaggio che la procura di Macerata contesta a Guido Garufi, indagato per i reati di concussione e concussione impropria. Perché “in concorso con ignoti complici anch’essi pubblici ufficiali costringeva o induceva una o più persone in via di identificazione a consegnare a lui e agli altri complici la somma di 35mila euro, quanto meno, per manifestate parere favorevole della Commissione per la costruzione di immobili per metri cubi 52mila” dice il capo di imputazione. Intanto ieri i giudici del tribunale del Riesame di Macerata hanno respinto il ricorso degli avvocati Federico Valori e Oberdan Pantana che assistono Guido Garufi. I legali chiedevano il dissequestro del computer, dell’hard disk e di alcune chiavette usb che erano state sequestrate al consigliere comunale. Le indagini sulla vicenda sono condotte dal procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio. Che a Garufi contesta anche il reato di ricettazione perché avrebbe ottenuto dal fratello Giuseppe (che si è tolto la vita lo scorso 18 ottobre) 20mila euro dal tesoretto di quest’ultimo che per la procura potrebbe essere stato di provenienza illecita.
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